● - LA VERGINE LIBERATRICE NELLA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA ROSA DI TUSCANIA. di Mauro Loreti - Succede a Tuscania - Toscanella

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● - LA VERGINE LIBERATRICE NELLA CHIESA DI SANTA MARIA DELLA ROSA DI TUSCANIA. di Mauro Loreti

Pubblicato da in Mauro Loreti ·
Nel tratto settentrionale delle mura castellane in una incavatura un devoto artista dipinse l’immagine della Madonna vicino alla porta di San Pellegrino che, in seguito, fu chiusa  e l’edicola fu spostata verso l’interno e , scrisse nel 1854 Secondiano Campanari:” i tuscanesi venerarono sempre Nostra Signora col Figliuolo in braccio ritto sulle ginocchia di lei che leva la destra a benedire: e a canto è San Pietro che tiene l’una chiave e l’altra. … Di nero fu l’immagine disegnata …
 
Contavano intanto pietose donne ed uomini che bonissimi e santi erano, prodigii meravigliosi, portenti appariti e segni e casi strani e miracoli sopra natura aperti e parlanti negli infermi a morte sanati; ne’ vecchi disfatti da molti mali, da tutti insieme liberati;  ne’ bambini che, dato un guizzo e balzati dal seno della madre e da alto caduti ,vivi e bene stanti se li erano raccolti in grembo ; o nati diformati e mostruosi e senza senso, ravvivati inaspettatamente e fatti belli e leggiadri come stelle.


 
E altri narravano di fanciulli liberati dall’annegare, di giovani guariti da ferite che impostemivano (pus), da appilazioni degenerate in idropisia da non poter dare due passi da sé. E chi caduto miseramente, infranta in più luoghi la testa e rotto della vita e dato per disperato dal cerusico, tornato era a pochi dì a sue faccende: e chi storpio d’un braccio sentitosi crocchiare le ossa e corrervi per entro insolito vigore, provato a muoverlo, il trovò sano e gagliardo: e chi perduto della persona e in tanto abbandonamento di tutte le membra da non potere né fermare un pie’ né muovere una mano,  erasi rizzato e camminò. E altri diceva come  a certo passo foresto,  usciti erano ladroni d’aguato che assaltarono un dabben  cittadino e tiratolo dal cavallo a terra gli furono addosso coll’armi e ne fecero sì mal governo che ‘l lasciarono quasi per morto: ma levandosi egli erasi visto traforati i panni e fesso il cappello da’ colpi di coltella senza averne patito nella vita né puntura né segnal di ferita.


 
E ancora raccontavano di moribondi, di paralitici, di etici (tisici), di scilinguati (balbuzienti), di attratti (rattrappiti) e di storpi delle braccia e della schiena repentinamente risanati; di ossa spezzate risaldate; di parti stentati felicemente resi; di chi avea un fascio di malanni che i medici gli misuravano a due giorni la vita, francato da’ febbri, da’ flati (gas), da’ tramortimenti, da dolori, dall’ambasce di cuore all’istante. E già vedevasi il muro d’alto in basso e prima la nicchia di tavolette , di quadri, d’immagini coperto, che in lungo, ordine pendevano intorno alla figura della Vergine; dinanzi alla quale per alquanti laici ogni sera si cantavano laudi e lampade erano  sospese e accesi torchi, e dove traevano di continui donne e donzelle, garzoni e fanciulli menati per mano dalle madri loro  ad appendere cerchielli quando di fiori o d’erbe o di frondi, quando di rami e di lauro corone e ghirlande alla larga Benefattrice.


 
Perché cresciuta la fama de’ miracoli per li meriti di Nostra Donna di tutta la terra venia gente a farvi preghiera e scioglier voti e tanto si aprì la via alla divozione del popolo ( che concorreva la divina Maestà ad approvare con ispessi e nuovi prodigii ) ch’e’ pareva  già poca stima od affetto non rizzare colà una cappella ad onore di lei non che grande tempio e capace. E nel secolo XV vi si rizzò; siccome mel dicono quelle mura, quelli archi e capitelli e colonne di larghezza e grossezza soverchia, e quelle altresì sì lunghe e torte e sottili che adornano il primo ingresso del tempio, e ogni altro membro e fattura a tutti lo dice del fabbricare di quel tempo; essendo che allora appunto io mi creda che questa chiesa si fabbricasse ad onore della Vergine Liberatrice.


 
E chiuso dentro la chiesa il muro su cui era dipinta la preziosa figura , vi levarono più tardi il grandioso altare che di belle e nobilissime pitture in tavola fu poscia adornato su fondo d’oro; accomodata la figura per modo che una apertura di mezzo a soda e ricca cornice la mostrasse al popolo  riverente e divoto. … quando presa e devastata dall’esercito di Carlo VIII , sonando non invano costui le sue trombe, i toscanesi invano le loro campane, grandissimo numero di cittadini furono di primo impeto trucidati. Perché se allora il paese non andò a fondo fu quello nuovo miracolo della madre benigna, non il secondo né il primo, e lo  dice apertamente la impresa (stemma) del Tartaglia che dal 1408 fino al 1422 ebbe in balia la città, che si resta ancora incastrata sulla parete della nave destra entrando il tempio a vanto non so se di limosina o d’altro che donasse costui  …
 
All’incendio che s’accese nella città dall’esercito  di Carlo che mezza la terra disfece anche l’ospitale s’accese ch’era alla chiesa da prima congiunto; salva la chiesa da cui la fiamma piegando addietro si ritorse; e dove il capitolo del tempio cattedrale di San Pietro, guasto da’ galli e la canonica interamente distrutta, si recò a fare gli uficii col vescovo che v’ebbe ancora sue case; e dove vi rimase fino a che, ristorata l’antica cattedrale , colà intorno al 1530 non fece ritorno.

Se non che io porto ferma credenza, che solo dopo quel deplorabile devastamento il comune e il popolo da tanto pericolo liberati empiessero il voto di quell’annua prece che si rinnova ancor oggi e che per tre secoli e mezzo costantemente si rinnovò, mandati innanzi alla festa del giorno 10 di maggio otto dì di più umile preghiera, che a rendimento di grazia sciolgono alla Vergine il Magistrato maggiore (gli amministratori comunali), le maestranze o compagnia delle arti e il popolo con loro che frequentissimo muove dietro a farle riverenza.



E  perché del perpetuo voto e solenne  la memoria durasse eterna  e con la memoria eterno l’obbligo e la promessa, ne scrissero rubrica nello Statuto; volendo che i rettori delle arti di nuovi panni di lana sé e i giurati loro vestissero il dì della festa ad onorare il felice e faustissimo giorno; e un palio si corresse di seta d’otto fiorini d’oro a spese del Comune per la via del Corso (oggi la Cava) e i cavalli fossero al correre veloci, che il notaio del podestà appaiava alle mosse  innanzi alla porta di S. Giusto, ( chiamata più tardi, ristrette le mura, di S. Leonardo dalla vicina chiesa) e che diritti venivano al tempio della maestà della Rosa; là dove il palio innanzi la chiesa era posto, che cedeva al fantino che primo lo sciàmito (drappo amaranto) toccava. E si dissero il luogo e la solennità della Rosa perché il dì dopo la festa di Pasqua rosata (la Pentecoste)questa si celebrava: e v’aggiunsero fiera e mercato che si faceva per tre giorni sulla piazza e là intorno e dove mercatanti merciai, artisti e fruttaioli dovevano concorrere da tutte le bande per vendere a’ cittadini e forestieri ed eravi franchigia di gabella pe’ dì che le fiera durava.” L’origine di questa immagine dipinta sulla porta di San Pellegrino è medievale (1200) e la Madonna è col Bambino Gesù tra i santi Pietro e Secondiano.  

La santa memoria di Martino V °  Sommo Pontefice il 1° marzo 1422  in onore di questa Beatissima Vergine ha concessa in perpetuo l’ indulgenza   ai fedeli si fossero riuniti per pregare e fare un’offerta avrebbero ricevuto le grazie celesti della misericordia di Dio e dei santi apostoli Pietro e Paolo dopo essersi pentiti e confessati che fu scritta a Roma presso San Pietro nel quinto anno del suo pontificato gratuitamente secondo l’ordine  del Signor Nostro papa, giunto da Rimini.
 
Antonio Barbacci scrisse nel 1704 : “ E’ stato stabilito nello Statuto che il Capitolo e Clero, Magistrato e popolo di questa città il giorno della suddetta Festa incomincia la Precessione nella Cappella de’ SS. Martiri Protettore  e va processionalmente a detta Chiesa della Madonna santissima della Rosa a render le gratie per il miracolo che si ha per tradizione che facesse in tempo di Carlo VIII Re di Francia nel Sacco,  che pia vive sì là per tradizione che facesse in detto secondo giorno della Pentecoste, in cui si celebrava la sua festa, essendo entrato ostilmente in questa Città  nel’anno 1495 Carlo di Borbone con l’esercito che conduceva e, venendo trucidati quanti ne potevano avere, ricorso il popolo all’agiuto di questa Gloriosissima Vergine nella sua Chiesa, nella sua Piazza e nelle strade ivi adiacenti quasi l’avesse voluto proteggere sub umbra alas suas, fece comparire miracolosamente una foltissima nebbia che, levando dagli occhi de’ nemici il povero Popolo spaventato e fuggitivo, quelli riconosciuto per Divino miracolo il loro arresto, se ne partirono confusi, e questo sotto il Manto della Protezione di questa Vergine restò libero dall’imminenti maggiori ruine.
 
“ Fino al terremoto del 1971 l’ancona lignea  di cui scrisse il Campanari era sull’altare maggiore e, attraverso un’apertura nel mezzo della stessa, si poteva ammirare l’immagine della Madonna Liberatrice.
 
Ora la tavola è stata spostata  mentre l’affresco restaurato della Protettrice è stato collocato ben visibile in alto.



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