Gianni Asdrubali - Toscanella - Il blog dei tuscanesi

Vai ai contenuti

Menu principale:

Gianni Asdrubali

Personaggi tuscanesi

Gianni Asdrubali nasce a Tuscania nel 1955 e si diploma all'Accademia di Belle Arti di Roma nel 1978.  "Il Muro magico" è il primo ciclo di opere significative. Costituisce, infatti, partenza e fulcro di tutto il lavoro di Gianni Asdrubali, imperniato nella definizione del vuoto come nucleo originario dell'opera d'arte. La superficie, la parete bianca, vuota è in se generatrice di senso. Ne consegue che il vuoto si trasforma nel suo contrario, vuoto/pieno. In questo lavoro Gianni Asdrubali non aggredisce la superficie con il segno, ma è il contrario. È la parete il segno, è la superficie ad aggredire l'artista. È il vuoto che si da come segno. Il vuoto non è più l'infinito, non è più qualcosa che è oltre, al contrario si da come una concretezza, come una figura frontale, statica e dinamica al tempo stesso. La nuova costruzione può partire solo dopo questa nuova coscienza del vuoto.  Da questa presa di coscienza si svilupperà l'opera di Gianni Asdrubali, fino ai lavori più recenti dove l'immagine, che è sempre immagine del vuoto in movimento, diventa figura, concretezza estrema, sempre diversa dalla propria origine. La prima partecipazione collettiva rilevante è del 1982, a Roma, Università La Sapienza ("Al Vivo"-2). All'anno 1985 risale l'esordio del movimento pittorico della "Astrazione Povera", teorizzato e sostenuto da Filiberto Menna. In tale contesto è protagonista, insieme ad altri giovani artisti, nel panorama artistico italiano fino al 1988. Attività documentata dalle seguenti mostre collettive:

   "La Soglia", G. Sagittaria, Pordenone ( 1985);

   "Il meno è il più per una astrazione povera", La Salerniana, Erice (1986);

   "Astrazione povera", Studio Ghiglione, Genova (1986);

   "Roma 1957-1987", G. dei Banchi Nuovi, Roma (1987);

   "Astrazione povera", Studio Marconi, Milano (1987).



Mostre personali e collettive

Tra le principali mostre personali di Gianni Asdrubali, dal 1982 al 1988, si ricordano:

   alla Galleria Artra, Milano (1984, 1986, 1987)

   alla Galleria La Salita, Roma (1986).

Gianni Asdrubali ha inoltre partecipato, nello stesso periodo, alle seguenti  mostre collettive:

    "Risonanza-Résonance Roma-Parigi", Palazzo Venezia, Roma (1983);

   "Anniottanta", Galleria d'Arte Moderna, Bologna (1985);

   "XI QuadriennaleNazionale d'Arte", Palazzo dei Congressi, Roma (1986);

   "Nuove geometrie", Rotonda della Besana, Milano (1986);

   "Schlaf der Vernunft", Museum Fridericianum, Kassel, (1988);

   "Aperto 88", XLIII Biennale Internazionale, Venezia (1988);

   "Astratta-Secessioni astratte dal dopoguerra al 1990", Palazzo Forti Verona (1988);

   "Biennale d'arte australiana", Art Gallery of New South Wales, Sidney (1988);

   "Avamposti" Galleria Studenskog Centre, Zagabria (1988).

        

Dal 1989 inizia per Gianni Asdrubali un percorso decisamente più individuale che a tutt'oggi prosegue felicemente, contrassegnato da inconfondibili declinazioni.  Da allora, mostre personali importanti sono da segnalare:

   G. Il Milione, Milano (1989, 1990, 1992);

   G. Ponte Pietra, Verona (1989);

   G. Spazia, Bologna (1990);

   Palazzo Municipale, Morterone, (1990);

   G. Plurima, Udine (1990);

   G. Eva Menzio, Torino (1991);

   G. Manuela Allegrini, Brescia (1994);

   A Arte Studio Invernizzi, Milano (1995, 1998);

   APC Galerie, Colonia (1995, con B. Querci);

   Palazzo Racani Arroni, Spoleto (1996);

   Centro Espositivo della Rocca Paolina, Perugia (1997, con B. Querci, N, Sonego, successivamente: Museum Rabalderhaus, Schwaz,     

Galerie Nothburga, Innsbruck);

   Galerie Siegfried Blau, Dusseldorf (1998);

   G. Arte Marchetti, Roma (1998);

   Musei Civici, Villa Manzoni, Lecco (1999, con B. Querci, N. Sonego).



          

Tra le mostre collettive si ricordano:

   "XV Premio Nazionale Città di Gallarate", Gallarate (1989);

   "1947-1989, Orientamenti dell'arte italiana", Mosca, Leningrado (1989);

   "Arte a Roma 1980-1990 Nuove situazioni ed emergenze", Palazzo Rondanini alla Rotonda, Roma (1989);

   "The italianContemporary Art Exhibition", Museum of Art, Taipei (1990);

   "Sincronias", Museu de Arte, San Paolo del Brasile, Museu de Arte Moderna, Rio de Janeiro e successivamente: Brasilia, Roma (1990);

   "La Collezione", Centro per  l'Arte Contemporanea, Umbertide (1991);

   "La fabbrica estetica", Grand Palais, Parigi (1993);

   "Omaggio al futurismo", Palazzo Guasco, Alessandria (1995);

   "Riflessione e ridefinizione della pittura astratta", Galleria d'Arte Moderna, Gallarate (1995);

   "Gefuhle der Konstruktion Kunstler in Italien Seit 1945", Museum Rabalderhaus, Schwaz (1997);

   "Lavori in corso 1", Galleria Comunale d'Arte Moderna, Roma (1997);

   "Die Andere Richtung der Kunst Abstrakte Kunst Italiens "60-90", DuMontkunsthalle, Colonia (1997);

   "Arte italiana. Ultimi quarantanni. Pittura aniconica", Galleria d'Arte Moderna, Bologna (1998);

   "Generazione astratta", Sala d'Arte Gastone Millo, Muggia (1999).



Testi critici

Filiberto Menna.- Ci avviamo alla fine degli anni Ottanta e i segni di nuove situazioni dell'arte si sono fatti ormai ben evidenti, con uno stacco ormai netto e incolmabile rispetto a quella che possiamo definire la situazione artistica postmoderna (dall'espressionismo alla transavanguardia all'anacronismo, ecc.). L'orientamento di fondo dell'artista è mutato in maniera radicale e l'esperienza dell'arte si colloca sotto il segno di una astrazione, che assume aspetti e modi diversi, ma che appare tuttavia riconducibile a riferimenti in cui assume un ruolo di protagonista una componente mentale, costruttiva, fredda. Tutto questo, che oggi risulta un orientamento ormai diffuso in contesti diversi, in Europa e in America, non è un fenomeno recente, ma ha dato i primi segni di sé fin dagli inizi degli anni Ottanta.
Gianni Asdrubali, è certamente uno dei protagonisti di questo cambiamento dell'arte e in particolare di una situazione romana, di cui ho cercato di delineare la mappa riconducendola sotto il segno di una astrazione povera rifiutando, comunque, ogni connotazione penitenziale del termine e assumendolo, invece, per mettere in evidenza l'intenzione di contrapporre alla sovrabbondanza e al pieno della pittura postmoderna uno spazio concentrato e silenzioso dove diventa possibile approntare gli attrezzi minimi, quelli assolutamente indispensabili, per intraprendere la costruzione del nuovo. [...]
("Pieno", in GIANNI ASDRUBALI, Rotundo Editore, Roma,1988)

Giovanni Carandente.- [...] Gianni Asdrubali oggettivizza lo spazio sulla tela con un intreccio segnico elegante e raffinato e pur tuttavia alieno da ogni deflessione decorativa. La sua pittura è data in un'alternativa irrorata di tensione e energia, donde l'immagine può essere colta in positivo o in negativo. Rievoca sulla tela dipinta, in un certo senso, il fenomeno che è della scultura, dei pieni e dei vuoti. E a volte, discostandosi dal codice del "quadro", adopera parallelepipedi dipinti, oggetti tridimensionali sospesi tra astrazione dell'immagine e forma, entrambe conviventi in una multipla potenzialità.
("Aperto 88", catalogo XLIII Biennale Internazionale di Venezia, Fabbri Editore, Milano, 1988)

Elisabeth Bozzi.- A voler sacrificare al gusto dell'attualizzazione rapida della storia raggruppando gli individui secondo certe categorie, si può ben dire che Gianni Asdrubali appartiene cronologicamente e geograficamente al decennio delle eighties italo-americane e transavanguardiste. Ma egli ha deciso di giocare l'alternativa e di opporsi al flusso mediatico del self-service dei prodotti culturali. Fra tutte le individualità che formano il tessuto attuale del mercato dell'arte, Asdrubali costituisce da solo una generazione. Al di la di tutte le attitudini citazioniste e neo-concettuali che trascina con se questa fine di secolo, la sua pittura si è organizzata dal 1980, come un rifiuto attivo del trapasso delle avanguardie ed egli ha rigettato lo stato di latenza per stabilirsi in stato di ricerca. La forza dell'opera di Gianni Asdrubali deriva dall'organizzazione di una nuova espressione d'astrazione vitale oggi, cioè dall'invenzione di un linguaggio personale e autonomo. [...]
("Gianni Asdrubali" in LIGEIA n. 3-4, ottobre 1988-marzo 1989)



Maurizio Corgnati.- Caro amico, ti devo fare una breve relazione sul tuo ippogrifo. Questo animale volante deve essere impazzito. Ha già sorvolato felicemente, di slancio: Cervino, Monte Rosa e Monte Bianco, e così ha fatto con tutti gli altri picchi svizzeri, non contento, si è buttato sulle grandiose cime dell'Himalaya. Il K2 se l'è già bevuto. Attualmente è alle prese con l'Everest. Se ce la farà, e certamente ce la farà, davanti a sé, all'insù, gli rimarrà solo il cielo insondabile. Che devo fare? Tu sai come trattenerlo sulla terra? Non vorrei che mi sparisse negli spazi infiniti.
(Presentazione mostra personale presso la Galleria Ellevi, Vicenza 1990)

Ingrid Mossinger.- [...] Gianni Asdrubali è uno degli artisti che ha colto e reso più manifesta l'apertura della superficie nello spazio, nell'intenzione di Fontana. Anzi Asdrubali va ancor più oltre: libera le forme di ogni limite. Queste non si snodano soltanto lungo le pareti ma si estendono, quasi siano rigogliosa vegetazione, su interi piani. Nel perseguire questo intento. Asdrubali non si serve unicamente di mezzi pittorici. In certe fasi di lavoro ritaglia forme in legno dipinte e ne sovrappone le parti risultanti o le accosta, creando oggetti illimitati. La parete diventa superficie del quadro sulla quale s'inarcano forme tondeggianti e curve che sembrano vibrare (Tromboloidi 1992/93). Fondo del quadro e forma rappresentano una continuità indistinguibile che pare estendersi ben oltre i limiti o margini dell'opera. Gesto e dimensione conferiscono a queste opere un aspetto ardito, accattivante. Asdrubali è un artista che aspira all'illimite e man mano esige di più, prima il quadro, sezione di parete, tutta la parete, poi l'ambiente quale spazio ed al di là ancora senza fine. [...]
("Scatalande L'ampiezza dello spazio", catalogo mostra personale presso A arte Studio Invernizzi, Milano, 1995)

Enrico Mascelloni.- [...] Questi grandi Tromboloidi "da guerra", questi Tritatronici che mi sarebbe piaciuto vedere percorrere i muri sontuosi del Palazzo d'Inverno di Leningrado nel 1917, l'Alcazar di Toledo nel 1936, l'Ambasciata americana di Saigon nel 1975, decorano con necessaria ironia eppur con costanti scariche di energia questo Palazzo Racani Arroni che noi spoletini, chissà perché, pensiamo costantemente popolato di fantasmi. La sfida è in pieno corso, ma se non i fantasmi dolci di Palazzo Racani Arroni, quelli narcotici del nulla o gli spettri terrei della storia, chi sta sfidando Asdrubali? Forse la pittura stessa?
("L'ossessione e la sfida", catalogo mostra personale presso Palazzo Racani Arroni, Spoleto, 1996)



Martina Corgnati.- Il lavoro di Gianni Asdrubali trae la propria origine non da una riflessione sullo stile ma piuttosto da un'idea individuale del mondo. Indifferente e sostanzialmente estraneo alle discussioni che hanno opposto frontalmente teorici e militanti della neo-astrazione a teorici e militanti della neo-figurazione, Asdrubali si è lasciato attraversare da questa logica di schieramenti interessati (che ad appena pochi anni di distanza rivela tutta la propria sostanziale debolezza) ben consapevole che l'opera è, in fondo, inattaccabile dagli acidi della codificazione e capace di conservare la propria integrità al di là di strumentalizzazioni solo provvisoriamente convincenti. Non si tratta di una questione di stile: Asdrubali resta, tutto sommato, fuori dal problema della neo-astrazione come linguaggio, precipitato analitico, progetto di crisi che, aggirandosi intorno al "grado 0" della pittura (ottenuto attraverso una decantazione via via più radicale ma tutta e sempre interna al linguaggio pittorico) aspirava al recupero di una certa originalità e praticità del fare arte. Ingranaggio, insomma, logica, sistematizzata dall'intervento della critica tanto più sollecito ed efficace quanto più il lavoro degli artisti nasce già come stile, come parola e, in quanto tale rapidamente, perfettamente assimilabile.
Alla parola Asdrubali contrappone invece il corpo dell'immagine: il suo lavoro prende le mosse da una franca posizione nei confronti della vita e naturalmente anche dell'arte. "Per fare arte - scrive Asdrubali - bisogna essere il messaggio": tentare una sintesi cioè una vera e propria incarnazione, difficile in quanto basata su uno scarto minimo: lo scarto dinamico fra il vuoto che è stato e quello che sarà. In fondo, dagli anni Settanta ad oggi, Asdrubali non fa che ripetere questo tentativo di incarnazione, secondo una serie di varianti leggermente diverse. I suoi cicli, da Acidamente dell'82 ai Tromboloidi del '92 ai recentissimi Tritatronici, altro non sono che, come dice l'artista, "finite ed infinite iconografie del nulla".
L'idea fondamentale, o meglio la sconcertante, illuminante constatazione di Asdrubali, verte sull'assoluta primarietà del vuoto (che si voglia chiamarlo bianco, parete, nulla o spazio, il risultato non cambia), unico vero protagonista e generatore di ogni immagine. L'artista quindi non parte dal segno e men che meno da sè. Parte dal soverchiante strapotere del vuoto non per rappresentare ma piuttosto per manifestare sintetiche e pulsionali, scattanti e nervose concrezioni di energia, attimi sospesi di un divenire violentemente in atto, efflorescenze entropiche sbocciate dal nulla, al nulla destinate. La lucidità di Asdrubali, il suo felice equilibrio di istintività e raziocinio, gli impone di rinunciare al resto.
("Gianni Asdrubali, Tritatronico", in Segno n. 147, maggio 1996)



Lorenzo Mango.- [...] Zuscanne , dunque, è qualcosa che ci fronteggia, un universo chiuso, risolto in se stesso; dotato di un linguaggio, certo, ma non finito, definito in esso. Piuttosto il quadro è un corpo, il corpo che nasce dall'atto della pittura, dal segno della creazione. La pittura è generazione più che non sia costruzione, in quanto sa essere costruzione, in quanto cioè sa attraversare i territori insidiosi della forma senza farsene catturare. Il corpo della pittura è il risultato dell'avventura in questi territori estremi, ai luoghi di confine tra ciò che è dipinto (la forma) e ciò che eccede ogni pittura (la vita). (...).
( "Gianni Asdrubali La pittura ha un corpo", in TITOLO, anno X n. 29, Primavera/Estate 1999)

Elmar Zorn.- [...] Il potenziale utopico racchiuso nell'esperienza di spazio e tempo proposto dalle opere di Asdrubali, Querci e Sonego trae origine dall'alto livello di dialogicità che si instaura fra la serie di immagini e, potremmo dire con Umberto Eco, dal loro elevato grado di valenza (cfr.: Umberto Eco, L'opera aperta ) . Poiché esse pongono l'osservatore nella condizione di collegare le forme e i colori dei loro mondi figurativi con patrimoni d'immagini sconosciuti, archetipici, a cui si può accedere solo con le facoltà dell'intuito, egli è costretto a rinunciare alle consuete e collaudate associazioni, non può far riferimento alla riconoscibilità di un paesaggio, di un'atmosfera, di un ritratto. Queste opere "trasportano" (nel senso del verbo inglese transport, che significa anche "rapire") in una nuova esperienza dello spazio e del tempo. Tuttavia non ci invitano a compiere un viaggio esoterico verso mondi lontani e fantastici, ma ancorano e radicano il loro potenziale percettivo nella sfera vitale dell'artista e del suo osservatore. [...]
("La superficie del dipinto come spazio dell'evento nella natura creatrice", catalogo mostra Tromboloide e Disquarciata presso Musei Civici, Villa Manzoni, Lecco, 1999)

 
Torna ai contenuti | Torna al menu