2. Attraverso la “restaurazione” pontificia (1815), il regno (1870) e la repubblica italiana (1946). - Toscanella - Storia di Tuscania

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2. Attraverso la “restaurazione” pontificia (1815), il regno (1870) e la repubblica italiana (1946).

5 secoli di anonimato

2. ATTRAVERSO LA “RESTAURAZIONE” PONTIFICIA (1815), IL REGNO (1870) E LA REPUBBLICA ITALIANA (1946).

Dopo la caduta di Napoleone, il papa ristrutturò lo Stato pontificio. Tuscania fu inserita nella Delegazione Apostolica di Civitavecchia (1816). La Delegazione venne divisa in “Governatorati”: Tuscania costituì un “Governatorato” con i Comuni di Arlena, Tessennano, Canino, Cellere (Pianiano) e la stessa Tuscania..
Il governatore, in realtà, era l’antico podestà, perché aveva la stessa funzione giudiziaria e di polizia.

Preposto all’ Amministrazione comunale rimaneva sempre il gonfaloniere (con il consiglio). Per la residenza del governatore venne scelto, e restaurato, il palazzo Mansanti, in contrada Montàscide (ora sede del Liceo Scientifico).

Nel 1824 la “Delegazione” di Civitavecchia e quella di Viterbo furono unite; poi nuovamente separate (1831) e il “governatorato” di Tuscania rimase ancorato alla Delegazione di Viterbo, fino al 1870, quando Nino Bixio, il 12 settembre, entrò in Tuscania, mentre la guarnigione pontificia fuggiva, da porta S. Leonardo, verso Roma.
Dopo il “plebiscito”, con l’annessione al Regno d’Italia, la Città continuò la vivere come prima e poco mutò nella sostanza, molto invece nella forma: Tuscania entrò nella provincia di Roma; il “gonfaloniere” si chiamò “sindaco”, il “governatore” cambiò il nome in “pretore”, fino al 1927, quando Viterbo divenne provincia e la pretura di Tuscania fu soppressa.

Mutarono anche i nomi delle vie medievali, perché dovettero lasciare il posto agli eroi che avevano collaborato al Risorgimento e all’unità nazionale.
Molti di questi, a loro volta, nel giro di pochi anni, furono soppiantati dai nomi degli eroi della Resistenza.

Si è visto, però, che non è possibile mutare una lunga consuetudine con un decreto o con una ordinanza: i nomi delle vie medievali, infatti, rimangono vivi nella tradizione tuscanese, che ancor oggi li usa ed insegna ad usarli alle nuove generazioni.
Solo in un caso un decreto del Re è riuscito a mutare, di colpo, un nome: quello di “Toscanella” in “Tuscania”, il 12 settembre 1911, ma il mutamento fu accolto con gioia da tutti, amministratori e cittadini, perché lottavano fin dall’Annessione al Regno d’Italia: non si vedeva l’ora di eliminare un diminutivo tanto scomodo e offensivo alla grandezza della città!

Una visione completa dell’Ottocento tuscanese porterebbe via troppo spazio. Accenniamo soltanto all’aspetto artistico. Gli scavi archeologici iniziarono a Tuscania verso la fine del ‘700.

Li portò avanti l’archeologo Vincenzo Campanari. Alla grande passione per l’archeologia unì anche un interese oggettivo, in quanto esercitò in questo campo un’intensa attività economica: egli ed il figlio Carlo spedivano intere navi cariche di reperti etruschi in Inghilterra, dove l’altro figlio Domenico, titolare di una “bottega d’arte”, pensava a vendere i reperti archeologici nella piena legalità.

Un altro figlio, infine, Secondiano, avvocato e collaboratore paterno, scrisse una voluminosa Storia di Tuscania (pubblicata postuma nel 1856), ricca di notiziole; ma la sua vastità è dovuta anche al soffermarsi dell’autore in ampie dissertazioni di carattere generale di sapore romantico, non prive di appassionato fervore con uno stile ricco e ancora oggi piacevole: questa Storia è stata, fino ad oggi, la sola guida per chi abbia voluto iniziare un’indagine storica su Tuscania.

Questo è il suo merito; ma, per amore di verità, dobbiamo aggiungere che Secondiano ha sfruttato moltissimo il materiale d’archivio preparato, e mai utilizzato, dal Turriozzi, come, ad esempio, molte trascrizioni dei documenti contenuti nel II volume: esse sono opera del Turriozzi, appassionato paleografo di fine Settecento, anche se non sempre preciso nella lezione dei documenti.

 
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