Madera Brannetti


Vai ai contenuti

Menu principale:


Sofferenza

Nella personalità di Madera si evidenziano due componenti armoniosamente unite e quasi fuse in un unico modo di essere: un carattere forte, virile, ma sensibile e facile a commuoversi e un solido spirito soprannaturale.
Chi l’ha avvicinata ha potuto veramente constatare un carattere forte, deciso, capace di imporsi non per i modi bruschi e decisi, ma per una intrinseca forza virile. Spesso, per spiegare e quasi per giustificare questo aspetto mascolino del suo carattere, diceva che quando la portarono a ricevere il santo battesimo, allorché fu chiesto alla madrina quale nome voleva imporre alla figlioccia, la madrina rispose: Giovanni Battista; un nome non solo maschile, ma di un uomo forte, risoluto, addirittura contestatore. E questo episodio spesso lo ricordava per giustificare o meglio per scusare il suo carattere volitivo.
Ma se qualche rara volta poteva manifestare una certa rudezza, soprattutto nel richiamare qualcuno, questa sempre la riversava su di sé, e non si esonerava mai dal risparmiarsi quando c’era bisogno di ascoltare le persone che venivano a trovarla e a chiederle aiuto. Perché tante erano le persone che venivano a farle visita e non certo solo visita di cortesia, ma per avere lume su qualche problema che le assillava o per avere un qualche conforto.


Monastero S. Paolo delle Clarisse. Cortile interno. Madera ha 9 anni
Prima comunione femminile 27 agosto1933 - Anno Santo Straordinario

1.(A)Vanda Vignanelli 2.(B)Amelia Rogo 3.(C)Maria Nardi 4.(D)Teresa Nerli in Marconi 5.(E)Caterina Copponi 6.(F)Lidia Montesi 7.(G)Aude Sartori; (seconda fila) 1.(1)Antonietta Vitali 2.(2)Zelinda Cianconi in Bianchi 3.(3)Angelina Risi 4.(4)Amelia Valentini 5.(5)Iolanda Risi 6.(6)Livia Maccarri 7.(7)Rosina Dottarelli; (terza fila) 1.(8)Lidia Guadagnoli 2.(9)Lina Astolfi 3.(10)Adonella Santi in Conticiani 4.(11)Marisa Scriboni 5.(12)Ivalda Cherubini 6.(13)Elisa Capati in Copponi 7.(14)Bendetti Cencina (poi suor Gualtiera); (in primo piano) 1.(15)Maura Cardarelli 2.(16)Vera Fioravanti 3.(17)Vania Quarantotti 4.(18)Tilde Gasbarri 5.(19)Madera Brannetti 6.(20)Concetta Corona 7.(21)Adriana Rossi in Marcoaldi; Tre assistenti: (a sinistra) 1. n.i.; (a destra) 2.(abito bianco) Lucia Pasquali 3.(abito a fiori) Luigia Sartori.


Le persone che venivano a trovarla erano molte anche perché Madera era molto espansiva e quasi sentiva la necessità di avere molti amici ai quali dire, manifestare la piena del suo amore per Dio. Non li cercava certo per la personale felicità, perché sapeva essere felice anche nella solitudine
Raramente durante il giorno rimaneva sola con se stessa; si potrebbe dire di lei quello che scriveva San Francesco di Sales: “Non ho potuto disporre mai del tempo per me neppure un giorno

Madera sapeva che se la gente le rubava il tempo, l’assediava, alla fine di questa devastazione c’era Dio. E tutto quello che lei aveva donato di pace, tutto il tempo che le era stato portato via e che poteva sembrare perduto, tutto diventava amore e le era restituito in amore. E se alla fine della giornata si ritrovava stanca, e quasi svuotata perché chi era venuto aveva preso qualcosa e se ne era andato sorridente e felice, dimenticandosi di renderle un grazie, allora era convinta d’aver donato un raggio di Dio.

E questo prodigarsi, questo essere a disposizione di chiunque si presentasse era segno della sua spiccata generosità. Aveva fatto suo il pensiero di San Francesco di Sales: “Se una cosa da nulla conturba un’anima, non bisogna per questo tralasciare di consolarla. Perché per i poveri i piccoli affari diventano grandi e del resto non è piccolo affare consolare un’anima che Gesù ha riscattato con il suo sangue.”


Era generosa, tanto generosa, ma si scherniva dicendo che questa virtù non l’aveva acquistata, ma ce l’aveva per natura.
“Generosità. – Scriveva – E’ una virtù che se ancora ce l’ho, debbo dire che di questa virtù non ho nessun merito. Dio me l’ha data per nascita. Fin dalla più tenera età dovevo dare, dare sempre; era per me un bisogno così grande da provare dolore fisico quando non potevo dare per motivi di forza maggiore. Fare la carità ai poveri era la mia gioia più grande e rimasi male quando la feci ad un vecchio che, non essendo bisognoso, mi sgridò alla mia offerta. Se un povero passava, non avrei dormito la notte se non gli avessi dato il mio obolo. Sono nata generosa: nel mettere a parte chi vuole delle mie piccole gioie, nel desiderare il bene a tutti, nel dare ciò che di meglio ho spiritualmente, le mie capacità di lavoro e le mie preghiere. Ho tanta paura di chiudermi perché so che il male è grande se, pazienza!, non acquistiamo una virtù, ma perdere quelle che il Signore ha dato è proprio una cosa grossa!
(16 febbraio 1966)

Quando una persona andava a trovarla instaurava subito un rapporto che diventava unico ed esclusivo. In quel momento non esistevano altri che quella persona, con i suoi problemi, le sue ubbie, i suoi dolori, le sue ansie. Non esistevano per lei l’umanità o il prossimo, esistevano le persone concrete, che la sua sensibilità le permetteva di capire fin nel profondo e la spingeva a risolvere con tatto e delicatezza i problemi che le venivano sottoposti.

Il temperamento, così caritatevole e generoso, e anche l’educazione ricevuta la aiutavano senza dubbio nel mostrarsi amabile, indulgente e garbata con tutti.

Era incline per natura a cogliere subito il lato buono nelle persone e nelle cose. E lontani da lei le mille miglia erano ogni forma di diffidenza e di trattamento scortese, e ogni stroncatura di persone, anche se apertamente potevano essere giudicate poco buone. Infatti quando andavamo a trovarla e si parlava di qualche persona sulla quale si potevano fare riserve o giudizi non troppo benevoli, anzi severi, subito Madera si affrettava a mitigare il giudizio negativo, dicendo che nessuna persona è solamente cattiva e
nessun uomo è così piccolo e vile che non abbia un riflesso della bontà divina: la medaglia ha anche il suo rovescio e in fondo all’animo di ogni persona cattiva si nascondono sempre germi di bontà.

Ripeteva spesso un pensiero di Giovanni XXXIII:
“Procuriamo di vedere nel nostro prossimo nient’altro che la virtù e le buone opere e cerchiamo di coprire i loro difetti con la considerazione dei nostri peccati. Anche se da principio questa condotta non è molto perfetta, conduce a poco a poco a una grande virtù: a quella di considerare gli altri migliori di noi.”

E citava anche una frase che aveva letto e che aveva fatto subito sua, perché corrispondente appieno al suo modo di sentire. “Vorrei che nell’amicizia ci sbagliassimo in questo modo che ad ogni errore il nostro affetto trovasse un nome onorevole”.

E nel rapporto con il prossimo non si limitava a condannare l’atteggiamento negativo, ma andava oltre, diceva che si doveva manifestare sempre un comportamento positivo, caritatevole con gli altri. Perché come era vero che una osservazione lasciata cadere contro un amico poteva distruggergli emotivamente tutta la giornata, un piccolo segno di amicizia poteva suscitare una grande gioia.
E se cosi stanno le cose, perché - diceva - usiamo poco questa verità? Una parola di lode, una cartolina con tanti saluti, una telefonata, un sorriso potrebbero rasserenare e illuminare la giornata di chi ci sta vicino o conosciamo. E perché ci deve costare tanto fare cose così tanto semplici? Ricordatevi – concludeva – che la via del cuore è sempre una via quieta e gentile e un gesto, semplice, ma fatto con amore può trasformare una giornata di pioggia in una giornata di sole.

Delicatezza e dolcezza erano le caratteristiche del suo comportamento e lo scriveva il 20 febbraio del 1966:
Delicatezza. Come vorrei essere un riflesso di Dio in questa virtù! Non so com’è, ma mi piace tanto e purtroppo mi accorgo di mancare molto spesso. Temo che per manifestare una pace continua, una serenità inalterabile e quindi, come conseguenza, una dolcezza nei rapporti con il prossimo, il mio cuore dovrebbe essere distaccato da tutto; il mio amor proprio, così vivo, distrutto; la mia superbia a ramengo. La mia mente poi dovrebbe essere perduta nel pensiero costante di Gesù e nel desiderio grande di far rivivere Lui.
La seconda componente della fisionomia morale di Madera era lo spirito interiore, “che si possiede solo se l'anima è continuamente unita a Dio, se c'è un'adesione totale alla sua volontà, un'adesione che diventa abbandono e accettazione della croce che tocca il vertice nel ringraziamento.”
18 gennaio del 1966 scriveva:giornate di sofferenza, mio Dio! Trascorro le nottate intere a tossire seduta sul letto; quanti pensieri vengono in queste ore tanto lunghe! Ti ringrazio, Signore, per il coraggio che mi dài. Tu lo sai: per i miei desideri ti darei ancora di più, ma riconosco quanto sono limitate le mie capacità, perciò ti prego, o mio Gesù, di darmi la forza di soffrire quanto vuoi Tu, neppure un'oncia di meno di ciò che è la tua volontà santa. E siccome non te ne so chiedere altre di sofferenze e alle volte sto per soccombere, ricordati che hai a che fare con la più piccola anima che ti ama sulla terra.

La sofferenza! Possiamo dire che tutta la vita di Madera è stata una continua sofferenza.afflitta da innumerevoli malattie e credo che tutti i suoi malanni possono essere considerati alla luce della sua volontà di soffrire.suoi 74 anni d'età fu colpita, e sarebbe meglio dire accompagnata, da innumerevoli disturbi e malanni. Dalla difterite che la colpì da bambina, alle febbri di malaria, curate con il chinino che le procurava allucinazioni. Dalla sinovite a entrambe i ginocchi, che la costrinse a vivere inchiodata ad una poltrona e a non uscire più di casa, alla osteomielite, che ogni due o tre anni le si riacutizzava nelle varie parti del corpo, al blocco polmonare, alle abbondanti perdite di sangue nel corso di dieci anni, agli attacchi di cuore, ai frequenti acuti dolori di capo fino al cancro. questo perché per le anime che si sono donate completamente a Dio è vero ciò che scriveva Santa Teresa d'Avila a proposito dei suoi dolori, della sua sofferenza:
“Credimi, figliola, - le suggeriva il Signore - più mio Padre ama un'anima, più le invia tribolazioni. Anzi queste sono la misura del suo amore. Del resto in che modo ti potrei mostrare maggiore amore se non volendo per te quello che ha voluto per me? Considera queste piaghe che i tuoi dolori non arriveranno mai ad eguagliare. In questo è il cammino della verità. Quando te ne sarai persuasa potrai meglio aiutarmi a piangere la rovina a cui vanno incontro i mondani i cui pensieri, cure e desideri sono tutti per la ricerca del contrario.” stenta a credere alla santità di chi abbiamo conosciuto e visto fin da bambini e non ha presentato nulla di strano. Perché si ritiene che la santità sia, se non proprio una esclusività della gente del chiostro, almeno un affare riservato a poche anime elette e privilegiate per le quali la santità sarebbe un dono piovuto dal cielo e che esse non hanno che da ricevere. persone buone e sante, infatti, dai loro biografi, che magnificano certe esperienze di vita favolose e assurde, sono separate da noi, dal nostro modo di vivere, dalle nostre esperienze quotidiane; ma questo è sbagliato, perché devono essere messe sullo stesso piano della nostra vita, senza con questo diminuire la loro bontà.é in realtà le persone sante sono come tutti gli altri uomini e prima di diventare santi sono state persone comuni come noi, e quei biografi, che calcano la mano su certi fatti inventati di sana pianta, fanno prima sorridere e poi rabbia. Perché le biografie scritte con l'unico intento di edificare sono melense e poco vere. La parte di Dio nella storia della santità è certamente grande, ma nella preparazione c'è anche una parte umana che è bene mettere in risalto e questa parte umana noi la scorgiamo soprattutto quando i santi li sorprendiamo nei momenti tristi che pesano sulla vita di ognuno come macigni e sono i momenti della prova e del dolore. le prove che dovette sopportare Madera furono numerose e tutte le sopportò in silenzio e con grande rassegnazione. E non parliamo delle prove che derivarono dalle delusioni, piccole e grandi di cui la vita è piena, parliamo delle prove vere, dolorose permesse da Dio, come malattia, incomprensioni, solitudine, abbandono.
testamento spirituale diceva:
Ho sempre sofferto, non tanto ciò che avete visto, ma ho sofferto nel cuore fin da bambina per la mia sensibilità; il pensiero dei poveri, degli abbandonati, dei carcerati non mi faceva dormire. Venendo grande e partecipando alle pene di tutti sono cresciute le occasioni di dolore e di tristezza. Per mia fortuna il Signore mi è stato sempre vicino.

Alla fine del 1941 scriveva nel suo diario: Quanto ho sofferto moralmente in quest'anno, o mio Gesù! Che mi porterà il 1942? Quello che sarà, non importa, basta che alla fine dell'anno ti voglia più bene.
il 14 marzo del 1942 le si ammalò il ginocchio sinistro; e da quel momento cominciò il suo calvario che la costrinse a stare dapprima per un anno intero immobile e ingessata, poi per tutta la vita, seduta su una poltrona, senza poter mai uscire di casa e muoversi, lei così piena di vita e di gioia di vivere.
domandiamo come abbia fatto a non lasciarsi prendere dallo scoraggiamento e dalla stanchezza; come abbia fatto a trovare in tutte le prove lo sprone e il segreto ad una santificazione della vita.segreto in verità non è diverso da quello di tutte le anime buone e sante. L'accettazione del dolore, la sua trasfigurazione fino ad amarlo e desiderarlo è avvenuta in lei nello stesso tempo in cui si radicavano alcune convinzioni.sofferenza è il miglior alleato per eliminare le scorie di orgoglio, di amor proprio di tutto ciò che è umano e impedisce di trovare Dio; il dolore, comunque si presenti, è sempre un'espressione del volere di Dio che sarà sempre a vantaggio dell'uomo; la sofferenza rende simile a Gesù e che quindi è un grande privilegio; le sofferenze sono necessarie per la conquista delle anime. ha cercato di comprendere tutto ciò con la preghiera continua, con piccoli e grandi superamenti fino ad arrivare all'eroismo.
31 dicembre del 1943 scriveva:
Sono sola qui nella mia poltrona e sono tanto triste, però in fondo sono contenta, perché, o Gesù, ho da offrirti tante piccole sofferenze in tutti i campi morali, spirituali e fisici… Gesù, ho paura dell'anno che entra, ma ci sei Tu nel mio cuore, perciò di che cosa dovrò temere? Beh, quello che sarà non importa, basta che alla fine dell'anno sia un grado più avanti nella perfezione. Chiudo l'anno ai piedi della croce. È venerdì.
avesse accettato a piene mani la sofferenza che le era caduta addosso lo annota nei primi giorni del 1944:
Essere ostia. Un'ostia è originariamente grano triturato. Signore, prendi questo grano, è tuo. Sotto la macina delle sofferenze provvidenziali e delle penitenze volontarie permessemi dall'obbedienza, fa' che io sia triturata per Te e che il fuoco dell'amore faccia di me un pane senza macchia.'ostia è un umile pezzetto di pane che cessa di essere pane nella consacrazione. Ebbene o Signore, voglio ormai cessare di vivere una vita terrena, una vita di vanità, di cupidigia, di sensualità, non voglio più essere io che vivo in me.'ostia è un pezzo di pane diventato Gesù Cristo. Non essere più io, o Signore, è la parte negativa del mio lavoro. Non voglio compierlo se non per diventare Te. La tua ostia viva, che sia parimenti Te, o Gesù, e unicamente Te.
1948, e precisamente nella Domenica delle Palme, le si ammalò anche l'altro ginocchio e in luglio ebbe i primi attacchi di affanno che poi le rivelarono la malattia di cuore. E siccome ormai era costretta a starsene seduta nella poltrona e non poteva più uscire di casa, il primo di settembre del 1949 stilava un piccolo programma per il tempo di malattia.
Mattino, prima delle 9: preghiere e meditazioneù tardi: rosario e giaculatorie: Via Crucis; secondo rosario; lettura spirituale; santa messa con il missionario. Il sabato, l'ufficio della Madonna.: terzo rosario, preghiere, esame di coscienzaù che mi servono in questo momento: pazienza e dolcezza.

A proposito della pazienza così scriveva
Pazienza: Aspettare, aspettare sempre. Come questa virtù è appannaggio di Dio! Lui, che non è del tempo, aspetta con infinita pazienza l'anima che si converta, che ritorni, che lo ami. Che sofferenza invece per l'uomo, specialmente per l'ammalato! Aspetta l'esito della cura, prima, poi la guarigione, se questa non viene, è condannato ad aspettare sempre. La santa Comunione, che nessuno porta; il sacerdote che la consoli con il suo ministero: l'amico più caro, che, preso dagli affari, rimanda la visita. Al mattino, che venga presto la notte; la notte, che venga presto il mattino… e questa attesa diventa ossessiva e sfibrante. Mio Dio, come tutto questo è sciocco, seppure umano! Abbiamo Te e Tu solo ci devi bastare, perché in te non c'è attesa che delude; il pensare a Te è già possederti. Tu sei la risposta a tutte le attese, perché sei l'Amore.
(1 gennaio 1966)

Pazienza, virtù dei forti. Forse è questa la ragione per cui mi manca. Fin dal mattino prometto a me stessa di essere paziente e quante occasioni durante la giornata!. Spesso cado, altre volte mi sforzo per riuscire vittoriosa. Vorrei diventare come San Francesco di Sales, di una dolcezza e di una pazienza impareggiabili, invece…Dovrei avere più pazienza con me stessa, con i miei di casa e con il prossimo. Poiché non c'è nulla che dispiaccia di più in chi ci avvicina, quanto vederci agitati ed irascibili; forse proprio essi, non volendo, fanno del tutto per farcela perdere la pazienza, ma rimangono molto male nell'assistere alle impazienze altrui. Pazienza, pazienza, pazienza sempre!
(17 gennaio 1966)
sono le notazioni in cui accenna, seppure in modo velato, alla sua sofferenza, soprattutto alla fine di ogni anno, quando faceva il punto sulla situazione della sua anima.
grazia di Dio, che mi rimprovera in questa fine d'anno, sono qui nella poltrona sempre malata, ma un po' triste per il buio dello spirito. Gesù è lontano o forse è molto vicino, ma nascosto e io non lo vedo, però l'amo tanto ugualmente.
(31 dicembre 1950)
è cambiato dallo scorso anno, sono sempre tanto sola, però ci ho fatto un po' l'osso, benché ogni tanto sono per questo un pochino strana. Perdono di tutto e aiutami, Gesù. Ho paura di non farcela a diventare santa e prendimi presto con Te.
(31 dicembre 1956)

La salute sempre uguale: male. Sono stata ingessata tutta l'estate in tutte e due le gambe e questa sera ho l'attacco di cuore.
(dicembre 1960)

Blocco polmonare - male fisico - abbandono spirituale - solitudine morale
(18 novembre 1965)

Le gambe hanno peggiorato: per sei mesi ho portato le docce.
(31 dicembre 1970)

Domani compio 30 anni di malattia. Signore mio, amato Gesù, accettali come dimostrazione di amore, come un canto che ho fatto alla tua presenza per dirti che sono tua; che fare la tua volontà è il mio desiderio e che nella mia piccola vita sono la tua creatura che tanto desidera la perfezione. Ho cercato di accettare tutto con il sorriso, anzi con gioia, come una bambina ho avuto anche paura, sono stata poco generosa, ho tremato per l'avvenire, ma Tu sai, o Gesù, quanto valgo poco, come sono piccola, di poco valore e che se alle volte ce la faccio è perché Tu ti sostituisci a me. Fallo sempre, Gesù, anche nei prossimi anni, così non avrò paura e potrò dirti ancora nel dolore: Gesù Ti amo tanto!
(11 marzo 1972)

Anno con una svolta fisica; sembra dal primo dell'anno che mi sia capitato un terremoto interno: mangio con paura di soffocamento e provo momenti di tristezza. Momenti di angosciosa solitudine.
(31 dicembre 1981)
le sofferenze che soffri Madera non erano solo fisiche, ma anche morali e spirituali: l'impossibilità di aprirsi con gli altri per l'incapacità degli altri a capirla e ad aiutarla nei momenti nei quali si sentiva più triste per quel senso di abbandono che provano le anime nelle prove che il Signore manda; il dipendere completamente dagli altri a causa della sua infermità che la costringeva a rimanere immobile nel letto o nella poltrona; la solitudine.

Si è tutto confermato e meglio ampliato ciò che intravidi l'anno scorso circa l'isolamento. Veramente ora posso dire che è completo. Mi sembra quasi che anche Tu, o Gesù, ti sia allontanato da me. Come mai? Hai ragione, sai? Perché io dovrei essere più buona, e più raccolta invece… adesso poi che è nato l'altro nipotino. Ma, o Gesù, non mi abbandonare per carità, perché ho Te solo e non Ti voglio per nessuna ragione dar dispiacere, anzi voglio come sempre diventare Santa per farti contento e darti le anime.
(31 dicembre 1955)
E l'isolamento, la solitudine, che Madera provò spesso, credo che sia il problema cui va incontro soprattutto la persona che ha una grande sensibilità.piccoli rifiuti di ogni giorno, un'osservazione irrispettosa, un secco diniego o un silenzio pungente potrebbero essere cose innocenti o indegne della nostra attenzione se non suscitassero, specie nelle persone sensibili, il timore umano di essere messi da parte e abbandonati.
Soli- come dice il salmo 88 - con le tenebre nostre compagne.

Perché l'isolamento non conduce alla pace interiore e alla solitudine del cuore, come si potrebbe pensare, ma se non siamo accorti può provocare risentimento e amarezza. Ciò che è importante è ottenere quella solitudine nella quale è possibile esaminare i sentimenti di amarezza e di ostilità e considerarli come indice della nostra immaturità; in questa solitudine potremo incontrare Dio, che rimarrà sempre fedele anche quando nessuno si interesserà di noi.
la solitudine di Madera, l'isolamento cui andava incontro sempre di più giorno dopo giorno si concretizzava con il distacco delle persone care che avveniva a poco a poco, come se Gesù volesse abituarcela piano piano e lo dice espressamente alla fine dell'anno 1961:
Pina
(l'amica del cuore) è partita per sempre. Per fortuna che hai pensato, o Gesù, a distaccarmi da tutti piano piano e a tempo altrimenti con questa solitudine stavo fresca!. Grazie, Gesù! Come sei delicato. Prendi tutto con una delicatezza degna di te!

E il 19 gennaio del 1964:
Rientrare in me, scendere con l'immaginazione nel santuario della mia anima: Gesù è là; questa non è immaginazione, ma verità. Lui l'ha promesso ad ogni anima che l'ama. Andarle incontro, vedere quella luce, sentire quella presenza, udire quella voce, tutto in modo mistico, non percepito dai sensi. Rimanere il più possibile unita a questo contatto divino, vedere ciò che si deve fare per diventare veramente buona; amarlo con il suo stesso amore, sentirmi distaccata da tutto e da tutti. Questo, seppure è stato il mio modo di esprimere la mia vita spirituale e per alcuni anni, è stato applicato in modo tanto sentito da uscire fuori da questo contatto trasformata anche fisicamente, purtuttavia vorrei che questo modo di vivere fosse ogni giorno più vissuto e che questa lenta, ma continua trasformazione raggiungesse quanto prima la sua meta.

E nel febbraio del 1966:
Avanti per la mia strada seppure un po' a fatica. Sono del Signore e ogni nostalgia per le creature è una piccola infedeltà al mio Dio. Tutto è vanità e polvere che, seppure in un momento sembra oro, la sua funzione è sempre quella di ottenebrare la vista, far pizzicare gli occhi e di conseguenza far uscire le lacrime. Con tutta la carità esprimo il mio giudizio riguardo alle creature. Ti ci vai ad appoggiare e trovi un sostegno di gommapiuma, che cade appena ti ci avvicini. Sono sempre presi dai loro problemi, grandi o insignificanti che siano e non hanno tempo per ascoltarti. In molti casi poi l'egoismo impera e allora siamo fritti.

Per lei le creature alle quali cercava di appoggiarsi per avere conforto o comprensione erano sostegni di gommapiuma, e questo pensiero era in perfetta sintonia con quello di San Francesco di Sales per il quale “gli uomini sono aridi fuscelli di rosmarino ai quali non è sicuro appoggiarsi, perché si rompono al minimo vento di contraddizione e di biasimo.”

nel resoconto dell'anno successivo:
Solitudine esterna, quasi angoscia. La quaresima l'ho passata al letto. Mi stanco terribilmente. Dubbi sulla fede. Sofferenze spirituali. Ho faticato tanto a tenermi su, però ho imparato un po' ad essere inondata di sole.
Nel 1986, la casa paterna, quella che aveva dovuto abbandonare a causa del terremoto del 1971, perché inagibile e dove era sempre vissuta con tutta la famiglia, finalmente era stata ricostruita ed ultimata e Madera allora aveva espresso ai suoi il desiderio che tutta la famiglia si trasferisse e riprendesse a vivere come prima del terremoto nella vecchia casa di Via del Rivellino. Ma ci fu da parte dei suoi una certa resistenza a cambiare casa, ancora una volta, a cambiare abitudini e ad andare ad abitare nel centro storico del paese dove in realtà vivevano poche famiglie, perché la maggior parte della gente abitava nelle case che erano state costruite fuori del paese.Madera volle andarci. E non fu un capriccio, né una decisione presa senza valutare i pro e i contra. S'era consigliata con il confessore - come diceva - e aveva preso questa decisione dopo la morte del padre. La decisione fu una decisione sofferta anche perché, malata e bisognosa di aiuto si sarebbe trovata sola. Alla fine dell'anno, quando ormai abitava nella sua casa, da sola, già da tre mesi scriveva:
Ho lottato, ma con tanta pace, per il ritorno a casa nostra. Provo tanta gioia a trovarmi di nuovo qui nella solitudine estrema; piccole paure, ma tanta unione con Dio. Grazie, Gesù! Stammi vicino.

Il 20 agosto del 1995, quando la malattia si era aggravata e sentiva ancora di più la necessità di un aiuto materiale scriveva:
Ore 18,15- O Madre, stammi vicina. Fasciami stretta con il tuo amore, affinché mi senta protetta e rendimi le forze.per mano, affinché non cada sia nel peccato sia nel dare il più piccolo dispiacere a Gesù e fa' che anche non cada materialmente.a sbrigare tutte le mie piccole cose senza perdere la pace per le stupidaggini della terra.le cose più belle di Gesù dal paradiso.e fammi bella per le nozze affinché piaccia a Gesù in tutte le sante virtù.dolcemente addormentare nel tuo cuore, nella morte senza paura e senza affanno. Presentami a tuo figlio per godere in pieno la gioia di amarvi e di essere amata.mia fiducia mia. Amen
Per concludere il tema della sofferenza riportiamo il pensiero dell'8 gennaio del 1966:dolore, dopo la volontà, è l'unica cosa veramente nostra: esso è come l'amore: tutti gli uomini credono di averlo capito, ma molto pochi sanno veramente come si ama e perché si soffre. Il dolore è il mezzo più sicuro per esprimere a Dio il nostro amore, la nostra adesione alla sua volontà, la certezza che la nostra preghiera attraverso di esso arrivi fino a Dio, come l'incenso che, bruciando e distruggendosi, salisce al cielo.me il dolore fisico è come trovarmi nel mio elemento, e la risposta ai miei tanti desideri, è il lavoro necessario per adempiere la mia vocazione d'amore verso Gesù e verso i fratelli; è insomma l'aiuto spirituale senza il quale non saprei come sorreggermi e come dire a Dio: Ti amo!, specie nei momenti di tenebre.

IL 24 settembre del 1999 Madera fu colpita da un ictus e, dato che la situazione sembrava tanto grave, fu chiamato don Steno per amministrarle l'Estrema Unzione. giorni seguenti manifestò un certo miglioramento, ma da quel giorno non riuscì più a riprendersi.
Non potendo essere trasportata in ospedale, anche per sua espressa volontà, fu curata, per quanto poteva esserlo in quelle condizioni, dal dottor Fusco. E così andò avanti per altri sette mesi con dolori lancinanti al bacino e con abbondanti perdite di sangue, che facevano diagnosticare senza ombra di dubbio ad un cancro. I dolori erano talmente acuti che non le permettevano neppure di stare seduta; doveva rimanere al letto con vari accorgimenti, perché anche rimanere al letto le procurava dolori intensi. E quando per le sue necessità doveva spostarsi da una stanza all'altra era costretta ad utilizzare la sedia a rotelle.é i dolori si facevano insopportabili, afferrava il piccolo crocifisso, che teneva sempre sotto il cuscino, e lo stringeva con forza come per prendere coraggio a sopportare quei dolori senza emettere un lamento.ha conosciuto, certo, la situazione del malato anonimo che spira in un letto di ospedale, ma non le è stata però risparmiata l'esperienza della solitudine di fronte alla morte, malgrado l'affetto delle persone care che la circondavano.il 25 maggio del 2000 alle 16,45, dopo aver ricevuto la santa comunione, spirava, pronta, come la Vergine prudente, con la fiaccola accesa e i fianchi cinti, per correre incontro al Signore, a quell'incontro al quale si era preparata per tutta la vita.
giorno 9 marzo 1966, a proposito della morte, così aveva scritto:sorella Morte, carceriera solerte e puntuale, che allo scadere del nostro esilio, apre la porta di questa prigione per liberare l'anima affinché voli al suo Dio, a quel Padre che l'ama fin dall'eternità. mi sei cara, sei l'angelo che ferma l'orologio del nostro cuore. Non sempre ciò che precede questo istante è bello, anzi spesso è doloroso, per questo si ha paura di te, ma fa' che alla mia morte io ti possa vedere un momento prima per ringraziarti, o angelo carceriere, che vieni a fermare il mio cuore; ma solo apparentemente, poiché, aperto il carcere, io potrò amare in eterno.

Home Page | Introduzione | Sofferenza | Preghiera | Tristezza | La formazione | Consacrazione | Vangelo | Convivialità | Padre Adalberto | Pensieri | 1938 | Testamento spirituale | Mappa del sito


Queste pagine sono state realizzate gratuitamente da Luigi Pica | toscanella@gmail.com

Torna ai contenuti | Torna al menu