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La notizia più antica sull'Acquaforte

Acquaforte

Mi riferisco a Francesco Giannotti ed suo noto volume, terminato intorno al 1590, citato con titoli diversi, sebbene quello originale sia Breve e compendioso discorso dell'antichità di Toscanella[3], dove ci racconta che alcuni anni prima (l’anno non è precisato, ma si può supporre al massimo una quarantina d’anni prima, quindi verso la metà del Cinquecento) il Moretto, che di mestiere faceva l’allevatore di Cavalli, mentre stava a San Savino, nei pressi dell’Acquaforte, ebbe modo di entrare in un vano sotterraneo, in un bagno molto antico, non meglio specificato: veramente doveva trattarsi non di un vano adibito ai bagni veri e propri, ma di una stanza di servizio, perché lì, agli occhi del Moretto apparve come d’incanto una grandissima quantità (circa 20 staia!) di monete di bronzo, con l’effigie di Giano Bifronte nel recto e la prora di una nave nel verso[4]. Francesco Giannotti afferma di aver sentito raccontare il fatto da Sallustio, il figlio maggiore del Moretto[5], ma non si sofferma in commenti; aggiunge soltanto che nel territorio di Tuscania era facilissimo imbattersi in ritrovamenti del genere, come vasi (etruschi?), mura ad opus reticulatum e condutture di piombo, che servivano a far circolare l’acqua all’interno dei bagni[6].


In verità una campagna di scavo nei pressi dell’Acquaforte non è mai stata effettuata; l’unica notizia è che sull’altopiano (dove nel Medioevo sorgeranno prima l’abbazia cistercense di S. Savino, poi il Castello) vi sono i resti di una villa romana, con frammenti di vasellame, databile tra il I secolo a. C. e l’inizio del II secolo d. C.[7]; tutto ciò sta ovviamente ad indicare, già in epoca romana, la presenza di un centro abitato nelle vicinanze dell’Acquaforte.
Mi fa meraviglia, però, che uno storico come il Giannotti, che nella sua opera esalta Tuscania anche per cose di poco conto, non si soffermi a parlare dell’Acquaforte di S. Savino. Ritengo che non lo faccia forse perché, verso la fine del Cinquecento, i Tuscanesi la frequentavano poco, per motivi diversi: anzitutto è probabile che la strada fosse divenuta impraticabile, poi, dai documenti dell’archivio di quel tempo, traspare la tendenza dei Tuscanesi ad interessarsi maggiormente alle cure idropiniche con l’acqua diuretica della fontanella di S. Angelo, molto apprezzata anche dai vescovi locali, dai governatori forestieri, come i commissari di giustizia, che mandavano i loro inservienti con i muli carichi di barili a prelevarla[8]. Segue

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