● - LA BATTAGLIA DI TOSCANELLA. di Mauro Loreti - Succede a Tuscania - Toscanella - 2019

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● - LA BATTAGLIA DI TOSCANELLA. di Mauro Loreti

Pubblicato da in Mauro Loreti ·
 
Nel mese di ottobre del 1417 Angelo Tartaglia da Lavello e Braccio da Montone erano pronti a dar battaglia a Muzio Attendolo Sforza da Cotignola, in campo aperto a Viterbo. Lo Sforza, avendo sentore che stessero organizzando il loro attacco, agì d’anticipo e uscì nottetempo da Viterbo con 400 soldati, attraverso una porta secondaria, affinché le spie non lo sapessero.
 
Arrivò a Toscanella la mattina seguente e la sua fanteria si fermò nella valle del fiume Marta. L’altra parte dell’esercito, la cavalleria, si pose al Sughereto e , poi, alcuni sforzeschi, facendo credere che fossero dei ladri, uscirono dal bosco. Lo Sforza stava sulla Pietrella ed osservava.
 
Arrivati  gli uomini di Muzio vicino alle mura, i contadini  tuscanesi  gridarono : “Al ladro!” e subito Angelo Tartaglia uscì dalla porta di Poggio per catturare i razziatori. Poi, appena  s’accorse dell’inganno,  fece suonare la ritirata al trombettiere, ma ormai era in campo ed iniziò la battaglia che durò quattro ore.
 
Tartaglia riuscì a rientrare dalla porta di Poggio con alcuni prigionieri e calò la saracinesca; questa porta della città era formata da un cancello di ferro sostenuto dalle catene avvolte ad un verricello che si alzava o abbassava per consentire o meno di passare. Rientrando in città Angelo Tartaglia fece cadere nel fossato l’ardimentoso Ugo Caporale  e Giacobo da Bruzzo .  
 
Nunzio Federigo Faraglia nel 1904 scrisse : “ (Sforza) deliberò poi di muovere contro il Tartaglia, che gli aveva levato le sua castella dell’Umbria e, nel mese di ottobre, si mise all’agguato in Viterbo; ma il lavellese s’era chiuso in Toscanella, ond’egli, infastidito di quel vano aspettare … si levò con quattrocento uomini a piedi e a cavallo per sorprenderlo.
Dove il luogo gli parve acconcio … appostò in una forra una compagnia di soldati , altri mandò innanzi a fare rumore per trarre il Tartaglia dalle mura, con l’ordine di dare indietro per tirarlo agli agguati.
 
Così fu fatto. Il Tartaglia, udito il rumore degli sforzeschi, uscì dal castello e quelli si volsero a fuga, li inseguì e cadde nelle insidie. …. Il Tartaglia, che era gagliardissimo, si sostenne arditamente ma lo Sforza, che voleva pigliarlo, chiamò Santo Parente, Girardo Graziano  e Pelino e domandò loro: ”Conoscete il Tartaglia?” “Signor sì, risposero” e Muzio aggiunse ”egli è travestito sopra le armi, è quello,” e mostrollo a dito, “non attendete che a lui solo, trovate modo di pigliarlo o di gittarlo da cavallo.” “ Signore”, dissero quelli, “ bastiamo a questo noi tre? “ “Andate” rispose il condottiero “vi terrò gli occhi sopra, fate ciò che ho detto”; ed essi senz’altro si cacciarono nella mischia.
 
Gli altri cavalieri sforzeschi, tra i quali era Pietro Palagano di Trani, fecero impeto sopra i nemici; ma il Tartaglia non piegava; lo Sforza mandò innanzi lo stendardo ed il figliuolo Francesco, il quale faceva le prime prove delle armi, ed il Lavellese, temendo d’essere percosso alle spalle, diede indietro. Lo incalzarono gli sforzeschi: Girardo, alle porte di Toscanella, cadde di cavallo e fu salvato dai compagni che sopraggiunsero; Pelino e Santo Parente si misero alle coste del Tartaglia e lo seguirono dentro la terra ma, chiuse le porte, furono presi dai nemici.”
 
Sforza tornò a Viterbo con il prigioniero Donato Tartaglia da Lavello, fratello di Angelo. Il giorno dopo fecero lo scambio dei prigionieri. Nella schiera nemica esordì dunque  nel suo primo combattimento Francesco Sforza, figlio di Muzio Attendolo, che poi fu il primo e famoso duca di Milano. Tra gli sforzeschi parteciparono a questa battaglia anche Foschino, nipote di Muzio in quanto figlio della sorella, Cattabriga da Castelfranco Emilia, Manobarile da Napoli e Fiasco da Giraso. Perirono molti cavalli. Poi il 13 novembre Braccio e Tartaglia si unirono con i loro eserciti a Montefiascone: a Roma ebbero paura che i due occupassero Roma  e fu stipulata una tregua .
 
La battaglia fu solo rimandata, infatti nel 1419 lo Sforza si accampò tra Viterbo e Montefiascone, presso il bosco della Commenda dei santi  Giovanni e  Vittore, perché voleva impedire il congiungimento dei tartaglieschi con i bracceschi. Il 4 giugno alle Bussete i due si unirono e Muzio si portò più vicino a  Montefiascone, il 13 giugno quattrocento armati viterbesi che, essendo  alleati, andavano da Attendolo,  furono accerchiati e catturati nella contrada  di  Mojano ed il 14 giugno ci fu la rotta dello Sforza.  
 
Il Tartaglia affrontò Muzio presso Viterbo e lo tenne nel combattimento fino a che l’esercito di Braccio giunse alle spalle e lo sconfisse. Fecero  prigionieri mille cavalieri e trecento balestrieri.



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