Angelo Tartaglia da Lavello (1413-1421)

La Signoria di Tuscania

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Di qui una sorta di riconsiderazione diplomatica da parte del cardinale Isolani della questione Tartaglia che giunse alla trattative di Sutri, del settembre 1416 tra il cardinale Stefaneschi, in rappresentanza di Roma (e della Chiesa di Giovanni XXIII) e Tartaglia (Introd., § 34); giungendo ad un documento di intesa (Atto di Concordia)[1] con condizioni talmente favorevoli al signore di Tuscania, da far emettere giudizi su di lui così negativi che pesarono negli anni seguenti sulla sua considerazione.[2] Tartaglia soddisfatto di ritirò a Tuscania.

            Nell’autunno del 1416 Siena, che si accingeva a muovere guerra contro gli Orsini di Pitigliano, nella bassa Toscana, avevano assoluto bisogno dell’appoggio e della partecipazione del Tartaglia.[3] Questi promise tutto il suo appoggio e si fece anticipare molti fiorini d’oro, ma non mosse alla guerra, preso con probabilità da problemi “romani” e dalla gestione di affari riguardanti l’ampliamento e la sistemazione della sua residenza.

In questi anni per difendere meglio la propria roccaforte  tuscanese, Tartaglia fece costruire un nuovo tratto delle mura civiche a ridosso della sua residenza, nel lato sud, come ci hanno rivelato recenti ricerche[4], modificando il vecchio tracciato e di fatto iniziando quelle modificazioni urbanistiche che portarono all’abbandono dei vecchi quartieri altomedievali di S. Pietro, di Monte, e, in parte, di Valle, con la ridefinizione moderna del centro abitato, composto dai tre quartieri situati verso nord: Poggio, Castelli e Valle. In questo periodo fu anche ristrutturata, fortificata ed elevata la torre che porta ancora il nome di Torre di Lavello[5], sulla quale, a mezza altezza, sui quattro lati, si trovano le insegne del Tartaglia che sovrastano lo stemma della città di Tuscania.

 Sempre nel 1416, veniamo a conoscenza che era al servizio del condottiero lavellese un giovane di Tarquinia con funzioni di segretario e educatore del figlio Gaspare, tal Giovanni Vitelleschi[6] il quale diverrà soldato del Tartaglia, amico fraterno di Gaspare, ma più di tutto potente cardinale della curia romana al tempo di Martino V.[7]

            Nei primi mesi del 1417, (come ci illustra ampiamente ed esaurientemente G. Giontella nel suo contributo al presente Convegno) dietro le insistenze di Siena, in guerra ormai con gli Orsini, Tartaglia dovette lasciare le comodità del proprio palazzo e mostrare di partecipare a quel conflitto - aveva già ricevuto diverse migliaia di fiorini per il suo appoggio militare – e come scrisse un emissario di Siena: questa volta finalmente il Tartaglia si mosse con tutto il suo esercito, in grande pompa e bardature, sfilando con tutti i cavalieri, soldati e scudieri davanti al popolo di Tuscania accorso a vedere il proprio Signore in parata. Ma Tartaglia combatté poco e non si fece coinvolgere da quella guerra preso com’era da ciò che accadeva a Roma: essenziale per i suoi interessi e i possedimenti di Tuscania. Infatti nella tarda primavera di quell’anno, Tartaglia si fece trascinare dal suo potente alleato Braccio, alla impossibile conquista di Roma (Introd., § 35 e segg.), subito vanificata da Muzio Attendolo Sforza e altri alleati, intervenuti per conto di Giovanna II di Napoli (Introd., § 36). Ad agosto, in fuga da Roma, Braccio si ritirò a Perugina e Tartaglia a Tuscania.

            Lo Sforza, sempre più ostile a Tartaglia, talvolta suo alleato per necessità, ma ormai rivale, vedendolo isolato a Tuscania, tentò un attacco a sorpresa per farlo fuori. L’agguato ci è narrato con

[1] In Guido Levi, Nuovi documenti sulla legazione del Cardinale Isolano, Roma 1880, pp. 25-29.

[2] G. Levi, 1880, cit., p. 5; fino alla condanna di Martino V e, da un punto di vista storico, per l’ostracismo subito dal Tartaglia fin quasi ad oggi. 

[3] G. Giontella, suo contributo al presente Convegno.

[4] David Andrews, The walls of  Tuscania. A study in medieval urban topofraphy and defence, 3 BAR, International Series,125, Oxford 1982, pp. 164-165-188-215.

[5] Per la torre vedi lo studio di Denys Pringle, Medieval towers in Tuscania, in “Papers of the British School at Rome” vol. XLII, 1974, p. 207-209, in cui è messo in evidenza che Tartaglia fece foderare una precedente torre risalente ai secoli XII – XIV, rendendola più alta e possente.

[6] Che Giovanni Vitelleschi avesse frequentato in gioventù l’esercito di Tartaglia e la sua casa a Tuscania come educatore del figlio Gaspare, ci anche confermato – forse sulla scorta delle memorie di Gaspare stesso – da C. Tonini in La cultura letteraria e scientifica in Rimini, 1884, p. 95. 

[7] Ugo Reale, Il cardinale diabolico, vita di Giovanni Vitelleschi, Milano 1991.