Angelo Tartaglia di Lavello
Scrisse Secondiano Campanari : “Dei condottieri d’arme di che allora era piena l’Italia e nella guerra reputatissimi andava in voce Angelo di Lavello Tartaglia prode uomo e gagliardo, di animo vasto e rivolto a grandi ed animosi fatti … Sapeva costui come ispauriti e sbattuti i toscanesi dalla strage dell’Orsini, lontani da ogni nuovo sospetto di violenza, disarmati o inutili alla difesa, vivessero abbandonati con poca guardia; perché pensava che introdotto in un subito buon numero di gente eletta la quale opprimesse sprovvedutamente i capi del magistrato nelle proprie lor case, era agevole l’impadronirsi della terra. … levato l’esercito dalla vicina Toscana dove stavasi con sua gente e dello Sforza di Cotignola al servigio della repubblica ( di Siena ) e camminando con la gente in schiera tacitamente, avvicinossi di furto alle mura, e spenta la notte, giù assaltò gagliardamente due porte della terra, che sfasciate e sturati i passi accolsero dentro il nuovo e feroce scherano. E per un pezzo s’affaticò per ritenerlo, nato un contrasto, il debole presidio ch’era alla difesa dell’entrate; ma, prevalendo gli assalitori in numero ed in virtù, furono astretti (costretti) i difensori a sottrarsi. Avuto il Tartaglia per forza il paese, lo corse e rubò d’ogni sostanza, e di molta preda; le ruberie, le presure, le rapine di che visse sempre costui ne’ tredici lunghissimi anni (1409-1421) che tenne la terra a malvagia ed iniquissima tirannia. … e aveva 2500 cavalli di buon apparire dentro la città dov’era despota e d’onde mandava suoi comandamenti alle terre soggette taglieggiando baroni, vassalli, cittadini e facendoli al bisogno impiccare, o tagliare a ghiado (con la spada) dal balio (balivo cioè dal giudice) e da sergenti che assai bene conformavansi alla maniera del signore.

E i giudizii suoi erano ingiusti, la taglia che poneva a’ cittadini grandi , popolani e nobili gravissima. Venuto il Tartaglia nella grazia del papa, concedevasi a lui in vicariato (nel 1410 e poi in contea nel 1421) Toscanella colle usurpate castella, e spedivalo l’anno appresso il papa nel regno di Napoli a danni della regina Giovanna, amica prima, nemica allora al pontefice, per unirsi allo Sforza e a Lodovico d’Angiò che arrivato era al mezzo agosto di quell’anno con sue galee e forte ciurma e soldatesca per combattersi al pari con lei. Ma siccome fu vero sempre che se campa il ladro dalle forche una volta e non v’ha guari (molto) che v’è menato; era l’ora del tempo suonata che questo ghiotto (avido) da capestro (da impiccare) dovesse finalmente mal capitare; perché entrato lo Sforza in sospetto che costui, gettata via la fede promessagli, portata a Braccio cercasse vituperarlo e fargli mal garbo (atto scortese), fattolo collare (con la corda al collo) e mettere al tormento, seppe cose sue per sua confessione che a lui ne seguì vergogna assai e assai pericolo, sicché, mozzatogli il capo, lo si levò dinanzi. Né mai furono i tuscanesi sì lieti quanto allora, sentita la novella ; e fuochi e baldorie e festa si fece per più dì ed allegrezza grandissima e solenne quanto mai in alcuna città per alcuna propria vittoria si facesse. E fecero popolo colla insegna a croce del Comune, a cui diedero la guardia della terra, e la sbirraglia del Tartaglia rimossa , elessero lor capitano, gonfaloniere e anziani del popolo che, al modo che anticamente adopravano, pigliassero lo stato e la signoria della città, riformato il consiglio senza deliberazione del quale nulla spesa o gran cose si potesse arrischiare ed imprendere.



Il Cardinale Consalvi
Nei catasti del 1500 di Toscanella si legge che, all’epoca, risiedeva in città Ercole di Consalvo il quale possedeva dei terreni nella contrada del fosso Capecchio. Il nome Consalvo ha un’origine germanica e significa “colui che ha il coraggio di proteggere”; poi il cognome ha preso la vocale i finale. Probabilmente questa famiglia era di origini longobarde e la loro presenza nel Ducato di Benevento, estrema propaggine meridionale del dominio longobardo in Italia nelle attuali regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Molise e Abruzzo, fece diffondere in quelle zone il loro cognome.


I Gesuiti a Toscanella




Lidia Montesi educatrice, Angelo di conforto e anima eletta




I servi di S.Maria e la Chiesa rinascimentale dell’Olivo a Toscanella (Tuscania)

La Comunità di Toscanella finanziò l’opera nel 1544 e furono nominati santesi per la fabbrica Antonio Francesco Vincenzi, il presbitero Giuliano e Giovanbattista Loddi. In quell’anno vi viveva l’eremita Domiziano Aromatario.

Dall’analisi dello schema compositivo della fabbrica è emerso che il progetto della facciata e della pianta della chiesa si basa su un disegno ben studiato ed elaborato, basato su canoni di proporzionamento classici e su precise costruzioni geometriche. L’adozione di un simile procedimento compositivo per la progettazione dell’opera è sicuramente in linea con gli stilemi sangalleschi e ciò conferma quanto dedotto dai documenti d’archivio.
Un tempo erano confinanti i beni di Maurizio di Giacomo, di Augusto Mattuzzi, di Antonio Marcucci, di Giovanni Paolo Filippi.
Il tuscanese Gentile Capogallo aveva lasciato una donazione a questa chiesa. Nel 1590 fu priore frate Stefano da Milano.

Mastro Giovanni Sartori da Pistoia, restauratore delle piazze e delle strade di Toscanella ed i suoi discendenti
Lo stesso giorno gli assessori Gerolamo Giannotti e Pietro Paolo Brunacci con i consiglieri comunali Pietro Paolo Giannotti, Giuseppe Ricci, Domenico Marcelliani, il capitano Pietro Antonio Bassi, il capitano Ignazio Brunacci, Francesco Antonio Miniati, Domenico Pagliaricci, Lorenzo Bassi ed il capitano Carlo Brunacci deliberarono che i concittadini Domenico Marcelliani e Marcelliano Vasconi fossero deputati ad assistere alla custodia delle porte, nel doverle chiudere e serrare la notte, acciocché non fosse estratto dalla città il grano , il pane ed altro in un anno molto scarso di questi generi necessari. Poi si passò a discutere circa la strada Maestra rovinata e dirupata da restaurarsi. Atteso il dilavamento di fronte alle case dei Sarnani e dei Mansanti , lungo la via che conduce alla Porta di Montascide, che rovinò anche i condotti della fonte di San Marco, fu necessario procedere ai lavori e si intimò ai padroni laterali delle case distrutte affinché dichiarassero se volevano o no riedificare le suddette loro abitazioni. Essendo un argomento molto importante si radunò il Consiglio Generale ed entrarono anche : Sebastiano Attanasi, Silvestro Silvestrelli, Benedetto Turriozzi, Marcelliano Vasconi, Lorenzo Miniati, Angelo Turriozzi e Vincenzo Turiozzi, i deputati ecclesiastici : il priore Giacomo Felice Sarnani, il canonico Bernardino Turriozzi ed i consiglieri popolari: Silvestro Cerasa, Francesco Fiori, Giuseppe Settimi, Antonio Cicoli, Paolo Rosati, Giovanni Vincenzo Paoletti, Vincenzo Campanari, Filippo Catarci e Domenico Dottarelli; anch’ essi deliberarono, come nel precedente consiglio segreto, aggiungendo che, non potendosi passare per quella strada rovinata, restava pregiudicato l’uso dell’acqua per i cittadini. Il 3 giugno presenti il conte Tommaso Fani Gonfaloniere e, oltre agli altri , anche Giovanni Battista Pettirossi, si disse che era ben noto a tutti lo stato in cui si trovava la strada Maestra che era impraticabile con danno per tutta la Città, sia per l’impedimento dei traffici, come per la chiusura della fontana, e, pertanto, decisero di effettuare i lavori e di intimare formalmente e costringere i proprietari adiacenti , Bitossi , il conte Giuseppe Brugiotti nipote ed erede di Artemisia Mansanti e di Alessandro Brugiotti viterbese, il marchese romano Ortensio Ceva Buzi erede di Cecilia Mansanti , Paolo Sarnani, Maria Maddalena Rimbaldesi erede di Caterina Mansanti e di Giulio Rimbaldesi fiorentino, affinché facessero presente se avessero voluto dichiarare di riedificare od assoggettarsi al rimborso della spesa occorsa.
Il 17 giugno si venne all’accensione delle candele, ad effetto di rinvenire gli oblatori che attendessero al restauro, in conformità della perizia preparata da Mastro Domenico Coccia, capo muratore da Viterbo, ma non vi furono offerte; il giorno otto luglio in una nuova accensione per ritrovare i piombi rimasti sotto le rovine , per spianare e battere il terreno, per la selciata da farsi con la calce ed i selci e per la nuova chiavica del condotto, vi furono le offerte di Domenico Coccia e di Giovanni Sartori e fu a quest’ultimo deliberata come migliore oblatore. Il 18 luglio la vigesima fu presentata da Mastro Giovanni Sartori ed il 29 luglio per il restauro in mezzo alle case distrutte dei Mansanti e dei Sarnani Paolo ed il fratello Giacomo Felice priore e vicario, deliberarono per Coccia che il 7 agosto promise e si obbligò ad assumere il peso di tutti i lavori ad uso d’arte. Poi, nel mese di settembre, durante i lavori accadde che con il nuovo terrapieno per colmare la “slamatura” venne racchiusa e serrata la cantina dei Rimbaldesi e dei Mansanti. I tempi erano stretti anche perché la strada era troppo importante e serviva anche l’acqua alla popolazione per la vendemmia. Nel frattempo Coccia continuò i lavori, ma nel mese di ottobre gli amministratori comunali scrissero che erano poco valevoli e malfatti e chiesero di far venire un architetto ben pratico. Furono molti e continui i mormorii, le strida, i clamori, le lagnanze, le seccature, le vessazioni ed i rimbrotti dei cittadini e dei passeggeri per il ritardo della costruzione e della riedificazione e perché non potevano nemmeno transitare i calessi. Il popolo biasimava, ad una voce, l’indolenza di tale affare, i forestieri restavano grandemente meravigliati come in una città si permetteva il tener devastate le due migliori strade urbane. A dicembre si aspettava ancora l’arrivo dell’architetto Orlandi.
Ma siccome presso la casa diroccata esiste la pubblica Fonte detta di San Marco ed ancor questa si trova in pericolo , a motivo dello stesso inconveniente dei profondi e larghi cavi di grotte che sono al di sotto, si dovrà anche provvedere alla di lei sussistenza, il che porterebbe anche la spesa ragguardevole non solo per il masso che si dovrebbe fare di sotto, ma ancora per rinnovare i condotti perduti dal “dirupamento” della strada, e si potrebbe trasportare la medesima fonte più addietro, accosto alle case che rimarranno dopo finita di distruggere la casa dei Sarnani, risparmiando così quella porzione di tubi di piombo che sarebbe necessaria per render l’acqua mancata , dopo la rovina , e ,per minor dispendio , servirsi dell’ornamento di altra fonte abbandonato . Tolta poi la detta fonte di San Marco dal sito dove ora si trova, potrà con facilità farsi riempire la grotta che è sotto di essa e render così egualmente ripiena tutta quella parte, che dovrà rimanere pubblica piazza.” Nel mese di febbraio si portò di nuovo a Toscanella l’architetto Clemente Orlandi, con un geometra, per ulteriori controlli. Il 14 aprile ancora si aspettava la sua perizia. Il 24 aprile il gonfaloniere Pietro Paolo Giannotti ricevette per il mezzo della posta la pianta colla relazione dell’Orlandi delle rovine e delle strade devastate, la lesse e la trovò uniforme al sentimento.
Il 25 agosto 1769, in relazione ai lavori delle altre strade urbane, la gara fu vinta in solido dai mastri muratori Giovanni Sartori, Domenico Coccia di Giuseppe da Viterbo, Sebastiano Maffei di Giuseppe da Viterbo, Giovanni Battista Ciotti fu Tommaso da Borgo San Sepolcro e Vincenzo Mancini fu Sante da Viterbo. Fecero la sicurtà Paolo Rosa fu Antonio, Luca Ugolini fu Giovanni e Marcelliano Lucchetti fu Giovanni Battista. Il primo settembre, ricordando la grande esperienza dimostrata nel lavoro delle strade sotto il palazzo di Lorenzo Bassi nel terziere di Poggio Fiorentino, alla presenza del gonfaloniere del popolo Giuseppe Ricci e dell’assessore Silvestro Silvestrelli, firmarono il capitolato d’appalto con i patti, le condizioni ed i capitoli da osservare esattamente ed inviolabilmente. Le selciate furono costruite formando le livellazioni, i “disbassi” ed i rialzamenti, con calce grassa, con buona pozzolana e col porre i selci in piedi in modo che uno connettesse all’altro ad uso d’arte. Furono presi alla cava della Piastrella ed il filo centrale o riga di mezzo si costruì con lastre di nenfro. I pozzetti e le chiaviche furono rinnovati. Ad effetto che tutte le strade fossero rese comode ed agiate, ben fatte e pulite i muratori sgombrarono i cementi, gli sterri, le immondizie e quant’altro. I pagamenti dei vari stati di avanzamento dei lavori furono effettuati dal Depositario comunale Angelo Turriozzi. Fecero sicurtà in solido Paolo Rosa fu Antonio, Luca Ugolini fu Giovanni e Marcelliano Lucchetti fu Giovanni. I testimoni furono Alessandro Vasconi fu Antonio e Benedetto Bottoni fu Giuseppe. Segretario l’orvietano Luigi Danielli Notaio pubblico Segretario rogante.
Giovanni Sartori si sposò con Caterina Vincenti e poi, da vedovo, con Teresa: ebbe otto figli: Giacomo, Maddalena, Francesco, Luigi, Clemente che riprese il nome del nonno pistoiese, Tommaso, Caterina e Vigula.- Francesco “caldararo”, figlio di Giovanni da Pistoia e di Caterina Vincenti tuscanese; fece i primi lavori della costruzione della cappella dei santi Martiri Secondiano, Veriano e Marcelliano nella cattedrale di San Giacomo Apostolo Maggiore intorno al 1780.
- Don Luigi Giovanni F. del 1829 che fu canonico della cattedrale e professore di lettere. Nel 1862 era cancelliere vescovile ed accompagnò il cardinale Gaetano Bedini, vescovo di Tuscania e Viterbo, nella visita pastorale diocesana. Nel 1863, in quanto guida spirituale della Confraternita della Misericordia, fece installare nella chiesa di San Giovani Battista un organo di incomparabile bellezza ed espressione, costruito da Camillo Del Chiaro di Fabriano. Ancora oggi vien utilizzato dai cori che cantano nel Santuario della Madonna Addolorata.

Le Chiesuole di Toscanella
LA CHIESA DELLA MADONNA DELLA NEVE. Questa chiesuola è una piccola dipendenza della concattedrale di San Giacomo Apostolo il Maggiore. Ha la facciata a capanna, il portale in nenfro con le cornici sagomate e le piccole finestre quadrangolari. L’immagine della santa Vergine Maria è miracolosa e per questo motivo fu eretto questo piccolo tempio. Si trova nel terziere di Poggio Fiorentino e poggia sulle mura castellane. Si festeggia il cinque di agosto. E’ addossata ad una torre delle mura che crollò nel secolo scorso. Ha un piccolo campanile ed un affresco della Madonna che allatta il Bambino Gesù. Vi si venera Nostra Signora della Neve, titolo legato alla basilica di Santa Maria ad Nives sul colle Esquilino di Roma che è il più antico santuario mariano dell’occidente. I festeggiamenti coincidono con la memoria della dedicazione di Santa Maria Maggiore in Roma, ricordando il leggendario miracolo della nevicata che ispirò papa Liberio a fondare il sacro edificio nell’anno 364.
LA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA PACE. Questa piccola chiesa si trova in uno di luoghi più sacri di Tuscania tra il Monastero di San Paolo ed il convento di San Francesco. Fu costruita sulle mura della città intorno al 1450 e fu dedicata alla pace trovandosi tra i frati francescani e le monache clarisse. Il dipinto della Madonna in trono con il Bambino è ora nella concattedrale. Si festeggia il giorno 11 di agosto. Ora vi si ammira un bel quadro del professore Piero Lanzetta ed una bella acquasantiera. La tradizione tramanda che fu eretta per i miracoli operati da nostro Signore per intercessione della gloriosissima Vergine Maria.
L’artista Antonio Arieti e la sua famiglia



Nel 1862 Antonio Arieti donò al comune alcuni suoi disegni e quadri ad olio: l’Adorazione, la Concezione e l’Incoronazione della Vergine, in gratitudine degli scudi che ebbe per mantenersi agli studi in Roma. Il Comune gli commissionò anche il quadro del re d’Italia Vittorio Emanuele II di Savoia. Egli dipinse molti quadri a Roma e a Napoli: nel catalogo della galleria Carlo Virgilio in Roma sono presenti due suoi studi per le decorazioni in stile pompeiano, a matita ed acquarello su carta pesante.
Nel libro sulla storia di Toscanella di Secondiano Campanari è stampato il suo disegno del pergamo della basilica di Santa Maria Maggiore di Tuscania. Intorno al 1862 dipinse ad olio, nella cattedrale di San Giacomo Apostolo Maggiore in Toscanella: San Girolamo con il mantello rosso, il teschio, la croce ed il cappello cardinalizio in terra ed il Crocifisso con la scritta “Gesù Nazzareno re dei Giudei” in ebraico, in greco ed in latino. Nella chiesa di San Marco possiamo ammirare due quadri: la Madonna delle Grazie con una veste rossa ed un manto blu, seduta su un nembo con il bambino Gesù tra le braccia; sullo sfondo vi è un disco dorato circondato da angeli e San Marco con il leone ed una tavola in mano in cui si legge: ”Propterea dico vobis omnia quaecumque orantes petitis, credite quia accipietis” l’importante frase nel vangelo di San Marco che Cristo disse agli Apostoli: :”Perciò vi dico che tutto ciò che pregando chiederete credete che lo riceverete”.
Nel 1863 Angelo, sposato con Rosanna aveva i figli Maria, Geltrude, Augusta, Secondiano, Alessandro, Giuseope, poi nacquero anche Bonaventura e Teresa. Nel 1870 Angelo era consigliere comunale ed affrontò il problema delle servitù di transito del bestiame per arrivare ai guadi ed agli abbeveratoi e nel 1871 fece nuovamente parte di una commissione per il regolamento per la conservazione del bosco comunale della Riserva tutelando le giovani piante contro il dente del bestiame. Ottenne un’oncia di acqua potabile a pagamento per la sua abitazione dal consiglio comunale di Toscanella. Nel 1894 anche Secondiano poté riceverla nella sua casa. Tra l’altro essi avevano anche contribuito ai lavori di restauro dell’acquedotto comunale.

Nel secolo scorso Alcide di Eusebio fu funzionario del Comune ed Ufficiale di stato civile.
Padre Giuseppe Camillo Capati di Maria Ausiliatrice

La cappella Sparapane
Giacomo si era arricchito con gli allevatori e, essendo molto devoto, commissionò agli Sparapane (norcini come tanti pastori umbri) la pittura della cappella della crocifissione nella parete a sinistra della chiesa di San Francesco d’Assisi in Tuscania ed anche quella di un’altra cappella nella parete a destra della stessa chiesa.
Al lato destro di Gesù sono due soldati a cavallo, l’un dei quali impugnata una poderosa mazza, ne arresta d’improvviso il colpo, mentre a lui d’appresso tre soldati a piedi si fanno avvertiti essere Gesù già morto né a lui doversi rompere le gambe: vicino ad essi un giovinetto con la destra mano tiene in alto una canna con una spugna, e nella sinistra sorregge il vasetto dell’amara bevanda presentata all’assetato Signore.

Nei quattro vani della volta sono effigiati i quattro principali dottori della chiesa (Gerolamo, Agostino, Gregorio, Ambrogio); … Sotto la pittura della crocifissione è ritratta nostra Donna col bambino dritto sulle di lei ginocchia, a destra è S. Giovanni Battista, i tre Santi protettori della Città Secondiano, Veriano e Marcelliano in abito di Senatori romani, e nelle altre pareti molte immagini di santi e sante … vi è anche la storia del giudizio dipinta nella parete destra della cappella … Cristo seduto in trono con terribile aspetto ai dannati si volge per maledirli: a destra è nostra Signora e molti Santi altri in ginocchioni, altri levati in piè. I dannati partiti per bolge … i superbi e gli avari, sui quali, nudi e stipati fra loro si scarica un rovescio di sacchetti pieni e pesanti con fiamme e fumo, e tutti a precipizio sono spinti dentro la gran bocca d’un dragone in mezzo ad un lago di fuoco.
Dannati a simil croce hanno scritta questa sentenza: “Quando superbi forno e assai arroganti per questo giacciono in gola del dragone.” Due iscrizioni in caratteri gotici che leggonsi all’ingresso della cappella ci danno contezza dell’autore della pittura, del committente e della sua epoca: “MCCCCLXVI QUESTA CHAPELLA A FACTA MURARE ET DEPENGNERE MASTRU GIACOBU DE AUSTINO DE PETTO PELL’ANIMA SUA ET DELLI MORTI SOI” a rimpetto di questa si legge: ”QUESTA CHAPELLA SI E’ DEPENTA PER LE MANO DE IOHANNI DESPARAPANE ET ANTONIU SUO FIGLIOLU DE NORSCIA A DI DODICI DE MAGIO FO FORNITA”. In una nicchia della parete destra della stessa chiesa si ammira un altro affresco della crocifissione con S. Giovanni evangelista con le mani allargate che dimostrano il dolore per la morte di Gesù, la Maddalena inginocchiata e la Vergine Addolorata.

Il capitano dei carabinieri Giuseppe Braconi




La Chiesa di S.Croce di Gerusalemme a Tuscania
(gia’ di San Giovanni Battista)


Leggiamo nel libro di Antonio Barbacci del 1704 che una delle chiese di Tuscania era quella di Santa Croce con l’ospedale la di cui Cura era raccomandata al Primicerio della Cattedrale di San Giacomo e questo ospedale serviva solamente per gli infermi.



S.Antonio di Padova – protettore di Toscanella
Era aumentata la venerazione ed i conventuali, il giorno 11 luglio 1677, chiesero a nome del popolo agli amministratori comunali di proclamare Sant’Antonio quarto protettore di Toscanella dopo i tre Santi Secondiano, Veriano e Marcelliano.
Cessi ormai lo stupor, la meraviglia,