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Su un sarcofago tuscanese in Australia (Adelaide)

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Fra i tanti reperti archeologici rinvenuti a Tuscania che riempiono le vetrine dei più famosi musei del mondo spicca sicuramente l’ingente numero dei sarcofagi in terracotta ed in nenfro restituiti dalle necropoli etrusche del nostro territorio.

Ciascuno di loro avrebbe una storia particolare da raccontare, ma soprattutto uno di questi capolavori dell'arte funeraria etrusca è il protagonista di una vicenda che vale la pena di divulgare se non altro per capire le strategie adottate per disperdere il nostro prezioso patrimonio archeologico attraverso canali ambigui che travalicano spesso il confine della legalità.

Si tratta di un sarcofago fittile d'estrema bellezza e in perfetto stato di conservazione, tanto che reca ancora l’originale colore rosso-minio del volto, con coperchio a figura maschile recumbente e cassa anepigrafe attualmente esposto presso il Museum of Classical Archaeology di Adelaide (Australia).Dai documenti che la direttrice della struttura australiana, Margaret O’Hea, ha gentilmente concesso sono emersi dati importanti ma anche vistose lacune in merito alla provenienza del reperto, per ovviare alle quali è stato necessario convogliare le ricerche su una delle case d’asta più famose del mondo. Proprio partendo dalle informazioni reperite presso la sede londinese, si è finalmente riusciti a dipanare l’intera storia riguardante il sarcofago, databile agli inizi del II sec. a.C. e lungo 175 cm.

Il prezioso reperto apparve per la prima volta in pubblico sul finire del 1983, quando venne inserito in un catalogo (Catalogue 12-XII- 1983) per la sessione d’asta del 14 dicembre dello stesso anno. Il proprietario risultava essere un collezionista privato svizzero che ne era entrato in possesso agli inizi degli anni ‘80 grazie ad uno scavo clandestino operato in una località sconosciuta del territorio di Tuscania avvenuto fra il 1975 ed il 1980. E,’infatti, in questo arco cronologico che risulta un incremento notevole di scavi illegali che porta al saccheggio di moltissime tombe etrusche molte delle quali accoglievano sarcofagi (dati rilevati dal volume Repertorio di scavi e scoperte).

Per quanto riguarda la località sconosciuta potrebbe essere identificata con la valle del Maschiolo dove si affacciano diverse necropoli del periodo tardo-etrusco a cominciare da quella di Pian di Mola dove venne scoperta la tomba dei Treptie, contenente numerosi sarcofagi in terracotta, per finire sul versante opposto, con quella della Peschiera dove nel 1979, in seguito ad un tentativo di scavo clandestino, fu riportata alla luce la tomba Dore avente anch’essa esemplari fittili,

Nella seduta d’asta svoltasi a Londra il reperto è acquistato da un mercante d’arte di Melbourne per 180.000$ che ne dispone il trasferimento a New York dove al suo arrivo viene sottoposto ad una nuova stima e dotato di un certificato di assicurazione pari a 350.000 $.Ai primi di gennaio del 1984 il sarcofago lascia il Caveau di Lexington Avenue diretto a Singapore dove è “sdoganato” dal suo acquirente nel marzo dello stesso anno per essere trasportato in quel di Melbourne. Agli inizi del 1985, infine, lo sballottato reperto entra a far parte delle collezioni del museo di Adelaide, dove, per ammissione della stessa dr.ssa O’Hea, è oggi l’attrazione principale del museo da lei diretto: numerose sono le gite scolastiche che giornalmente si soffermano davanti allo splendido sarcofago tuscanese. Inoltre è materiale di studio per tutti i laureandi in archeologia nonché fa parte integrante di tutti i programmi didattici del corso di storia dell’arte.

Suo malgrado, il nostro (poco) fortunato antenato è divenuto, in pratica, ambasciatore della nostra storia e della nostra cultura nella lontana terra dei canguri dove troneggia fiero e solitario in una sala tutta per lui con lo sguardo rivolto ad Occidente, verso i luoghi in cui in un tempo lontano visse e morì.Nella fissità delle sue aristocratiche pupille, tuttavia, sembra di scorgere un velo di nostalgia per quei verdi e silenziosi poggi dai quali fu strappato un giorno, anzi... una notte!
Riccardo Fioretti



 
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