Lettera a Monna Agnesa da Toscanella - Toscanella - Angolo del Cav. Luigi Tei

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Lettera a Monna Agnesa da Toscanella

Storia - Cultura > Caterina da Siena

LETTERA A MONNA AGNESA DA TOSCANELLA

A monna Agnesa da Toscanella serva di Dio, di grandissima penitenzia

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fare uno vero e reale fondamento, acciocchè vi si possa ponere su ogni grande e buono edificio, che neuno vento contrario il possa dare a terra. Non vi maravigliate perché io dica ch'io desideri di vedervi fare uno vero fondamento: ché pare uno cotale parlare come se ora cominciassimo a edificare la città dell'anima nostra. Egli è tanto tempo, che parve che noi volessimo cominciare a fare questo fondamento; benché io confesso che io nol feci mai: ma la cagione perché io dico che ora 'l cominciamo a fare, è, perché ogni dì di nuovo l'anima debbe cominciare a fare questo principio. Poiché abbiamo veduto che ci conviene fare questo fondamento; ora vediamo dove, come, e in che.

Dicovelo. Il luogo è il vero cognoscimento di noi: il quale cognoscimento si cava nella valle della vera umiltà. E in che modo? col lume della santissima fede; cavando con le mani dell'odio l'affetto del disordinato amore, il quale è quella terra, che ingombra l'anima: e vuolsi riempire con le pietre delle vere e reali virtù, con la mano dell'amore con affocato e santo desiderio.

E che ci porremo su? la fame dell'onore di Dio, e della salute dell'anime; imparando dall'umile e immacolato Agnello, seguitando la dottrina sua; la quale dottrina non c'insegna altro se non d'amar lui sopra ogni cosa, e 'l prossimo come noi medesimi. E però l'anima prudente, che ha fatto il suo principio nel cognoscimento santo di sè per lo modo detto, dove ha cognosciuta la grande bontà di Dio e l'amore ineffabile ch'egli ci ha; ella s'innamora di lui, e di quello che egli pur ama, cioè la creatura che ha in sè ragione; e però subito si pone alla mensa del santo desiderio di prendere il cibo dell'anime, e d'uccidere in sè la propria volontà, e vestirsi delle virtù per onore di Dio.

E questa volontà si debbe uccidere non mezza, ma tutta. Sapete quando s'uccide pur mezza? quando l'anima taglia l'affetto suo da queste cose transitorie, tagliandone l'amore sensitivo, e piglia di fare la volontà di Dio; il quale vuole che noi ce ne spogliamo. Rimane mezza morta, essendo morta in questo; e mezza le rimane viva, cioè nelle cose spirituali, cercando le proprie consolazioni, eleggendo tempi e luoghi e consolazioni a modo nostro, e non a modo di Dio: la qual cosnon si debbe fare. Anco, dobbiamo liberamente e schiettamente servire il nostro Creatore, e a lui lassare discernere e tempi e luoghi e consolazionni a modo suo. Però ch'egli è il medico, e noi siamo gl'ínfermi; onde a suo modo dobbiamo ricevere e pigliare la medicina. Bene è stolta e matta quell'anima che vuole andare a suo modo. Pare che si reputi di sapere più che Dio, e non se n'avvede. Egli è pur cosi; perchè le è velato con questo colore, che la pare essere più piacevole a Dio nel modo suo, che in quello che l'è permesso da Dio. Per questo modo spesse volte riceve grandissimi inganni. E onde viene la cagione che la volontà sta viva in questo? dall'amore che ha conceputo alle proprie consolazioni, avendo fatto in esse il suo fondamento.

Alcuni il fanno nelle visioni e rivelazioni, onde traggono gran diletto, quando ne ricevono; e non ricevendone, hanno pena. Questo non è buono principio. Perocchè spesse volte crederanno che ella sia da Dio; e ella sarà dal demonio. Per chè il demonio ci piglia con quest'amo che egli ci vede più atti a ricevere. E anco alcuna volta ci permetterà le molte consolazioni mentali Dio, non acciò che noi ci poniamo il principale affetto, ma perchè ragguardiamo all'affetto di lui donatore più che al dono: poi in un altro tempo non ce le darà, ma darà altro sentimento o di molte battaglie, o tenebre e sterilità di mente; onde l'anima ne viene a grandissima pena, e parle essere privata di Dio quando è privata di quello che ama. E Dio il permette per levarla dalla imperfezione, e farla venire a perfezione; o per levarla dall'appetito delle revelazioni, e farla notricare alla mensa del santo desiderio, nel quale ella debbe fare ogni suo principio.

Alcuna volta sono molti che ricevono inganno nella penitenzia. Questo è quando la creatura si pone per principale affetto la penitenzia, e attende più a uccidere il corpo che la propria volontà, colà dove ella debbe uccidere la volontà e mortificare il corpo: e tanto amore vi pone, che non gli pare potere avere Dio senza questa penitenzia. Questo fondamento non è sufficiente da ponervi su grandi edifici: anco, è molto pericoloso e nocivo all'anima. E però non si debbe ponere per fondamento; ma per la parete: e il principio suo fare sopra l'affetto della dolce carità, e nelle virtù intrinseche dell'anima, le quali non si perdono mai per luogo nè per tempo, se noi non vogliamo, e non ci possono essere tolte da neuna creatura. La penitenzia si debbe pigliare per strumento, e usare per augumentare la virtù, e non per mortificare il corpo; ma non per principale affetto. Chi fa altrimenti, inganna molto sè medesimo. Ben debbe la persona cognoscere, che la penitenzia gli conviene fare a tempo; perocchè in ogni tempo non le è possibile seguirla come ha cominciato: perché il vassello del corpo, quando è mortificato e macerato uno tempo, non può così l'altro; non potendo, ha pena, e parle essere reprovata da Dio. La mente ne rimane tenebrosa, perchè è tolto via quello, onde le pareva ricevere il lume e la consolazione. Questo
le adiviene perchè ha fatto qui su il suo principio. Questi cotali sono atti ad avere pur assai fadiga, ma poco frutto. Sono atti a mormorazione e a giudicio inverso coloro che non tenessero per la via della penitenzia, perchè tutti gli vorrebbero vedere andare per quella via che vanno essi; e non se n'avveggono: e quasi pare che vogliano ponere legge allo Spirito Santo che ci chiama e guida per diversi modi, chi per penitenzia e chi per altro modo; chi con poca, e chi con molta, secondo la possibilità della natura; e chi se ne va solo coll affocato desiderio. E questi sono quelli che fanno il grande guadagno: corrono tutti illuminati, liberi e senza pena; perchè hanno morta la volontà loro. Non danno giudicio; ma godono di vedere tanta diversità di modi ne' servi di Dio, perchè veggono che nella casa del Padre nostro sono molte mansioni, e che egli ha che dare.

Questi non ricevono pena per privazione di consolazioni, anco, ne godono per odio santo che hanno di loro, reputandosi degni della pena, e indegni del frutto che sèguita dopo la pena. Non attendono a cercare sè per sè, ma sè per Dio; e Dio non amano per proprio diletto, ma per la bontà sua, che è degno d'essere amato da noi; e il prossimo amano perchè ci è comandato; e hanno veduto col lume della fede viva che Dio lo ama ineffabilmente; e però essi l'amano. In questa vita gustano l'arra di vita eterna, perchè hanno morta la volontà in tutto, e non a mezzo, ma nelle cose spirituali e temporali.

O carissima suoro, non credete, nè caggia nella mente vostra, che io vi spregi la penitenzia corporale. No: anco, la commendo in quanto ella sia posta per strumento, come detto è; ma non per principale affetto. Per altro modo, ne riceve remmo moltissimi inganni. Dobbiamo dunque fare uno principío d'uno cognoscimento di noi, e di Dio in noi; tutte schiette e liberali correre alla mensa della santissima croce; dove noi troviamo il fuoco della divina carità; e, come affamate, a que sta mensa pigliare il cibo dell'onore di Dio e salute dell'anime,
satollandoci d'obbrobri, di scherni e villanie; sostenendo infino alla morte. Per questo modo seguiteremo la dottrina di Cristo crocifisso, il quale è via, verità e vita; e chi va per lui, non va in tenebre, ma giugne alla luce. E veramente egli è verità; che chi sèguita la sua dottrina, riceve lume di Grazia; tollegli la tenebra dell'amore proprio e della ignoranzia; e riceve una luce, cioè uno lume soprannaturale, col quale lume ha veduto e cognosciuto dove gli conviene fare il suo principio: e però l'ha fatto, e ha edificata la città dell'anima sua. Ha veduto con grande prudenzia quella cagione che impedisce la sua perfezione; e però in tutto la tolle da sè, e stringe e abbraccia quello che l'abbia a conservare e crescere nella perfezione. Dilargando il cuore e l'affetto nell'ardore della divina carità, non pensa di sè; ma pensa pure in che modo possa più piacere a Dio in cercare l'onore suo, e la salute dell'anime. E perchè vede che questo non potrebbe fare colla volontà viva, però si studia d'uccidere e annegare in tutto questa volontà, e di mortificare il corpo; in tanto che di neuna cosa pare che si curi, se non di vestirsi delle virtù. Onde se ella ha consolazione da Dio o dalle Creature per Dio; ella s'umilia, ricevendo con ringraziamento, e reputandosene indegna: e se ella ha tribulazione, tentazione o tenebre di mente;ella le riceve con pazienzia e con amore, cognoscendo che ciò che Dio le permette di qualunque cosa si sia, gli le dà per amore per farla venire allo stato perfetto, del quale ella ha desiderio. Se ella è rimossa dalla sua penitenzia, che ella faceva per mortificare il corpo, o per obbedienzia o per non potere, ella se ne pone in pace, e non ha tempesta, nè amaritudine nella mente sua; perchè non aveva fatto in essa il suo fondamento, ma nell'affetto delle virtù: e però non ha pena.

Tutto il contrario fanno coloro che hanno fatto il loro principio solo nella penitenzia, perchè la volontà loro è viva e non morta; onde hanno pena intollerabile quando ne sono fatti levare, o quando per necessità le conviene loro lassare; cioè, quando per mancamento di natura non possono seguire quello che hanno cominciato, vèngonne ad impazienzia in loro medesimi, e a dispiacere verso chi gli lo impedisce. E volendo giugnere a perfezione, vengono a imperfezione.

Adunque, carissima figliuola, facciamo il nostro principio e vero fondamento non in cosa imperfetta, ma in cosa perfetta, cioè nel vero cognoscimento di noi, come detto è; con desiderio delle virtù, le quali non ci possono essere tolte; notricandoci alla mensa del santo e vero desiderio, satollandoci degli obbrobri dell'umile Agnello. Perocchè in altro modo non potremmo piangere con umili e continue orazioni sopra il figliuolo morto dell'umana generazione, nè sopra il corpo mistico della santa Chiesa, la quale oggi vediamo in tanta tribulazione. Vedendo io, che altro non ci è migliore per lavorare in noi e in altrui, che fare questo dolce principio; dissi che io desideravo di vederti fare uno vero e reale fondamento, acciocchè ci possiamo edificare su virtù vere. E così vi prego per l'amore di Gesù Cristo crocifisso che facciate; e non vogliate usare indiscrezione per poco lume, di darvi tanto ad uccidere il corpo: ma in tutto uccidete
la propria volontà, che non cerchi nè voglia altro che Dio a modo suo e non a vostro. Altro non vi dico.

Di quello che mi mandaste a dire, d'andare al Sepolcro, non mi pare che sia da andarvi per questi tempi: ma credo che sia più la dolce volontà di Dio che vi stiate ferma, e gridiate continuamente con cordiale dolore nel cospetto suo, e con grande amaritudine di vederlo offendere tanto miserabil mente; e specialmente dall'eresia che è levata dagl'iniqui uomini per contaminare la nostra fede, dicendo che papa Urbano VI non è vero papa. Il quale è vero sommo pontefice e vicario di Cristo: e cosi confesso nel cospetto di Dio e dinanzi alle creature. Bagnatevi nel sangue sparto per noi con tanto fuoco d'amore: e a me perdonate se troppo prosuntuosamente avessi parlato. Pregate Dio per Cristo in terra, e per me, che mi dia grazia che io dia la vita per la sua verità dolce. Per manete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

 
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