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Fra le due guerre mondiali: articoli di giornale

Acquaforte

Parlò dell’Acquaforte il segretario comunale Giuseppe Cerasa in un suo libro, dedicato alle fontane di Tuscania e pubblicato alla vigilia della guerra, nel 1914, dal quale si desume che l’uso della sorgente e della vasca per i bagni, il transito per accedervi ed i lavori di manutenzione si effettuavano regolarmente senza alcuna contestazione[20].
Arriviamo, così alla primavera del 1922. In quel periodo si rileva qualche bisticcio tra Tuscanesi e Martani per il diritto di transito, almeno così sembra trasparire dall’articolo che ora vi leggerò. Uscì sulle pagine del quotidiano “Il Messaggero” del 22 marzo 1922. L’anonimo autore (forse Giuseppe Cerasa?) sintetizzava brevemente nell’articolo le vicende dell’Acquaforte, puntualizzando l’affezione e la costanza con cui i Tuscanesi si servivano di quell’acqua; faceva cenno ad alcune diatribe insorte fra i Martani, proprietari del terreno, ed i Tuscanesi che si recavano a fare il bagno; ed, infine, invitava l’Amministrazione ad essere più solerte nella pulizia della vasca, che lasciava in quel periodo un po’ a desiderare:
 
“TUSCANIA, 21
Fra le varie tenute del nostro territorio è nota, se non per estensione, per importanza di ricchezze naturali, la tenuta di S. Savino. Dista appena 4 chilometri dalla città. Fu di proprietà anticamente della Camera Apostolica poi del Sacro Collegio dei Cardinali, con servitù e diritti di semina dei Martani e a diritti di pascolo estivo promiscuo fra i Tuscanesi e i Martani. E’ attraversata dal fiume Marta e, sulle sponde del medesimo, abbiamo entro la tenuta tre grandissimi stabilimenti di produzione di energia elettrica. In San Savino è quella copiosa sorgente di acqua potabile purissima, che fin dai primi del ‘600, alimenta le pubbliche, monumentali nostre fontane; e, con ricchezza di distribuzione, trovasi in quasi tutte le nostre case di abitazione e rende produttivi gli ubertosi orti.
Anche in San Savino, è la sorgente di acqua potabile che va a Tarquinia e fino alla stazione ferroviaria di Civitavecchia. Ma un’altra cosa importantissima abbiamo in S. Savino. Là esistono varie sorgenti di acque minerali, ed una sorgente di acqua termale solfurea formante l’antico “bagno” dei cittadini di Tuscania. Da “ab immemorabili”, ivi, i Tuscanesi ebbero le loro terme. E noi leggiamo in un verbale del consiglio comunale del 21 settembre 1624 fra l’altro: “Havemo nel nostro territorio nella bandita di S. Savino un’acqua buonissima contro le malattie della pelle et altre infermità, etc... e si delibera ridurre il bagno di S. Savino in migliore stato, etc”.
E nei secoli, ininterrottamente, in modo continuo, la popolazione tuscanese si servi di quelle acque minerali, di quel bagno termale. E il Comune ogni anno vi fece i lavori di riparazione e di protezione necessari. Anni addietro il comune di Marta, valendosi dei suoi diritti civici nella tenuta chiese, in confronto del Sacro Collegio del Cardinali, la proprietà della tenuta. E, nella causa, fu chiamato anche il comune di Tuscania. La Giunta, con sentenza del 27 gennaio 1907, assegnò ettari 88 della Tenuta a Tuscania, e la rimanente parte, con l’assegno di un corrispettivo al Sacro Collegio dei Cardinali, fu assegnata in piena proprietà al Comune di Marta.
Il Comune, nelle sue conclusioni, fra l’altro, aveva anche domandato: dovessero restar ferme, o, per lo meno, dichiararsi riservate le ragioni di Tuscania nella tenuta stessa dell’uso pubblico della sorgente dell’acqua termale e della strada per la quale ad essa si accede. E la Giunta, naturalmente, dichiarò sfuggire alle proprie attribuzioni il giudicare sulla domanda, perché venisse continuata la servitù di accesso e di uso delle acque termali e minerali della tenuta di S. Savino per parte della popolazione tuscanese. Dal 1907 la popolazione tuscanese continuò, come continua, a rimanere in possesso di quelle acque; e a servirsene. Il Comune continuò, annualmente, a provvedere ai lavori di spurgo e di protezione di quel bagno. Senonché or sono due anni i lavori sono mancati; e la popolazione si è servita del bagno, benché divenuto indecente. E, peggio, qualche Martano avanzò vaghe minacce tendenti a volere impedire ai cittadini tuscanesi l’accesso a quelle acque minerali.
Intanto la stagione dei bagni si approssima. E noi presentiamo ai dirigenti l’Amministrazione i desideri della cittadinanza tuscanese, perché nella prossima stagione estiva il bagno non solo venga spurgato e pulito; ma vi si facciano anche tutti quei lavori che lo rendano rispondente ad ogni decenza ed alla più elementare igiene, provvedendo altresì a migliorare, almeno nei punti più scabrosi, la strada d’accesso. E sarà pur necessario prendere quei provvedimenti preventivi atti a tutelare la nostra popolazione da qualsiasi molestia, anche ad evitare conseguenze gravissime. Si porti adunque la cosa al Consiglio, ma presto, perché si provveda a tutto in tempo. E insisteremo e qui e al Consiglio, perché si provveda davvero”[21].
 
Gli articoli sull’Acquaforte continuarono ancora (sinceramente non sono riuscito ad organizzarmi per andare all’Emeroteca di Roma e compiere un’accurata ricerca: spero che lo faccia qualche altro più solerte di me). Ne ho trovato uno del 1930, il cui anonimo autore (potrebbe essere Giorgio Berlutti?) dalle colonne del “Giornale d’Italia” del 23 settembre ribadiva ancora i diritti dei Tuscanesi, lamentando, però, qualche carenza nella manutenzione della vasca adibita ai bagni. Ma ascoltiamo il suo diretto intervento:
 
“TUSCANIA, 21
In queso periodo di riposi. e di villeggiature estive, abbiamo avuto modo di leggere inni lirici, pittoresche descrizioni di località, esaltazioni della bontà delle acque minerali di cui sono sì ricche le nostre terre. Abbiamo pure rilevato, con compiacimento, l’opera validissima svolta dal Dopolavoro di Viterbo per la migliore valorizzazione delle acque termali dei vecchi bagni presso il Bullicame e quelle del Bagnaccio.
Più volte dunque, il nostro pensiero si è volto alle acque minerali solfuree ferruginose delle quali è dotata Tuscania e che mancando le cure necessarie, rimangono in stato di completo abbandono.
Con vera nostalgia abbiamo ricordato più volte che, da ragazzi, andavamo a sguazzare nella piscina dell’antichissimo “Bagno” dell’acqua solfurea ed a dissetarci nelle sorgenti potabili che contengono ferro e zolfo. Nel tempo stesso ci ritornava alla mente ciò che hanno sempre affermato i nostri vecchi sulle qualità medicamentose di quelle acque, sia per guarire malattie della pelle sia per disturbi intestinali, ingrossamenti della milza in malarici, ecc.
Negli atti comunali si accennna ripetutamente all’importanza delle nostre acque.
Se risaliamo ad epoca alquanto lontana, e cioè al 21 settembre 1624, leggiamo nel resoconto della seduta consiliare: “Havemo nel nostro territorio nella Bandita di S. Savino un’acqua buonissima contro la rogna ed altre infermità, etc.”. Ed il Consiglio deliberava: “ridurre in quel stato che indicherà a proposito il Bagno di S. Savino nel nostro territorio”. E nei secoli il Comune si occupò continuamente del Bagno, stanziando annualmente somme per ripulirlo e per erigervi ogni anno un capanno. Da qualche anno a questa parte non si provvede più nemmeno alla modesta costruzione di paglia.
Nelle colonne del “Giornale d’Italia” più volte abbiamo posto in evidenza l’importante problema, esprimendo il voto di un sollecito ed efficace intervento delle autorità, affinché siano utilizzati il bagno e le sorgenti dell’acqua ferruginosa posti l’uno e le. altre in condizioni decorose ed igieniche.
Precedenti Amministrazioni comunali hanno obbiettato non essere il caso di fare costruzioni per il Bagno, in quanto la tenuta di S. Savino, un dì proprietà promiscua fra il Collegio dei Cardinali, i Comuni di Tuscania e di Marta, per la zona in cui si trovano le sorgenti di acque minerali, è passata, per sentenza 27 gennaio 1907 della Giunta d’Arbitri, in proprietà del Comune di Marta.
A nostra volta abbiamo osservato, sempre nelle colonne di questo giornale, che il diritto della popolazione di Tuscania sulle acque stesse è stato mantenuto ed esercitato anche dopo il 1907 e tuttora lo si esercita. Del resto il Comune ha fatto le sue riserve innanzi alla Giunta in merito ai propri diritti sulle sorgenti delle acque minerali. La Giunta ha detto chiaramente: “Il giudicare sulla domanda perché venga continuata la servitù di accesso e di uso delle acque termali e minerali a beneficio della popolazione di. Tuscania sfugge alle attribuzioni di questo consesso”. Un complesso di fattori dunque dimostra che i diritti della popolazione stessa sono rimasti impregiudicati.
Soltanto non è stata svolta alcuna azione atta a sostenere la questione. E’ mancata la volontà di fare. E noi segnaliamo la cosa al Dopolavoro ed in particolare al locale fiduciario, geometra Giuseppe Pierdomenico, ed al Commendator Pocci [Enrico, podestà, n.d.r.], affinché si attuino quelle misure che rimettano in piena efficienza, nell’anno venturo, il nostro antico Bagno. Riteniamo che il periodo di un anno sia più che sufficiente per ogni sistemazione, per definire la pratica e per l’esecuzione dei lavori necessari.
Certo, non possiamo aspirare al sorgere di una vera stazione climatica, con tutti i suoi conforti. Sarà intanto un passo notevole compiuto a vantaggio di tutti.
Il nostro fervido augurio è dunque che la popolazione di Tuscania e quelle dei Comuni vicini possano nella prossima estate ristorarsi e curarsi nelle acque dell’antico Bagno di S. Savino e che alle fonti dell’acqua sulfurea ed a quelle dell’acqua ferruginosa si compiano quelle innovazioni che le regole igieniche impongono”[22].
 
L’autore di questo articolo riuscì certamente ad ottenere gli effetti desiderati, perché il bagno tornò in piena efficienza, almeno fino al terremoto del 1971. Segue


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