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● - IL CARDINALE ERCOLE BRUNACCI CONSALVI

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Nei catasti del 1500 di Toscanella si legge che, all’epoca, risiedeva in città Ercole di Consalvo il quale possedeva dei terreni nella contrada del fosso Capecchio. Il nome Consalvo ha un’origine germanica e significa “colui che ha il coraggio di proteggere”; poi il cognome ha preso la vocale i finale. Probabilmente questa famiglia era di origini longobarde e la loro presenza nel Ducato di Benevento, estrema propaggine meridionale del dominio longobardo in Italia nelle attuali regioni Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Molise e Abruzzo, fece diffondere in quelle zone il loro cognome.
 
Nel 1599 Artibaie Consalvi era consigliere comunale e nel 1614 controllò i lavori per la costruzione della fontana nella piazza di Sant’Antonio, che ora si trova in piazza Italia a Tuscania. Nel 1590 Ercole era un sacerdote canonico della cattedrale di San Giacomo Apostolo Maggiore. Nel 1629 Paolo di Artibaie ottenne l’acqua della nuova conduttura per il servizio del suo austero palazzo, che presenta un prospetto rigido, che possiamo ammirare in via Cavour, ex strada maestra, sotto la cura di San Marco: fu costruito agli inizi del 1600 ed ampliato nel 1700; la facciata posteriore comunica con un’appendice avanzata, risalente alla fase dell’ampliamento, e termina in un terrazzamento pensile. In seguito fu acquistato dal marchese Alessandro Car- cano sposato con Maddalena Persiani, già affittuaria dell’immobile, e nel 1908 dal conte Enrico Pocci, il cui nipote Cesare oggi vi risiede.
 
Nel 1634 Ercole di Artibaie fece domanda per l’acqua e nel 1649 fu uno dei due Rettori della bandita della Riserva dèi bosco di Toscanella.

Nel 1638 Cristoforo di Artibaie, sposato con Livia Ragazzi, altra famiglia importante di Tuscania, acquistò le erbe comunali nella tenuta di San Lazzaro di Toscanella, per l’allevamento della sua masseria di ovini. Dal 1697 al 1710 tra le monache coriste nel monastero di San Paolo erano anche le due sorelle Maria Antonia e Rosa Geltrude Consalvi.
 
Nel 1713 era presente soltanto la seconda. Nel 1701 il tenente Artibaie di Cristoforo era consigliere comunale, seguì i lavori di costruzione del nuovo ponte sul fiume Marta e s’interessò anche per fare aggiustare la campana comunale e l’orologio sulla torre del Bargello; coltivava e raccoglieva il grano anche per l’esportazione.

Nel 1708 fu anche vice Governatore di polizia e presiedette le aste pubbliche a garanzia del rispetto della legge. Nel 1709 s’impegnò nel controllo dei lavori di ricostruzione delle mura cittadine; nel 1710 era il santese del monastero di Sem Paolo e sopraintendeva Eli lavori e alle necessità della chiesa e delle monache; nel 1720 fu uno dei caporioni al comando delle guardie a una delle tre porte della città per evitare la diffusione della peste.


Villa Pieri
 
Dal 1711 l’abate Giovanni Domenico di Girolamo fu gonfaloniere ed era anche uno degli imprenditori più importanti di Tuscania insieme al conte Francesco Galeotti, al conte Vincenzo Fani e al capitano Francesco Pocci nelle attività dei molini a grano, a olio e dei mattatoi. Era fratello di Ercole Pietro che nel 1734, non avendo figli, lasciò i suoi beni al nipote Giovanni Gregorio Brunacci, figlio della sorella Giulia Antonia e di Francesco Felice Brunacci, con l’obbligo di assumere e ritenere perpetuamente il cognome e l’arme di Casa Consalvi. Chiese tra l’altro che fosse aumentato il fondo della cappellata della loro famiglia nella chiesa di San Marco e che fosse elargito alla Compagnia di San Giuseppe un lascito, con cui distribuire le doti, di scudi trenta in moneta, alle povere zitelle nubili, native della città di Toscanella, da estrarre a sorte nel giorni della festa di San Giuseppe con l’intervento degli ufficiali.
 
Giuseppe Brunacci Consalvi, figlio di Giovanni Gregorio, si sposò con la nobile modenese Claudia Carandini ed ebbe i figli Ercole Giuseppe, il futuro cardinale, nel 1757, poi Giovanni Domenico, Carlo Antonio nel 1759 che visse solo un anno, Andrea Gregorio e Giulia nel 1762. Nel 1763 Giuseppe si ammalò gravemente a Roma per cui il nonno Giovanni Gregorio e la nonna Maria Angela Perti portarono i nipoti a Tuscania dove vissero per un po’ di tempo. Nel 1763 morì la piccola Giulia e fu sepolta nella chiesa di San Marco. Poco dopo morì anche il papà Giuseppe. 11 fratello Giovanni Domenico morì giovane in collegio a Urbino. La sorella di Claudia, la contessa Anna Carandini, nel 1758 a Pesaro si sposò con il nobile di Tolentino Domenico Parisani. Il loro figlio Francesco Saverio Parisani, generale delle milizie a Roma, cugino di Ercole, prestò il suo palazzo per la firma del Trattato di Tolentino nel 1797 tra Napoleone Bonaparte e il papa Pio VI, Giovanni Angelo Braschi: i francesi ripresero Avignone e il contado Ve- nassino e occuparono le legazioni di Bologna, Ravenna, Ferrara e Forlì. Il fratello di Saverio, Annibaie Parisani era il Direttore delle Dogane nella capitale. Dal 1711 al 1714 Ercole Pietro ebbe l’incarico di Tesoriere dell’appalto delle Dogane pontificie.


Lo stemma del Cardinal Consalvi
 
Nel 1715 fu scritta una lapide per Pietro Paolo canonico della cattedrale di San Giacomo Apostolo Maggiore, che in vita si era impegnato alacremente per il capitolo ed i parrocchiani. Nel 1721 i fratelli Ercole Pietro e Don Giovanni Domenico di Girolamo, insieme ad altri due consiglieri comunali, portarono gli auguri della Città di Toscanella a Roma, a Michelangelo Conti già vescovo di Tuscania e Viterbo, che era stato eletto papa con il nome di Innocenzo XIII. La tela del transito di San Giuseppe nell’omonima chiesa, fu commissionata da Ercole Pietro; lo si evince dallo stemma sul quadro che è solamente quello dei Consalvi.
 
Dal 1736 al 1758 diversi Consalvi ri-coprirono la carica di consiglieri comunali. Dal 1739 al 1743 Giovanni Gregorio Brunacci Consalvi fu il tesoriere dell’appalto delle Dogane: risiedeva nel palazzo di famiglia e ottenne l’acqua da condurre al suo podere, immediatamente a nord della città; nel 1793, come Gonfaloniere del popolo di Toscanella firmò gli atti notarili relativi al contratto con il capitolo della cattedrale per la gestione della cappella dei santi martiri protettori Secondiano, Veriano e Marcelliano. Dal 1761 per alcuni anni i fratelli Andrea ed Ercole Giuseppe Brunacci Consalvi presero in affitto una delle otto parti delle erbe dei terreni di proprietà del Comune di Tuscania. Nel 1768 Giovanni Gregorio prese in affitto la tenuta di Montebello dalla Reverenda Camera Apostolica. Nel 1770 i Consalvi, nelle riunioni degli allevatori di Toscanella, si facevano rappresentare dall’agente don Alberto Persiani, che era molto stimato dalla popolazione. Nel 1777 anche i Consalvi usufruirono delle erbe dei terreni comunali.


La redidenza dei Conti Pocci

Dal 1782 don Alberto Persiani collaborò a mezzo con Giovanni Gregorio nella gestione di Montebello fino al 1804. Nel 1793 la tenuta di Montebello di rubbi 1.706 (ettari 3.153), di pieno dominio della Reverenda Camera Apostolica dello Stato pontificio, fu affittata a monsignor Ercole e al marchese Andrea suo fratello per rubbi 712 (ettari 1.316), al capitano Vincenzo Turriozzi per rubbi 254 (ettari 469), all’abate Fabrizio Turriozzi e al fratello Giuseppe per rubbi 375 (ettari 693) e ai fratelli Angelo Antonio e Giovanni Francesco Persiani per rubbi 365 (ettari 675). Nei 1806 il solo fratello Andrea prese in affitto la tenuta dal marchese Domenico Lavaggi, nuovo proprietario, per 12 anni; nel 1807, alla morte di Andrea, il contratto tornò al cardinale fino al 1818. Accusato di aver avuto parte nel doloroso episodio del dicembre 1797 in cui rimase ucciso a Roma il generale francese Mathurin Léonard Duphot (colpito da un colpo di archibugio sparato dal caporale Marinelli delle truppe pontificie guidate dal tenente conte Gerolamo Montani di Montefiore del- l’Aso di Ascoli Piceno), monsignor Ercole Giuseppe dovette, appena proclamata la Repubblica romana, recarsi in esilio nel Regno di Napoli, poi a Livorno e alla Certosa di Firenze dove incontrò il papa Pio VI che in agosto morì a Valenza in Francia. Consalvi partecipò con grande impegno al successivo conclave di Venezia dove fu eletto il cardinale Barnaba Chiaramonti di Cesena con il nome di Pio VII, che scelse il nostro come Segretario di Stato, ufficio che tenne fino al mese di agosto 1823, salvo un’interruzione nel periodo della lotta con Napoleone (1809-1814). Ebbe sempre un’impronta di moderazione e un tono di signorilità. Nel 1798 monsignor Ercole e suo fratello Andrea avevano in affitto una mandra e un mandriolo in località Pantalla nel comune di Tuscania di rubbi 20 (ettari 37), in cui costruirono una casa colonica e piantarono alberi da frutto. Possedevano un altro terreno a Castel d’Arunto di 21 rubbi (ettari 39), dove ancora c’è un’antica torre del castello costruita in tufo e in nenfro, le pietre vulcaniche di Toscanella.
 
Nel 1800 Ercole fu creato cardinale e ricoprì la carica di Segretario di Stato. La loro famiglia possedeva anche la villa immediatamente fuori Tuscania, lungo la strada per il lago di Bolsena, composta da quattro stanze al pian terreno ed altre tre stanze al piano superiore. Vi trascorrevano le vacanze. Nel medesimo terreno co-struirono anche un altro casale, composto di una stalla al pian terreno e una stanza al piano superiore per il custode. Accanto al detto casale un piccolo recinto di muro con una stan- ziola ad uso di gallinaro. Questi im mobili furono venduti intorno al 1850 alla famiglia Paoletti, originaria di Montefiascone; in seguito furono acquistati dall’avvocato Pieri Vincenzo: le sue pronipoti Patrizia e Claudia Sensi vi hanno posto la loro residenza.
 
Il 31 gennaio 1805 vi fu un’inondazione del Tevere e Consalvi riedificò Ponte Mollo, ora Milvio, la cui parte verso la città di Roma, che negli ultimi anni era stata rifatta in legno, era stata asportata dalle onde. Nel mese di maggio attese a Nepi il papa reduce dalla Francia e con lui rientrò in Roma. Nel 1808 il cardinale era intimorito dalla previsione del peggio e dal male che già vedeva nell’invasione francese. Era sicuro che le sue idee e la sua condotta lo avrebbero esposto alla persecuzione, come accadde. Il cardinale espresse poi la sua disapprovazione contro il divorzio di Napoleone e il suo secondo matrimonio, per cui nel 1810 fu esiliato a Reims. Appena partito dall’Italia i francesi ordinarono al vergaro Luigi Amantini e al fattore Lorenzo Pacini, i quelli lavoravano per i Consalvi e per i Persiani, di riunire tutto il bestiame per poter procedere alla conta. L’agrimensore Carlo Antonio Marcelliani completò l’elenco dei terreni e delle semine; poco dopo il Ricevitore Du Fontaine dichiarò loro che tutti i beni mobili e immobili, i bestiami e gli altri generi venivano sequestrati a nome di Sua Maestà Imperatore e Re Napoleone Bonaparte. Il cardinale possedeva anche il palazzo Maccabei in via della Cava, ora via Vincenzo Campanari, nella contrada Montascide, vicino alla chiesa della Rosa e al primo palazzo della famiglia Pocci, che veniva usato come granaio e come servizio dei pecorari che lavoravano nella sua masseria. Questo palazzo era stato di Terenzia Maccabei e di suo marito Costantino Brunacci e, per eredità, era arrivato alla famiglia del cardinale.
 
Durante l’esilio il nostro scrisse le Memorie sulla sua vita, sul suo ministero, sul conclave di Venezia e reiezione di papa Pio VII, sul concordato del 1801 e sull’imperatore. In quell’anno i terreni dei fratelli Consalvi erano amministrati da Giovanni Francesco Persiani. Nel 1812 Antonio Quaglia e Giuseppe Angelo Arrighi sottoscrissero un elenco del bestiame della tenuta di Montebello di 1.800 rubbi (ettari 3.327), che il cardinale aveva in affitto e che gestiva con Vincenzo Persiani: pecore 1.461, agnelle 242, becchi e capre 138, caprette 20, cavalle 47, tori 2, stacche, staccate dall’allattamento, 9, stalloni 3, puledri 17, castroni 10, vacche 28, manze 11, bovi aratori 27, giovenchi 18, somari 6, somare 3 e poltracci, somari piccoli, 3.
 
Nel 1813 visitò Pio VII a Fontaineblau e fu nuovamente relegato a Bézières. All’inizio del 1814, terminato finalmente il giogo di Napoleone, raggiunse a Imola il papa in viaggio per Roma e si recò a Parigi e a Londra per visitare i sovrani, quindi a Vienna per i lavori del famoso Congresso dove fu il plenipotenziario dello Stato Pontificio che difese in modo saggio e con grandi doti diplomatiche in situazioni veramente drammatiche. Fu il primo cardinale che nel 1814 visitò Londra dopo 300 anni. L’Inghilterra nel congresso appoggiò il Consalvi e le nuove leggi anglicane attuarono l’eguaglianza anche a favore dei cattolici. Incaricò Antonio Canova per riportare nelle città italiane le meravigliose opere d’arte che dal 1796 al 1814 erano state trasportate in Francia.
 
Il 22 giugno 1815 il Priore Giovanni Battista Tozzi e il conte Giuseppe Turriozzi scrissero al comune di Toscanella che non era difficile che il cardinale sarebbe ritornato a Roma tra giorni dalla sua legazione felicemente compiuta al Congresso delle alte Potenze Alleate e lo avrebbero omaggiato a nome del popolo tuscanese. L’accademico tiberino Paolo Maria Renazzi scrisse un’ode per il fausto ritorno in Roma del cardinale ministro della Santa Sede presso il Congresso delle alte potenze alleate in Vienna; inizia con questi versi: “Sorgi, o Tebro, dall’urna e la tua chioma di nuovi allori inghirlandando adorna; alle tue sponde l’Orator di Roma Ercol ritorna”. Poi chiama il cardinale come “saldo sostegno, grande nell’europeo senato”, e racconta che si rallegrarono con lui Felsina, antico nome di Bologna, la Romagna, Ferrara, le Marche con i fiumi Chienti, Tronto, Metauro.
 
Nel 1817 il cardinale affittò le case, i poderi, le Riserve, le piccole tenute, la mola a grano con due macine detta La Presutta sotto il poggio di San Pietro sopra il fiume Marta, i prati, i terreni vignati ed olivati alla famiglia Persiani. Aveva anche dei censi o prestiti versati a favore di Enti e privati a Tuscania, Narni, Roma, Vetralla, Perugia e Terni. Nel 1818 l’artista Vincenzo Ferreri da Perugia dipinse il quadro con il ritratto del cardinale che si trova nella concattedrale di San Giacomo Apostolo Maggiore. Il pittore studiò all’Accademia di San Luca a Roma. Nel 1821 il cardinale redasse dei legati con i quali lasciò oggetti preziosi a tante persone tra le quali anche al Brigadiere conte Parisani suo cugino, alla contessa Claudia Aluffi in Carandini sua cugina e Felice Aluffi suo marito, al marchese Giuseppe Carandini altro suo cugino, al marchese Paolo Carandini altro suo cugino e alle famiglie Persiani di Toscanella. Il nuovo papa Leone XIII, Vincenzo Pecci, nominò infine il nostro cardinale prefetto della Sacra Congregazione di Propaganda Fide.

Il 24 gennaio 1824 morì nel palazzo della Consulta: “Ercole Consalvi, Diacono Cardinale della Santa Romana Chiesa, a 66 anni circa, munito con tutti i sacramenti, il 24 gennaio in comunione con la Santa Madre Chiesa è morto cristianamente ed il suo corpo è stato trasportato nella chiesa di San Marcello e lì, solennemente esposto, giace nel sepolcro dei grandi. ”Così fu scritto nel libro dei morti della parrocchia apostolica del Quirinale presso la chiesa dei santi Vincenzo ed Anastasio nel rione Trevi. Lo scultore danese neoclassico Bertel Thorwaldsen realizzò un monumento a lui dedicato nel Pantheon, la basilica cristiana di Santa Maria ad Martyres. A Pesaro il 25 giugno Luigi Cardinali pubblicò un elogio alla sua memoria: “Nei fatti di governo la fama del cardinale si allargò in tutta Italia e, vinte le barriere delle Alpi e dell’oceano, riempì del suo nome molta parte di Europa, si esercitò rapidissimamente nelle varie magistrature e nei vari tribunali, nel governo generale delle armi, nella segreterìa del concilio di Venezia, nel ministero del governo statale, nella rifioritura dello stato, nella sicurezza interna, nella pace, nell’esilio sessennale, nel congresso di Vienna dove furono rese al Pontefice le Marche, il Ducato di Camerino, l’alta e la bassa Romagna, il Bolognese, Ferrara ed il ducato Beneventano, nella facilità nell’ascoltare, nella volontà nell’ottenere il bene, ne II'operare il giusto, nel procurare la felicità pubblica e quella privata di ogni cittadino, nel chiamare alla partecipazione del governo i secolari, nei trattati con gli stati e nella propagazione della fede cristiana”.
 
Nel 1840 i consiglieri comunali di Tuscania, quando era Gonfaloniere del Popolo Filippo Anseimi, fecero erigere allo scultore Vincenzo Bondoni il busto di marmo del cardinale, a perpetua gloria della città e a memoria dell’immortale nostro cittadino celebre in Europa, che si può oggi vedere nella stanza della Giunta comunale. Inoltre gli amministratori e il popolo tuscanese, con il consenso di Girolamo D’Andrea, prefetto della provincia di Viterbo, posero una lapide nella basilica di san Pietro in Toscanella per ricordare la pietà e la munificenza dei cardinali tu- scanesi Ercole Consalvi e Fabrizio Turriozzi nel restauro che era stato ultimato. Nel 1844 la famiglia Consalvi, anche a ricordo del nonno del cardinale, Giovanni Gregorio Liberato, fece dipingere ad Antonio Bianchi il quadro Martirio di San Liberato con lo stemma delle famiglie Brunacci e Consalvi. Il santo fu trascinato a Cartagine per ordine del re vandalo Unnerico, ariano, dove subì il martirio. Probabilmente anche per ricordare i parenti morti, sepolti nella chiesa, lo fecero porre appunto in San Marco dove ancora possiamo ammirarlo. Antonio Bianchi era nato a Foliina di Treviso nel 1812 aveva studiato scultura e pittura all’Accademia di Venezia.
 
Nel 1924, centenario della sua morte, nella casa che fu sua, il Comune e il Popolo di Tuscania posero una lapide ricordando che, nei turbinosi tempi napoleonici, fu Segretario di Stato del pontefice Pio VII ed affermò validamente i diritti della Chiesa e della Patria. Lo stemma delle due famiglie Io troviamo ancora oggi in molti monumenti di Tuscania è formato dalle bande orizzontali dei Brunacci e dalla nave al largo dei Consalvi. Il 24 gennaio 2024 ricordiamo questo grande figlio della Tuscia a duecento anni dalla sua morte.
 
mauro. loreti@live.
fonte: "La Loggetta" - rivista trimestrale



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