16.     L'ARCIPRETE DI NORCHIA VEDE IN SOGNO I SS. MARTIRI SECONDIANO, VERIANO E MARCELLIANO (NELL'ANNO 648?).

 

Trascorsero ancora diversi anni. Una notte, i Santi Martiri Secondiano, Veriano e Marcelliano apparvero in sogno ad un uomo di santa vita, l'arciprete di Orchi (= Norchia), un castello della diocesi di Tuscania, e così gli parlarono: "Tu puoi constatare come i nostri corpi se ne stiano abbandonati a Centumcellae, senza una conveniente venerazione. Rècati, dunque, presso il vescovo di Tuscania, dal quale tu dipendi, e riferiscigli che i corpi dei Santi Secondiano, Veriano e Marcelliano riposano, soli e abbandonati, nella distrutta città di Centumcellae. Il vescovo dovrà provvedere, con le modalità più opportune, per far sì che i fedeli"riprendano a venerarli."

Il buon sacerdote, credendo che questa Visione fosse un semplice sogno naturale, non vi dette peso e non ci pensò più.

Allora, i tre Santi Martiri, gli riapparvero ancora in sogno, in una delle notti seguenti, e lo rimproverarono aspramente, ripetendo gli lo stesso ordine impartito nel sogno precedente. il sacerdote, però, non se la sentiva di recarsi dal vescovo: temeva di non essere creduto, anzi di essere considerato un sempliciotto.

Alla fine, i tre Santi gli comparvero in sogno per la terza volta e, con volto severo, lo minacciarono: se non avesse eseguito quanto essi gli avevano ordinato, gli sarebbero accadute grandissime disgrazie! Il buon arciprete, allora, riconobbe che quelle erano voci del Cielo e, con passo frettoloso, raggiunse immediatamente Tuscania.

 

17.  L'ARCIPRETE DI NORCHIA ED IL VESCOVO DI TUSCANIA.

 

Appena l'arciprete di Norchia fu introdotto a parlare con il vescovo di Tuscania, gli espose, fra le lacrime, l'ordine ricevuto dai tre Santi: "Sappi, o venerabile pastore, che i santi corpi dei gloriosi martiri Secondiano, Veriano e Marcelliano riposano! privi di ogni venerazione, nella distrutta ed abbandonata città di Centumcellae. Essi mi sono apparsi in sogno per tre volte e, con severe minacce, mi hanno ordinato di venire da te per informarti su questa situazione. Tu dovrai provvedere, nel modo più opportuno, affinché tra i fedeli riprenda la venerazione verso i corpi del SS. Martiri."

Il santo vescovo ascoltò con attenzione l'arciprete di Orchi. Nei giorni seguenti, rese pubblico il fatto portandolo a conoscenza delle popolazioni della diocesi di Tuscania ed ordinò tre giorni di digiuno, prima di intraprendere ogni iniziativa circa la traslazione dei corpi dei SS. Martiri.

Non appena la notizia rimbalzò da un centro all'altro della diocesi, i castelli di Corneto, Barbarano, Blera e Turrena Volturna cominciarono a far sentire la loro voce: quei Santi Corpi dovevano essere portati via da Centumcellae, ma ciascuno dei castelli pretendeva di tenere per sé un così pregiato tesoro, del quale desiderava ardentemente diventare custode.

 

18.     LA DECISIONE DEL VESCOVO DI TUSCANIA.

 

Quando il vescovo di Tuscania arrivò a Centumcellae, seguito da un'immensa folla, sorse un'aspra contesa: gli abitanti dei quattro castelli suddetti urlavano contro il vescovo, vantando tutti la stessa pretesa: la custodia dei corpi del SS. Martiri. Così, il pio pellegrinaggio stava per degenerare in una indegna diatriba, un'assemblea di devoti si veniva trasformando in teatro di avvenimenti tragici e funesti. Se ne rese subito conto il santo vescovo, che, però, rimaneva perplesso ed indeciso sulle misure da adottare. Come aveva fatto già altre volte in situazioni difficili, si raccolse in preghiera, per chiedere al Cielo dei lumi sulla decisione da prendere. Sì inginocchiò in lacrime, imitato da tutto il popolo orante, davanti all'altare, sotto il quale riposavano le ossa dei SS. Martiri. Mentre tutti stavano in silenzio, infervorati nell'orazione, il vescovo ebbe una felice intuizione: certo! I corpi dei tre Santi Martiri potrebbero rimanere dentro il sarcofago di marmo, che, una volta estratto da sotto l'altare maggiore, si potrebbe caricare su di un carro trainato da due giovenchi indomiti, e via! senza nessuna indicazione, senza nessuna guida i giovenchi verrebbero lasciati andare, a loro piacere; nel luogo in cui essi decidessero di fermarsi definitivamente, colà verrebbero deposti i corpi dei Santi Martiri! per essere venerati dai fedeli; certo! questa poteva essere una buona soluzione!

Terminata la preghiera, il vescovo si alzò e cominciò a predicare al popolo. Durante la predica, egli espose quanto gli era passato per la mente nel momento della preghiera: era questa una soluzione, che poteva tranquillizzare gli

animi inaspriti e far ritrovare a tutti la calma. Dopo un sommesso mormorio, il popolo cominciò a prorompere ad alta voce che il pensiero del vescovo non era altro che un consiglio venuto dall'alto, quasi una divina disposizione: tutti furono d'accordo e non si trovò nessuno che dichiarasse la sua contrarietà alla proposta.

Piangendo di gioia, il santo vescovo cominciò, allora, a rimuovere con un ferro il muro dell'altare. lutti piangevano e pregavano commossi: sembrava che il Paradiso si aprisse per consolare quei cuori inteneriti. Alla fine il sarcofago di marmo venne estratto dall'altare ed innalzato, per essere mostrato al popolo: si levarono fragorose le grida mescolate con i pianti ed i canti degli ecclesiastici, che

risuonavano dentro la chiesa; la commozione era al culmine tanto da far lacrimare, per così dire, le stesse pietre insensibili.

Il sarcofago, contenente le ossa dei tre Santi Martiri Secondiano, Veriano, Marcelliano (c'erano insieme anche quelle di Deodato), passò tra due ali di folla plaudente e piangente, fino a raggiungere il carro fortunato, destinato a portare in trionfo le sacrosante reliquie dei tre campioni del Cielo. In quel giorno festivo, era talmente eccitato lo spirito delle devote popolazioni accorse, che nessuno si ricordò delle cure domestiche né pensò a mangiare: quel giorno ciascuno ebbe per cibo le lacrime, i gridi di giubilo e le lodi, che ininterrottamente si levavano a Dio.

 

19.     IL VIAGGIO: PRIMA TAPPA A CORNETO.

 

I due giovenchi indomiti, destinati per condottieri del sacro veicolo, vennero attaccati al carro: sembravano mostrare un senso di felicità; pareva che da esseri irragionevoli fossero divenuti intelligenti, come se conoscessero la loro fortuna; pronti ed allegri cominciarono a trainare il sacro peso. Presero subito la strada che conduce a Corneto (= Tarquinia), con giubilo indicibile degli abitanti di quel castello, sembrando evidente che fosse quello il luogo in cui i giovenchi dovessero porre termine alloro viaggio.

Giunti presso il litorale di Corneto, gli animali non presero la strada, che saliva a Corneto, ma si fermarono nel piano, soltanto per riprendere un po' di fiato, davanti ad una fonte (= Fontana Nuova). Dalla strada, che i due giovenchi avevano imboccato, i Cornetani compresero che ormai il carro non si sarebbe più fermato presso la loro terra, ma sarebbe andato oltre, alla volta di un nuovo centro abitato.

 

20.     IL BRACCIO DI SAN SECONDIANO.

 

I Cornetani, allora, visto che ormai non c'era più niente da sperare, chiesero al vescovo la grazia di poter vedere, almeno, le ossa dei Santi Martiri. Scoperchiato il sarcofago, una veneranda matrona, accesa da santo amore, volle toccare con le mani le care reliquie ed estrasse un braccio di San Secondiano. Improvvisamente i giovenchi ripresero il loro cammino; il carro si mosse bruscamente ed il braccio di San Secondiano rimase nelle mani della veneranda matrona. Ella, con grande devozione, portò il braccio in Corneto, poi fece edificare, a sue spese, una chiesa, intitolandola a San Secondiano, nella quale ripose la sacra reliquia, che aveva, per così dire, sottratta, e che ancor oggi si venera dal popolo cornetano.

La veneranda matrona fu enormemente rattristata dal fatto che i giovenchi non si fossero fermati definitivamente a Corneto: quasi per un celato astio verso i giovenchi stessi, lasciò per testamento, alla chiesa di San Nicola in Corneto, tutti i suoi beni, con il £ruttato dei quali si sarebbe dovuto comperare annualmente un toro, da uccidere barbaramente durante la "Giostra del Toro", che si svolgeva nella pubblica Piazza del Magistrato.