Il conte Bertoldo invoca aiuti al Concilio di Costanza; nuove esortazioni dei Senesi al Tartaglia - Tartaglia-new

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Il conte Bertoldo invoca aiuti al Concilio di Costanza; nuove esortazioni dei Senesi al Tartaglia

Contratto di condotta
Intanto il conte Bertoldo Orsini, dopo essersi recato al Concilio di Costanza, era rientrato impunemente nelle sua Pitigliano. Egli aveva ottenuto che alcuni cardinali, fin dal 16 febbraio 1417, scrivessero ai Senesi, intimando loro di lasciare in pace i conti Orsini e di togliere l’assedio a Pitigliano e a Sorano. A Siena si era venuto a sapere che alcuni emissari dei cardinali in Concilio erano entrati in Italia e, travestiti da pellegrini, stavano consegnando lettere a molti capitani e a vari signori dell'Italia centrale per perorare la causa a favore dei conti Orsini di Pitigliano. I Senesi davano ordini che a tali emissari non si rilasciassero i salvacondotti per transitare e, soprattutto, si impedisse loro l’accesso a Pitigliano e a Sorano[63].

Quindi i Senesi, il 20 marzo 1417, comunicarono al loro ambasciatore in Tuscania, Giovanni di Tomasso Luti, che una lettera analoga era stata spedita da alcuni membri del Concilio di Costanza ed era arrivata, o stava per arrivare, anche al Tartaglia: i cardinali invitavano il capitano ad abbandonare la causa dei Senesi e a lasciare in pace i Pitiglianesi e Soranesi. Pertanto i Senesi raccomandavano al loro ambasciatore in Tuscania di convincere caldamente il Tartaglia a "stare fermo nel suo buono proposito", anzi di raggiungere quanto prima il campo dell'esercito per prendere parte all'assedio delle due cittadine ostili[64].

Contemporaneamente i Senesi rispondevano ai cardinali protestando che la colpa della guerra era imputabile esclusivamente ai conti Orsini e chiedendo ai membri del Concilio di non interferire più in questa questione!

Si capiva che ormai i Senesi cercavano ogni mezzo per affrettare i tempi, in modo da risolvere quanto prima il conflitto, perché, una volta eletto il nuovo Pontefice, il suo arrivo a Roma avrebbe vanificato ogni pretesa sulla contea Orsina.

Fin dal 17 marzo 1417, pertanto, essi avevano ordinato al loro ambasciatore in Tuscania (Giovanni di Tomasso Luti) di pregare il Tartaglia affinché partisse immediatamente con le sue truppe, e di promettergli che ogni suo suggerimento strategico sarebbe stato accolto ed attuato. L’ambasciatore Giovanni doveva promettergli, inoltre, "che a tutti i nostri soldati, da cavallo e da pie', et a’ nostri officiali et commissarii, et anche al nostro capitano generale della guerra (Ranuccio Farnese) sarà imposto et comandato che ubidiscano ad ogni suo comandamento, come se dalle nostre proprie persone lo fusse comandato"[65]. 

Sembrava quasi una nomina a "dittatore", in realtà erano solo parole, perché tale trattamento si rileva nei documenti d'Archivio per almeno altri tre o quattro capitani. In realtà il capitano generale "titolare" rimaneva sempre Ranuccio Farnese, mentre i veri conduttori della guerra erano i commissari della Signoria di Siena.  
 
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