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Ragioni di regime: Viterbo contro Tuscania

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In un infuocato articolo apparso su un quotidiano locale, la comunità di Bagnaia elencava i suoi guai derivanti dalla costituzione di Viterbo a capoluogo di provincia.
La ridente frazione cimina lamentava il suo declassamento da comunità autonoma a semplice frazione e, mentre Viterbo celebrava in pompa magna gli 80 anni dalla sua erezione in provincia, Bagnaia veniva accontentata con quattro soldi per far fronte ai bisogni di un centro popolato da oltre 5mila abitanti, a forte vocazione turistica.I bagnaioli tra l’altro scrivevano: “Per amor di patria viterbese non fu soltanto la città del duca Lante, ma anche le “colonie” di San Martino al Cimino, Grotte Santo Stefano e Roccalvecce che persero per sempre la loro indipendenza in nome di Viterbo capoluogo di provincia. Proprio così, il sacrificio di quella comunità si consumò perché Viterbo raggiungesse quota di 40mila abitanti, illusi dalla promessa di sostegno e di aiuto per un futuro migliore. Ma le cose andarono diversamente”.

Nei successivi articoli Bagnaia sosteneva poi di essere diventata una circoscrizione dimenticata e sostenuta con pochi spiccioli, mentre il capoluogo spendeva somme ingenti per abbellire palazzi, vie e piazze, per cui i bagnaioli proponevano di unirsi con altre frazioni per raggiungere la popolazione sufficiente per avviare le pratiche di richiesta di comune autonomo.Ma divenendo comune autonomo la situazione non cambierebbe di molto.

Infatti, leggendo queste giuste lamentele della frazione altolaziale i tuscanesi inorridiscono pensando che dal XII secolo la loro città è stata smontata pezzo per pezzo in nome dei sogni di gloria di Viterbo, esaltata da Annio come la capitale dell’antica Etruria!

Tengasi presente che nell’ambito della storia d’Italia Tuscania non è stato un qualsiasi anonimo paese, ma aveva tutti i titoli degni di una importante città: polis etrusca e civitas romana nell’evo antico, cattedra episcopale e sede di una delle più antiche e vaste diocesi nel Medioevo.Eppure, nonostante questi suoi “Fasti”, già nel 1192 incominciò e perdere pezzi quando dovette cedere il vescovado a Viterbo, ottenendo un vescovo a mezzadria fino al 1985, anno in cui perdette definitivamente la diocesi.

Ed intanto Viterbo celebrava i 20 anni dalla sua erezione in diocesi singola.Per tutto il Medioevo poi Tuscania subì una continua spogliazione delle sue dignità amministrative e patrimoniali: ricordiamo i pezzi del suo territorio che furono incamerati in gran parte da Viterbo, ma anche da Tarquinia, Marta e Monteromano.Anche il nome fu ridimensionato: da Tuscania a Toscanella e probabilmente anche l’antico stemma leonino finì nei vessilli viterbesi. E non finisce qui: nel periodo monarchico Tuscania era capoluogo di mandamento, dotato di importanti istituzioni come la Pretura, l’Ufficio del Registro, il carcere mandamentale, l’Archivio notarile, l’ospedale, ecc.

Nell’ambito dell’amministrazione ecclesiastica aveva il seminario e gli uffici della curia ma, con il passar del tempo, progressivamente è stata privata di tutto.Degli uffici statali resta solo la Compagnia dei Carabinieri che, ogni tanto, rischia di essere smantellata per le solite “ragioni di regime” o per accontentare qualche altro centro.Quando Tuscania ottenne il Museo archeologico nazionale, questa istituzione giustamente attesa da secoli in una città primigenia dell’antica Tuscia, gli attriti sotterranei furono molti e subito Viterbo rispose con la erezione a Museo della Rocca Albornoz che metteva in ombra quello tuscanese.

Qualcuno dice che, però, Tuscania ha ricevuto un buon finanziamento con la ricostruzione del borgo distrutto dal terremoto del 1971. Questo rilievo è semplicemente ridicolo tenendo presente che i soldi impiegati per la ricostruzione del paese sono briciole in confronto ai miliardi di lire bruciati per l’Ospedale di Belcolle, iniziato quasi quarant’anni fa e ancora incompiuto, senza contare i finanziamenti continui per mantenere i vari ospedaletti dei paesi della provincia.

Non parliamo poi dei massicci finanziamenti confluiti nel capoluogo per allestire l’Università: Viterbo, in pochi anni, ha avuto la colossale fortuna di vedere restaurati gran parte dei vecchi edifici che erano in stato di completa fatiscenza, come la chiesa di S. Maria di Gradi, per non parlare delle ingenti somme spese per riparare le mura urbane, e le varie torri e torrette. Diversamente a Tuscania i due complessi monumentali di S. Agostino e del Palazzo Vescovile sono abbandonati nel più vergognoso degrado, in stridente contrasto con il palazzo papale viterbese completamente restaurato e tirato a lucido insieme al museo diocesano. Ed anche sul centro Alzheimer ci sono seri dubbi che possa essere realizzato.Di fronte alle manovre accentratrici del capoluogo, nessuna amministrazione tuscanese è riuscita a programmare una strategia di emancipazione politica e di porre fine alle nefaste liti all’interno del municipio.

Per le prossime elezioni è auspicabile l’avvento di una nuova mentalità e che si formi un gruppo di persone illuminate che riesca a porre fine alla stagnazione secolare della politica tuscanese, derivante non solo da superiori “ragioni di regime”, ma anche da cause endogene di natura locale.Tratto da Miscellanea di Storia Tuscanese,a cura di G.B. Sposetti Corteselli

 
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