Ragioni di regime/2 - Toscanella - Omni@tuscania

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Ragioni di regime/2

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Le “ragioni di regime” e le cause endogene, ipotizzate come causa di stagnazione economica di Tuscania, possono essere analizzate in modi diversi. Tuttavia la causa che sembra più appariscente è quella di livello sociologico.

La tattica accentratrice del capoluogo è quella classica del divide et impera. Trattasi della strategia di mettere in antagonismo i vari paesi della provincia affinché nessuno riesca a progredire in misura tale da mettere in pericolo l’egemonia del capoluogo. Sicché i paesi della Tuscia finiscono per comportarsi come i polli di manzoniana memoria, in una specie di lotta tra poveri.E poi le lotte politiche e i contrasti all’interno delle amministrazioni comunali favoriscono il gioco del capoluogo. Solo i tarquiniesi hanno capito da tempo la situazione per cui, non solo riescono a raggiungere unità di intenti quando si tratta di difendere gli interessi della loro città, ma sfruttando astutamente lo spauracchio di Civitavecchia provincia, riescono spesso a realizzare i loro progetti.

Da molto tempo ho discusso tale situazione con alcuni politici ed analisti di Viterbo, i quali pur trovando razionalmente giusta la mia diagnosi, mi hanno risposto di tener presente il processo a catena che caratterizza la politica locale e cioè anche Viterbo si trova nella stessa situazione dei paesi, a causa dell’enorme egemonia esercitata da Roma. Questa teoria è pienamente condivisibile: l’influenza esercitata dalla capitale sul Lazio è talmente forte da offuscare e soffocare città e paesi della regione.

Tuttavia, l’impatto dell’egemonia della capitale sui capoluoghi è decisamente minore rispetto a quello subìto dai paesi. Infatti i capoluoghi di provincia sono dotati di strutture pubbliche di alto livello: Uffici giudiziari, Prefettura, Questura, Carceri, Caserme militari, Università e tutta una costellazione di uffici periferici di vario livello amministrativo. Invece, i paesi della provincia sono privi di ogni struttura e devono trovare gli strumenti di sopravvivenza nei fattori naturali insiti nel loro territorio o in qualche spiccata performance umana.

Per esempio i centri marittimi o lacuali cercano di sfruttare il turismo balneare, mentre il comprensorio di Civita Castellana valorizza le antiche tradizioni artigianali nel campo della ceramica.Tuscania avrebbe dovuto trarre beneficio dall’agricoltura, settore che per secoli ha costituito la sua vocazione naturale per l’ampiezza e i caratteri del  suo territorio.

Ma con l’enorme sviluppo assunto dal settore terziario, Tuscania, lontana da autostrade e ferrovie, è rimasta priva di fattori in grado di promuovere un vero progresso economico-sociale.In questa situazione alla nostra cittadina, per sopravvivere e stare al passo con i tempi, non resta che sperare nelle risorse pubbliche, facendo affidamento su qualche esponente politico affinché ne solleciti l’effettiva erogazione. E’ pur vero che il  riformato Titolo V della nostra Costituzione riconosce un ruolo di primo piano ai Comuni, ma i piccoli centri, per tutta una serie di dinamiche che qui non è il caso di esaminare, rimangono in una posizione di emarginazione economica e sociale. In tale contesto anche il ruolo delle province risulta generalmente inefficace nei confronti dei paesi, in quanto tale ente è per lo più proteso a difendere i propri interessi politici e istituzionali; inoltre è stato evidenziato che i vari livelli di competenze amministrative ostacolano le decisioni definitive e le concrete realizzazioni dei programmi.

Di fronte alle problematiche sopra esposte, seppure elencate in modo molto sommario, ritengo che amministrare un centro come Tuscania sia un’impresa decisamente difficile, perché accanto ai problemi contingenti di ordine politico, istituzionale e amministrativo, questa cittadina si trova in una posizione atipica, data la sua struttura urbanistica bipolare.Il centro storico si presenta ormai come una cittadella del tutto avulsa dal resto del contesto urbano; e poiché è carente di popolazione stabilmente residente, incomincia a presentare una lenta ma evidente fatiscenza, con i fabbricati invasi da cornacchie e piccioni che, oltre a devastare tetti, intonaci e strutture varie, suscitano un senso di declino e di abbandono.

Pertanto il centro storico, da tanto decantato polo di risorsa turistico-ambientale, nei prossimi anni potrebbe trasformarsi in un pesante fardello se non vengono adottate opportune strategie.Secondo il parere esposto anni fa da alcuni urbanisti, che lo scrivente condivide pienamente, il centro storico potrebbe essere rivitalizzato soprattutto con l’attuazione di una circonvallazione, adiacente alle mura castellane, con inizio presso la chiesa di San Silvestro e sbocco in Via Santa Maria. Questa opera faciliterebbe l’accesso nella parte bassa del borgo che è quella maggiormente colpita dal declino, mentre la zona di Poggio si presenta più accogliente e vitale perché dotata di varie vie di collegamento.

Ma la realizzazione di tale circonvallazione presenta livelli decisionali molto complessi in quanto presuppone cospicue risorse e una forte unità politica: evenienza non facile a trovarsi in un ambiente estremamente litigioso come il comune tuscanese.Estratto da Miscellanea di Storia Tuscanesea cura di G. B. Sposetti Corteselli


 
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