3. Lenta ricostruzione e sviluppo economico. - Toscanella - Storia di Tuscania

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3. Lenta ricostruzione e sviluppo economico.

Il ritorno alla Chiesa

3. LENTA RICOSTRUZIONE E SVILUPPO ECONOMICO.ù

Oltre che in Tuscania, naturalmente, incidenti avvenivano un po’ dovunque: la storia del Patrimonio del "dopo-Albornoz" è intessuta principalmente di allarmi e di paure.

Aumentarono la tensione le prime "compagnie di ventura", che, proprio in quegli anni, incominciavano ad affluire in Italia, durante le pause della Guerra dei Cento Anni (1337-1453), che si stava combattendo fra la Francia e l’Inghilterra.
Tuscania non ebbe ancora contatti con i capitani di ventura, ma nel Patrimonio si verificarono le prime scorrerie. I rettori (che dal 18 gennaio 1358 incominciarono a risiedere stabilmente a Viterbo) stavano sempre all’erta.
Si vigilava anche a Tuscania, nella cui "rocca" si faceva buona guardia: questa era custodita da un castellano pontificio con nove soldati. L’esercito cittadino di pavesati e balestrieri si formava solo in caso di pericolo.

Tuscania incominciava a divenire un discreto centro economico: vi confluiva in abbondanza il grano del distretto, ammassato nei magazzini della dogana pontificia, nel terziere di Poggio Fiorentino. Il grano, poi, veniva avviato al porto di Corneto, per essere imbarcato sulle navi mercantili alla volta di Roma.

Il commercio, principalmente, rappresentava un’attività collaterale dell’agricoltura e dell’allevamento. Gli artigiani che compaiono nei documenti sono calzolai, fabbri e vasai; in riferimento a questi ultimi, non ci sembra azzardato parlare di laboratori di "ceramica tuscanese", dato che abbiamo la conferma in alcuni resti di fornaci e nei numerosi repertirinvenuti nei "butti" medievali. Anche l’attività bancaria era discretamente sviluppata: sono presenti ed attivi numerosi Ebrei, che prestano denaro ad usura, con interessi calmierati. Non si tratta di Ebrei occasionali, ma da tempo residenti a Tuscania, come Sabato di Bonaventura, Abramo, Vitaluccio di Angelo, Manuele di Dattulo, Matasia, i cui figli e nipoti si trovano ancora a Tuscania nel secolo successivo. .

Prestavano il denaro ad usura anche alcuni Tuscanesi non Ebrei, ma questi esercitavano tale attività saltuariamente, perché erano prevalentemente gabellieri o commercianti, come Ciglione di Cecco di Oddone Ciglioni e Muziarello di Cola di Angelo Maccabei, esponenti di due famiglie, che guideranno l’Amministrazione comunale fino al XVII secolo.

Ciò che abbiamo detto sul commercio e sull’artigianato ha un valore relativo, perché la vera fonte di reddito, per Tuscania, rimaneva sempre la"terra". I grandi proprietari erano sempre quelli: la Camera Apostolica, laMensa vescovile, le Parrocchie, il Comune ed alcune famiglie private, non più quelle duecentesche, come i Romei, i Cerasa o i Della Rocca, ma iCiglioni e i Maccabei.

Anche il convento di San Francesco veniva accumulando un patrimonio con i lasciti testamentari: divenne ricco, specialmente quando nel 1363, donna Giacoma Avveduti gli donò la tenuta di Pian di Vico, vari appezzamenti nelle contrade di Valle dell’Oro e della Mignattara e la grande tenuta di Castel Gronda [1].

 
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