Carlo VIII - Toscanella - Il blog dei tuscanesi

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Carlo VIII

Personaggi tuscanesi

Carlo VIII

Il 27 maggio del 1494 si sparge la voce che Carlo VIII sta per risalire a Roma dal napoletano. Alessandro VI si rifugia nella rocca di Orvieto. Carlo, superata Roma, il 4 giugno (giovedì) è a Ronciglione da dove manda ambasciatori al Papa per un incontro, ma all’alba del giorno seguente il Papa fugge a Perugia. Carlo entra in Viterbo a tarda sera alla testa delle sue numerose truppe. La domenica mattina (il 7, la festa di Pentecoste) giunge a Viterbo il comandante della retroguardia con 8.000 uomini, Matteo di Botheau, figlio di Giovanni duca di Borbone e di Auregne, meglio conosciuto con il nome di Gran Bastardo. Non è possibile alloggiarlo a Viterbo e così viene deviato verso Tuscania. Ma a Tuscania non c’è più posto, perché oltre ai normali abitanti ci sono diverse centinaia di operai agricoli scesi dai paesi dell’Appennino, per la mietitura..

Mentre il Gran Bastardo giunge a Tuscania è già pomeriggio e molti cittadini si avviano verso la chiesa della Rosa (che era Cattedrale) per cantare i vespri. I Francesi domandano vettovaglie e alloggio per la notte. Ci sono discussioni animate. Parte qualche parola grossa e infine si passa alle armi: due fanti francesi cadono sotto le spade dei Tuscanesi. E’ l’inizio della battaglia. Si chiudono in fretta le porte, ma basta un po’ di fuoco per renderle inutili. Ottomila soldati irrompono per le vie di Tuscania. Hanno l’ordine di trucidare chiunque, tranne le donne e i bambini. Il sacco nella città è di breve durata: alla fine i Francesi abbandonano l’abitato, carichi d’oro, d’argento e di mille oggetti rubati. Catturano molti uomini e li trascinano via come prigionieri.

Dopo una pausa un’altra ondata di persone irrompe per le vie piene di cadaveri e di feriti: sono le centinaia di persone che, asserragliate nella Cattedrale della Rosa fin dall’inizio dei vespri, si precipitano ora alla ricerca disperata dei loro congiunti. Dalla Torre Ciglioni, da Tor della Vela e dalle altre della Rocca Tartaglia scendono in preda al terrore quei pochi che vi si erano asserragliati e che i Francesi nella fretta non si erano presi la briga di stanarli. Si contano i morti: sono circa 800. Molti sono anche montanari dell’Appennino. All’alba la triste notizia è portata a Viterbo, e subito i Viterbesi si fanno in quattro per portare aiuto ai poveri Tuscanesi. Corrono da Carlo VIII. Pregano.

Un messo è già partito a sprone battuto a rincorrere il Gran Bastardo con l’ordine di lasciare prigionieri e bottino. Ma l’ordine non viene eseguito. Partono intanto da Viterbo Mariano Nicolai e Paolo Gentili. Portano offerte a Tuscania; con loro ci sono le confraternite laiche al completo: i medici sono carichi di medicinali e di bende per i feriti. La notizia intanto si diffonde; a Orvieto la portano a Tommaso di Silvestro, i montanari feriti ritornano ai loro paesi. Mariano Nicolai corre da Tuscania a Viterbo; il Gran Bastardo non ha ancora rilasciato i prigionieri. Si scrive (12 giugno) allora al re che ormai è alle porte di Siena: Aiutare i Tuscanesi – dice la lettera – è come aiutare noi, perché consideriamo i Tuscanesi come nostri concittadini. Questa volta l’ordine rinnovato al Gran Bastardo viene eseguito; i poveri prigionieri tornano a casa con quasi tutto il bottino. Ora la marcia di Carlo si trasforma in fuga. Da Siena ripiega su Pomarance (15 giugno). Non gli è possibile sfuggire all’esercito della Lega che lo investe e lo sconfigge a Fornovo sul Taro (16 luglio). Carlo riesce a raggiungere la Francia, ma il Gran Bastardo è fatto prigioniero. Anche il Papa è tornato a Roma. Dal 23 al 25 giugno è transitato a Viterbo, ma non dice neppure una parola di cordoglio per i poveri Tuscanesi: forse conservava ancora il rancore verso di loro per il comportamento tenuto nei mesi precedenti.

In modo veramente encomiabile si comportano invece le autorità del Comune di Pomarance. Intorno alla metà di luglio esse avvisarono il Comune di Tuscania che una parte del bottino era stato recuperato e i Tuscanesi potevano andare a riprenderselo. Furono mandati Antonio Scagnozzi e Antonio Malagigi, che mentre ricevano il maltolto comunicarono ai presenti una decisione del Comune di Tuscania. "qualora i Pomarancesi avessero avuto occasione di venire o di transitare con le loro merci nel territorio di Tuscania sarebbero stati esenti dal pagamento di qualsiasi gabella per sempre. Almeno così il medioevo si chiudeva con un gesto di simpatia e di amicizia dopo tanti lutti e tribolazioni.

 
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