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Le centrali idroelettriche

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Nei primi del Novecento, a seguito del processo di elettrificazione che era iniziato alla fine dell’Ottocento, il fiume Marta che a quei tempi aveva una maggiore portata d’acqua di oggi, si prestava alla costruzione delle neonate centrali idroelettriche.A seguito di questi fatti il lombardo ing. Angelo Frigo si trasferì dalle nostri parti, precisamente a Montefiascone, dov’era proprietario di due aziende agricole, e insieme ad un socio creo l’impresa per l’illuminazione elettrica di Toscanella gestita dalla ditta Frigo-Coccia, come si evince dalle ricevute per il pagamento dell’energia elettrica del 1895. A quei tempi l’energia elettrica era un lusso e a Toscanella erano in pochi ad usufruirne, a questi utenti veniva erogata, solo alla sera, l’energia sufficiente ad alimentare una lampada da 16 watt, si poteva scegliere di avere una lampada oltre che in cucina anche in camera, ma essendo la potenza sempre la stessa si poteva scegliere in quale locale usufruirne oppure usarla a potenza dimezzata, questo tipo di fornitura veniva chiamata “a ‘forfait’’ ed è lo stesso tipo che si estenderà nella prima metà del Novecento a tutta la cittadinanza, rimanendo in uso fino agli anni ’50, quando sarà sostituito dalle forniture a contatore. L’ing. Frigo decise di costruire la prima centrale (ne seguiranno altre due nel 1920 e nel 1930), in località San Savino, che prese il nome di Officina Vecchia proprio perché fu la prima. Si costruì dapprima un invaso che con pochi metri di condotta azionava le turbine, poi gli elettrodotti in pali di legno in direzione di Marta - Montefiascone - Bolsena l’uno, e in direzione di Tuscania - Arlena di Castro -  Canino - Cellere l’altro.La società acquistò a Tuscania Palazzo Spagnoli costruendo in via degli Archi la prima cabina di trasformazione, accanto furono installati gli uffici dell’azienda gestiti dal famoso Sor Domenico, cognato di Frigo. In quello stesso periodo la Società Romana Elettricità, gerente la restante parte della provincia, ottenne anch’essa la concessione per la costruzione di una centrale idroelettrica in località San Savino che venne chiamata San Savino primo salto.La nuova centrale fu costruita a valle della cascata Salumbrona, alimentata da un canale artificiale a cielo aperto che prelevava l’acqua del fiume a monte della cascata, decretandone di fatto la scomparsa in quanto la gran parte dell’acqua venne convogliata nel canale artificiale che scorreva sul pianoro di San Savino per circa un chilometro prima di arrivare alla centrale, costruita nella valle sottostante, con un salto di cento metri. L’acqua attivava due potenti turbine, poi riprendeva il corso naturale del fiume.Dalla centrale partivano due elettrodotti che fornivano Viterbo e in parte la Società Elettrica di Frigo, essendo diventata insufficiente la sua produzione.La Società Romana costruì una seconda centrale idroelettrica che prese il nome della località sulla quale sorse Fioritella. Anche questa centrale era alimenta dall’acqua di un canale artificiale di circa 200 metri. L’energia prodotta era convogliata direttamente verso Viterbo che stava aumentando il suo fabbisogno energetico.Il problema dell’aumentata domanda di elettricità si presentò anche alla società elettrica di Frigo dato che a Tuscania anche la cartiera Fornai si stava elettrificando. Per ovviare al problema si costruì sotto il ponte prima del campo della Fiera una piccola centrale chiamata La Marta, con una diga venne sbarrato il corso del fiume e con un piccolo canale artificiale, di circa 50 metri, alimentata una piccola turbina.L’energia prodotta in quantità limitata serviva per alimentare la cartiera Fornai e l’eccedenza veniva immessa nella rete elettrica di Tuscania. Al termine della prima guerra mondiale la Società Romana Elettricità costruiva la terza centrale, che sarebbe divenuta la più importante, in località Traponzo, a circa 5 km da Tuscania. La centrale  era alimentata dal fiume Leia, anche se costruita a valle e sulla riva del fiume Marta, nel territorio del comune di Monteromano, accessibile dall’unica strada che attraversa il comune di Tuscania.La costruzione della centrale richiese anni di duro lavoro poiché si trovava nel fondo valle e fu necessario scavare un canale artificiale di 5 km, in parte a cielo aperto ed in parte in gallerie sotterranee, costato enormi sacrifici ai prigionieri di guerra austriaci che furono costretti a lavorarvi.La centrale del Traponzo fu il fiore all’occhiello della Società Romana: con due potenti turbine produceva un’importante quantità d’energia che veniva distribuita in tre elettrodotti. Uno forniva la città di Civitavecchia, un altro la città di Viterbo e uno più piccolo forniva le tenute della Cacarella e di Montebello.Ancora oggi sul versante tuscanese della centrale si possono osservare i ruderi di alcuni locali del cantiere di costruzione, in particolar modo le cucine dove veniva preparato il cibo per i prigionieri-operai, trasportato nelle gallerie sotterranee, in fase di costruzione, dai muli.L’ultima centrale di Tuscania fu costruita dalla società Frigo-Coccia: delle sei realizzate è quella ubicata più a Nord del territorio tuscanese, verso il lago di Bolsena.Fu costruita prima della seconda guerra mondiale e prese il nome di S. Savino terzo salto o Centrale nuova. Il periodo di maggior prestigio per le centrali idroelettriche dura fino agli anni ’60 quando le centrali elettrotermiche ne usurperanno il primato nella quantità di produzione. Con il processo di nazionalizzazione dell’energia elettrica agli inizi degli anni ’60 tutte le centrali tuscanesi vennero acquistate dall’Enel.Di tutte le centrali idroelettriche di Tuscania l’unica ad essere chiusa fu La Marta. Con la sua soppressione andarono perdute, in verità vendute dall’Enel a poco prezzo, tutte le apparecchiature prodotte dalla ditta S. Giorgio nel 1928, oggi, ma anche allora, pezzi da museo che avrebbero dovuto essere salvaguardate e custodite all’interno della centrale magari trasformata in un museo dell’elettricità.L’enorme errore della distruzione della Marta, un piccolo gioiello testimonianza degli albori dell’elettrizzazione, fu ammesso in seguito anche da alcuni dirigenti dell’Enel.Nemmeno il Fascismo mancò di riconoscere l’importanza delle centrali di Tuscania, facendo affiggere all’ingresso delle centrali Fioritella e Traponzo una lapide bronzea raffigurante il volto del loro costruttore, l’ing. Aldo Netti.Le centrali idroelettriche, tutt’ora esistenti e funzionanti, furono costruite rispettando il paesaggio rurale di Tuscania e ben si inseriscono all’interno del territorio, ora diventato riserva naturale, un vero esempio di lungimiranza e rispetto della natura.

Marco Quarantotti - Valeria Sebastiani marcoevaleria@toscanella.it

 
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