• - TUSCANIA, IL MAXI IMPIANTO FOTOVOLTAICO AUTORIZZATO DALLA REGIONE. MINISTERO E DEI BENI CULTURALI RICORRE AL TAR. di Manlio Lilli. - Succede a Tuscania - Toscanella - 2019

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• - TUSCANIA, IL MAXI IMPIANTO FOTOVOLTAICO AUTORIZZATO DALLA REGIONE. MINISTERO E DEI BENI CULTURALI RICORRE AL TAR. di Manlio Lilli.

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Associazioni, soprintendenza e ministero contro la realizzazione dell'impianto che coinvolge 2100 ettari di terreno in una zona di necropoli e zone agricole di pregio.
 
“Noi difendiamo l’interesse pubblico generale, non i profitti privati in nome e per conto dei cittadini e dell’articolo 9 della costituzione”. Margherita Eichberg, Soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale, in un incontro presso la Prefettura di Viterbo, alla fine di settembre, è stata chiara con le aziende che sono in procinto di realizzare diversi impianti fotovoltaici nei territori di Tuscania, Montalto di Castro, Tarquinia, Tessennano, Arlena e Viterbo. Oltre 2100 ettari di terreno coinvolti, tra impianti e centrali fotovoltaiche, per un totale di 24 progetti. Tra cui quello per la realizzazione di un “Impianto fotovoltaico a terra della potenza di circa 150 MWp connesso alla RTN”, proposto dalla società energetica romana DCS s.r.l., in località Pian di Vico, nel Comune di Tuscania.

“Uno tra i 10 più grandi al mondo”, per la Soprintendente. “Un autentico scempio ambientale annunciato. Quasi 250 ettari di terreni agricoli e formazioni boscose della Tuscia perderebbero le loro caratteristiche ambientali, paesaggistiche, socio-economiche per diventare una distesa di pannelli fotovoltaici di dubbia utilità”, ha scritto l’associazione ecologista Gruppo di Intervento Giuridico onlus, che ha trasposto davanti al TAR Lazio il proprio ricorso straordinario al Presidente della Repubblica effettuato ad agosto scorso, intervenendo a fianco del Ministero per i Beni e Attività Culturali e il Turismo. Che infatti ha proposto non solo ricorso al Tar Lazio ma anche formale opposizione davanti al Consiglio dei Ministri.

 
Già, perché il progetto é stato autorizzato, con l’emanazione del provvedimento conclusivo positivo della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale. “Con giudizio positivo unanime”, anche se con alcune “prescrizioni”, come si legge nel Verbale della Terza Conferenza dei Servizi del 5 febbraio 2019. Tutti d’accordo gli Enti interessati. La Regione Lazio e il Comune di Tuscania, la Provincia di Viterbo e la Direzione Regionale Infrastrutture e mobilità, il Comando Militare della Capitale SM e il Comando Marittimo Sud, oltre a Terna. In realtà, quasi tutti d’accordo. Perché il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e il Turismo, dopo aver espresso un parere di “non compatibilità” e quindi “negativo” a novembre 2018, lo ha ribadito a febbraio 2019. Motivandolo. L’area del progettato impianto nel Piano Territoriale Paesaggistico Regionale rientra in buona parte nella classificazione di “Paesaggio agrario di valore”. Senza contare che per il Piano Regolatore Generale è considerata “zona agricola”. In aggiunta quel comprensorio ha una straordinaria e documentata rilevanza archeologica. Per gli insediamenti, dall’età protostorica a quella romana, e necropoli in prossimità del Fosso Arroncino di Pian di Vico e per un lungo tratto della via romana Clodia, oltre che per il Casale di origine settecentesca di Pian di Vico.
 
“Le opere in progetto … non appaiono compatibili, soprattutto per estensione ma anche per tipologia e materiali utilizzati, nonché per le ricadute che un indotto industriale di tale portata avrebbe per il territorio, con gli obiettivi più ampi di Tutela, in relazione ai valori riconosciuti al contesto agrario specifico, né tantomeno perseguono un miglioramento della qualità paesaggistica dei luoghi”, spiega la Soprintendenza. Che, a sostegno del suo parere, ricorda come il Piano Energetico Regionale del Lazio, già adottato dalla Giunta regionale ad ottobre 2017 e in corso di approvazione definitiva, abbia tra i suoi obiettivi strategici la riduzione al minimo del consumo del suolo, il riutilizzo delle aree degradate, il rispetto del contesto ambientale, storico, naturalistico e, per il fotovoltaico, il posizionamento in aree non di pregio paesaggistico. “Anche questo impianto sembra essere stato progettato senza tenere in alcun conto il territorio nel quale dovrebbe essere realizzato. Probabilmente anche sovradimensionato per un ambito caratterizzato da peculiarità morfologiche ed antropiche rilevanti ma non certamente grandiose”, spiega a ilfattoquotidiano.it, Maria Letizia Arancio, funzionario della Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma, la provincia di Viterbo e l’Etruria meridionale. Insomma le contrarietà della Soprintendenza, sono articolate. E neppure poi realmente così isolate.
 
“Qualora il progetto venisse realizzato, produrrebbe un notevole impatto, in quanto andrebbe a occupare un’ampia superficie a destinazione agricola”, aveva scritto la Direzione generale delle Politiche abitative, e la Pianificazione Territoriale, Paesistica e Urbanistica della Regione Lazio, nella Nota del novembre 2018. La questione dell’impianto fotovoltaico di Pian di Vico è tutt’altro che chiusa. “La Presidenza del Consiglio dei ministri non si è ancora espressa nel merito. Siamo in attesa degli esiti della discussione”, ha detto a ilfattoquotidiano.it Paola Peluso, Responsabile del procedimento per la Regione Lazio. Che teme quel che la Soprintendenza spera. Un esito differente per il progettato impianto fotovoltaico di Pian di Vico.
 
 



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