Amarcord Tuscania 1971 - Toscanella - Omni@tuscania

Vai ai contenuti

Menu principale:

Amarcord Tuscania 1971

Anni precedenti > 2009 > Gen-Feb 2009

In occasione del trentesimo anniversario del terremoto, in un volumetto pubblicato con il titolo Tuscania-Cronache Maremmane, scrivevo che il sisma del 1971 fu un evento eccezionale, che non solo rivoluzionò il sistema urbanistico, ma anche il tessuto socio-economico della nostra cittadina.

Fu un avvenimento che incise profondamente nella struttura sociale, nella cultura e nelle coscienze della comunità tuscanese.
Trasformò un sistema di vita basato sulla cosiddetta civiltà del vicolo e su una cultura contadina, in un atteggiamento decisamente di tipo individualistico. Si frantumò la tacita solidarietà intersoggettiva e interfamigliare che aveva caratterizzato un modus vivendi consolidatosi nei secoli. L’esodo forzato dal centro storico spezzò abitudini, amicizie, affetti, relazioni umane e persino vincoli parentali.
Uno “spaesamento” che la vecchia generazione non riuscì o riuscì a fatica a metabolizzare, anche se i giovani, con la loro naturale forza di adattamento, riuscirono in breve tempo a dimenticare il trauma esistenziale e a ricostituire il solito livello di normalità routinaria.

Questa che sto oggi scrivendo, dopo 38 anni dal terremoto, è una riflessione quasi dal sapore burocratico, frutto di una rielaborazione posteriore e quindi composta con un certo distacco.
Ma in una vecchia agenda, con le pagine ingiallite dal tempo, ho trovato degli appunti che, probabilmente, scrissi di getto alcuni giorni dopo il terremoto. Rileggendoli oggi ho provato una vera commozione. Quando vidi il paese e la mia abitazione ridotti in un cumulo di rovine, angosciato scrissi questa breve nota:

“La sera del 6 febbraio doveva segnare un avvenimento importante per Tuscania: l’inaugurazione del Teatro Comunale, ricostruito dopo anni di sacrifici e di sudore.
Quale triste destino!
L’inaugurazione del Teatro c’è stata, ma con una lunga fila di bare di tanti generosi tuscanesi!
Nessuno di noi dimenticherà mai quella atroce notte da incubo.
Quel boato pauroso rimarrà in perpetuo come un enorme macigno sullo stomaco.
Nel buio della notte si sentono le grida disperate delle madri che cercano i figli, dei parenti e degli amici, mentre la Luna illumina di sinistri bagliori le mura, le torri e le case paurosamente squarciate dalla furia del terremoto.
Quel patrimonio artistico che tanto avevamo difeso, di cui tanto  eravamo orgogliosi, giace trafitto da un pugnale inesorabile.
Per tutta la notte i cittadini attoniti, increduli, infreddoliti e febbricitanti attorno da un improvvisato falò, osservano dalla campagna circostante la loro città agonizzante, mentre il sibilo delle sirene lacera l’aria e congela i cuori.
Mille disgregati pensieri affiorano alla mente dei presenti, in un caotico intreccio di suggestioni e di ragionamenti disarticolati.
Il mattino successivo un Sole splendente e beffardo celebra i funerali dei miseri resti della città trimillenaria. Intanto incomincia il penoso esodo dei tuscanesi verso destinazione ignota.

Ognuno porta con sé il misero fardello dei propri ricordi, degli affetti e dei sogni miseramente svaniti in una atroce sera di carnevale.
Già si parla di ricostruire Tuscania, magari di farla più bella e più fiorente; qualcuno già immagina una nuova città, fedele nello stile e nelle linee a quella precedente e questa speranza ci spinge a raccogliere le masserizie ancora utilizzabili.
Mentre cerco di recuperare codici e libri di diritto per poter riprendere il mio lavoro quotidiano, intravedo tra un cumulo di calcinacci vecchie fotografie di lontani antenati: i loro occhi mi fissano e mi trafiggono l’anima. Rimango interdetto, ma vado avanti, la vita continua.

Certamente ognuno di noi riprenderà il proprio lavoro, forse il Governo ci aiuterà. Ma in fondo al nostro cuore rimarrà una ferita che non si potrà mai rimarginare: la vecchia Tuscania, la Tuscania dei nostri avi, la Tuscania che vide tanti fatti, che suscitò rancori, amori e simpatie, tante benedizioni e maledizioni è sparita per sempre. Si è conclusa la nemesi e così era scritto negli astri.
Così era scritto nel gran Libro della Storia.

Noi Tuscanesi, presenti al fatto, non potremo mai dimenticare quelle urla disperate, quella notte fatale in cui una mano gigantesca scrisse la parola fine sul vetusto borgo e sui nostri sogni giovanili”.
La Tuscania di oggi non è più quella di prima.
Il centro storico è ormai ridotto ad una penisola attaccata al grande agglomerato urbano che si è sviluppato fuori delle mura castellane.

Quando passeggio per le vie del vecchio borgo non riesco a trattenere un senso di angoscia e un pensiero struggente mi pervade nel ricordare le persone che abitavano in quelle case: amici, parenti e conoscenti con i loro pittoreschi soprannomi e poi le botteghe del macellaio, del barbiere, dell’oste, del fabbro, ecc.
Sono scomparse intere famiglie: parecchie persone sono morte, altre abitano altrove, ovunque un senso di abbandono, soprattutto nella zona di “Piazza”.

Dopo trentotto anni dal sisma non è stato possibile ricostituire il tessuto sociale nel centro storico e trasformare un quartiere silente in un luogo palpitante di vita e di attività umane.

A questo punto si possono fare due proposte.
La prima è quella relativa alla realizzazione della circonvallazione a ridosso delle mura castellane, con inizio dalla chiesa di San Silvestro e sbocco presso San Francesco, opera che permetterebbe anche la creazione di ampi parcheggi laterali; la seconda ci viene suggerita dal ripristino del quartiere di San Pellegrino a Viterbo dove abili architetti hanno trasformato vecchi locali in prestigiosi studi professionali e casupole fatiscenti in deliziosi appartamenti, molto ricercati specialmente da giovani coppie.
Comunque una soluzione va trovata, perché il centro storico mostra evidenti segni di un incipiente declino, provocato anche dall’opera devastatrice di cornacchie e piccioni.

Tratto da Miscellanea di Storia Tuscanese,
a cura di GB Sposetti Corteselli

 
Torna ai contenuti | Torna al menu