S. Biagio - Toscanella - Il blog dei tuscanesi

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S. Biagio

Luoghi di Tuscania

S. BIAGIO

La chiesa di San Biagio, nel quartiere della Rocca, una volta era officiata ed era centro di attività penitenziali; poi fu trasformata in magazzino e successivamente in falegnameria. Vi si svolgevano cerimonie care ai tuscanesi e che rimangono solo nei ricordi di qualche vecchio.

Per la festa di San Biagio, il 2 febbraio, i fedeli si recavano a farsi ungere la gola, mentre i membri della confraternita vi si radunavano per fare penitenza. In determinate sere della settimana si potevano vedere uomini provenienti dai vicoli poco illuminati, isolati o a piccoli gruppi, recarsi nella chiesa. Vi si venerava un grande Cristo crocifisso su lunga e pesante croce, che la sera del Venerdì Santo, ancora oggi, viene portata a spalla da penitenti incappucciati con tuniche rosse. Alle pareti della chiesa erano appesi delle discipline di cuoio, le quali servivano ai membri della confraternita per fustigarsi.

Quando tutti erano convenuti si chiudeva la porta, la luce era illuminata dalle candele accese sull’altare maggiore. Il cappellano esponeva ai presenti argomenti appropriati ed al termine di ognuno di questi si smorzava una candela. I fedeli in precedenza si erano armati di disciplina e quando si smorzava l'ultima candela, per penitenza, con la medesima si battevano il corpo. Usanza che oggi porta a sorridere con sufficienza che non è né compresa né condivisa a causa di una fede superficiale, la quale si va sempre più affievolendo.

Anche allora c'era gente che mischiava il sacro e il profano che entrava nella confraternita con fini vendicativi o per regolare conti in sospeso. Un tale non sapendo come vendicarsi di angherie vere o supposte subite da un appartenente della confraternita si scrisse alla medesima onde avere la possibilità di entrare nella chiesa a fare con gli altri penitenza. Si recò dagli stagnini con una disciplina fatta con cordicelle tutte annodate ed alla estremità vi fece annodare una piccola palla di piombo. Si recò alla veglia penitenziale di San Biagio con la sua disciplina nascosta nei calzoni, prese posto dietro l’individuo con il quale doveva regolare i conti e dopo che il cappellano ebbe tenuto i suoi devoti pensieri, quando l’ultima candela venne smorzata il nostro estrasse la disciplina tenuta nascosta e con questa incominciò a picchiare di santa ragione il suo avversario.

Alte si levarono le grida del flagellato mentre una voce andava ripetendo: "A sconto delle tue angherie!". Quando nel tempio ritornò la luce, il flagellato andavasi accarezzando le parti posteriori del corpo mentre gli occhi erano colmi di lacrime. Dietro di lui il flagellatore inginocchiato con lo sguardo rivolto al grande crocifisso stava compunto con le labbra atteggiate ad un angelico sorriso. All’uscita ebbe l’ardire di rivolgersi al suo addolorato nemico con queste parole: "Ma che hae ammazzato quarcuno?. Te menave come un disperato!" Non ottenne risposta solamente uno sguardo pieno di odio .


Come abbiamo detto la lunga pesante croce di San Biagio il Venerdì Santo viene portata in processione da tre penitenti dei quali nessuno conosce il nome e restano sconosciuti. Un anno Gnanone prenotò i tre baveri rossi perché con altri due amici voleva effettuare il trasporto del crocione. La sera stabilita i tre già vestiti ed incappucciati si presentarono nella chiesa di San Giovanni mentre avevano preso ad uscire i portatori delle croci luminose, quelli con i simboli della passione e quelli che trainavano le catene. Quando toccò al crocione di san Biagio Gnano invitò uno dei due suoi compagni a prendere la croce e dalla chiesa trasportarla fino a San Giuseppe. Quando i tre furono sulla piazzetta di San Giuseppe, quello che trasportava la croce si rivolse a Gnanone: "Gnano, sotto a chi tocca!". Questi imperterrito con le mani incrociate sul petto proseguì il cammnino senza badargli. Davanti alla stradina il Cireneo con voce fioca tornò ad implorare Gnanone: "Gnano, io crepo. Nun ne posso più!" E allora Gnano si degnò di abbassare il capo verso di lui per chiedergli se pesava proprio tanto. "E nun ce lo sae?" - Disse il povero Cireneo, facendo l'ennesima inginocchiata. Gnano non si commosse, gli batté la mano sulla spalla e mormorò: "Se pesa tanto, segala e facce du’ viagge." La processione continuò il suo tragitto mentre la gente in cuor loro compativa l'affaticato Cireneo.

(Da Tuscania non c'è più! -di Pericle Scriboni)

 
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