6. I condottieri di ventura. - Toscanella - Storia di Tuscania

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6. I condottieri di ventura.

Il ritorno alla Chiesa

6. I CONDOTTIERI DI VENTURA.

Mentre a Tuscania, nel nuovo secolo, si dibattevano problemi relativi alla lotta per la sopravvivenza, al di là del suo territorio regnava ancora il caos politico.

I Papi erano sempre due: quello di Avignone (Benedetto XIII) e quello romano, che, dal 1406, era Gregorio XII. Troppo affaccendato ai suoi problemi, quest’ultimo non era in grado di tenere sotto controllo i territori dello Stato Pontificio.

In questi anni (marzo 1407), Tuscania fu saccheggiata proprio da colui che la doveva proteggere: Paolo Orsini, il capitano generale dell’esercito pontificio. E non era che il primo capitano di ventura di una lunga serie.

Dopo di lui, Angelo Broglio da Lavello detto il Tartaglia tenne la Città per sette anni (dal 1414 al 1421).

Papa Martino V, unico Papa dopo la fine dello Scisma, vi mandò Nicolò da Tolentino nel 1422. Paolo Colonna la depredò, con scorrerie, nel 1429 e nel 1431. Fu concessa in vicariato a Francesco Sforza da Eugenio IV nel 1431. Lo Sforza tenne la Città per 11 anni. Personalmente ci andava poco (quando lo faceva, preferiva il castello della Carcarella); la lasciava governare dai capitani di ventura alle sue dipendenze: Michelotto Attendoli, suo fratello Leone Sforza, Antonio Colella da San Severino detto il Ciarpellone e Bernardo d’Utri.
Nel 1434 Giovanni da Crema la occupò, contro lo Sforza, per conto diNicolò Fortebraccio.
Tuscania, nel 1443, tornò nuovamente alla Chiesa ed il Papa, nel 1446, vi mandò Napoleone Orsini.

In quasi mezzo secolo s’avvicendarono una decina di capitani di ventura. È vero che il Tartaglia meriterebbe un ampio discorso, per l’impronta che più degli altri ha lasciato a Tuscania. Così facendo, però, finiremmo con lo scrivere la storia di un condottiero, o di una serie di condottieri, non più la storia di Tuscania, perché la Città divenne, in realtà, solo un punto di riferimento per le loro imprese, alle quali i Tuscanesi non apportarono che pochi contributi di rilievo, in particolare quello di fornire uomini armati.

Essi ci appaiono piuttosto privi di iniziativa e vivono una vita politica piatta, monotona, senza alcun desiderio di mutare l’ordine in cui sono costretti a vivere.

I vari Mancinasa e Lucio Casella, che, nella metà del secolo XIV, gridano contro il potere e piangono la perduta "giurisdizione", appartengono al passato e non si trovano più né in questo secolo né in quelli successivi. Il periodo "comunale" è terminato da un pezzo.
Dopo la "signoria" dei capitani di ventura, Tuscania si adatterà, definitivamente, a vivere sotto il "principato" dei Pontefici; allora il "livellamento" dei sudditi sarà un fenomeno generale e parlare di vita politica "cittadina" non avrà più senso.

 
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