● - “RAGAZZI SPECIALI”. di Renato Bagnoli. - Succede a Tuscania - Toscanella - 2019

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● - “RAGAZZI SPECIALI”. di Renato Bagnoli.

Pubblicato da in Renato Bagnoli ·


Fra qualche giorno avrà luogo a Tuscania la dodicesima edizione del festival internazionale Universo Corto che prevede la partecipazione di Robert Zemeckis, regista del film, vincitore di 6 premi oscar, “Forrest Gump”.
 
 
Come indicato da Obiettivo Comune il film racconta la storia di un ragazzo che, sebbene afflitto da seri problemi psicofisici, si ritrova a vivere in prima persona, per una serie di circostanze fortuite, alcuni importanti eventi.
 
Un “ragazzo speciale” dall’animo puro e ingenuo con la sua filosofia del “ Stupido è chi lo stupido fa”.
 
Seduto sulla panchina, a una fermata dell'autobus, Forrest ricorda la sua infanzia, quella di bambino con problemi mentali e fisici. Solo la mamma lo accetta per quello che è, e solo la piccola Jenny lo fa sedere accanto a sé sull'autobus della scuola.
 
Come tutte le mamme di ragazzi speciali anche la sua è fantastica: si fa in quattro per il figlio, è determinata, furba ma soprattutto saggia, sempre pronta a combattere contro l’indifferenza degli altri. Sa sempre qual è la cosa giusta da fare per il figlio o da dirgli, consigliandolo sempre per il meglio, e in fondo se a lui va tutto bene è merito dei suoi insegnamenti.
 
Anche nella nostra città ci sono alcuni “ragazzi speciali”, qualcuno è costretto su una sedia a rotelle altri sono affetti da importanti patologie, ragazzi che non hanno avuto la stessa “fortuna” di Forrest e che spesso vengono lasciati soli dalle Istituzioni con le loro piccole grandi difficoltà.
 
C’è un ragazzo costretto su una sedia con il quale mi capita spesso di dialogare e di rendermi conto di quali siano i problemi che quotidianamente incontra. Qualche volta ho affrontato con lui il concetto di “diversità” visto però da una prospettiva diversa: la sua.  E’ un ragazzo che, seppur bloccato su una sedia, ha uno spirito ribelle quello di colui che vorrebbe riuscire a volare. E a volte ci riesce.
 
Vede gli altri, i cosiddetti “normali” che, rincorrendo pensieri inariditi, fingono di capirlo con il loro falso compianto, persone che non volano più o, peggio, non hanno mai volato. Aspirano a cose futili, ad un telefonino di ultima generazione o a un capo di abbigliamento griffato mentre lui vorrebbe solo poter vedere gli altri e il mondo senza dover sempre alzare gli occhi, vorrebbe poter gioire di una passeggiata, gli basterebbe solo camminare e non correre, non chiede di correre, e godere di una giornata di sole che gli possa permettere di uscire di casa.
 
Vorrebbe poter trovare i marciapiedi liberi da auto e scivoli che gli possano permettere di attraversare in sicurezza le strade della città, un bagno pubblico per disabili o, quando si reca in Municipio, trovare l’ascensore che funziona ma, solo andando in giro con lui, ci si può rendere realmente conto di quanti e quali problemi è costretto ad affrontare quotidianamente.
 
Quando parlando con lui inizi a fantasticare sulle cose “normali” alle quali aspirerebbe, alla sua sedia a ruote spuntano le ali, fa capriole con la mente, diventa un bambino e sorride, si vede che in quei rari momenti la sua voglia di rivincita ha il sopravvento, gli piace essere sè stesso, lontano da quel che è, e capisce che è meglio avere un corpo senza corpo piuttosto che una testa senza testa.
 
Nella nostra città ci sono anche “bambini speciali” che, visti da fuori, appaiono come “piccole barche incagliate in mezzo al ghiaccio” che, assieme ai loro genitori, soffrono forse più per il freddo di questo mondo fatto di indifferenza e ignoranza che della loro condizione.
 
Basta seguire una madre, che accompagna il suo bimbo a scuola, per vedere le distese di ghiaccio che li avvolgono, lande desolate fatte di mancanza di sensibilità e noncuranza da parte di coloro che, conoscendo le sue difficoltà, sembrano non sentire le loro grida di richiesta di aiuto.
 
La sua forza per andare avanti, nonostante queste lande desolate, la trova nel tepore di una piccola fiaccola che è solo dentro lei e al suo piccolo: una tiepida luce che illumina un giardino in cui, nonostante tutto, crescono i fiori.



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