
Il 23 dicembre 1539 Secondiano di Francesco Paolo Tarini della città di Toscanella vendette all’illustrissimo ed eccellentissimo signor Pier Luigi Farnese, del ducato Castrense, un pezzo di terra di salme 10 (circa 18 ettari) in parte lavorativi in parte piantati sia con alberi da frutto come da bosco , che si trovava tra due grotte ed una casa posta nel territorio di Toscanella vicino ai beni del compratore, accanto alla cisterna dell’acqua di Galiano ed ai beni di Biagio di Mario Santa della città di Toscanella.

Dopo la morte del marito, il figlio Ottavio, nel 1550 la rese Gerolama governatrice di Castro.
Nel 1551 ella dovette lottare per l’autonomia del piccolo stato e fece ritirare le truppe pontificie del papa Giulio III.

La Duchessa di Parma Girolama Orsini (Mulier Hieronima Farnesia Parmae et Placentiae, Castri Ducissa) fondò circa l’anno 1557 in Viterbo il Monastero della Duchessa. Per dote del medesimo assegnò, con altri fondi, quei di Toscanella: e perché tornassero al pio luogo più utili, ne implorò dal Pontefice Pio IV la liberazione del pascolo. Trattandosi di una causa cotanto pia, di una oratrice di tanto riguardo, il Papa nell’anno 1561 accordò quella liberazione con un breve che fu tosto eseguito.

La Comunità (di Toscanella) non era stata interpellata e non aveva perciò potuto presentare osservazioni sul detrimento che, per effetto della concessione, veniva ai suoi interessi. Intanto, appena eseguito il breve pontificio ed intercettati (vietati) al pascolo i terreni ducali, sorsero litigi e gravi avvenimenti. Le terre liberate giacevano presso il bosco della Riserva, addetto al pascolare comune de’ bovi, i quali partendo da esso per andare a lavoro e da questo ritornando, le attraversavano con strada facile e breve. Liberate che furono, i buoi non potevano più entrarvi e perciò andando ai luoghi del lavoro e da questi ritornando al bosco, dovevano percorrere lunghissima strada attorno al confine della Duchessa, ciò che stancava i buoi ed i pastori e toglieva un tempo prezioso al lavoro. Si aggiungeva che le terre liberate dovevano riguardarsi senza che fossero chiuse. Gli uomini le riguardavano, ma il bestiame che era solito di pascervi e di transitarvi, vi s’introduceva spontaneamente ogni qual volta poteva sorprendere la vigilanza dei pastori; da ciò catture, danni , dispendi.

Avvenne frattanto che un tal Raffaele Tomassini, agricoltore di Toscanella, per condurre i buoi dal bosco al lavoro, passava tranquillamente attorno al confine ducale. Un guardiano che vi era di stazione, preteso che i buoi avessero varcato il confine vietato ed attaccata briga col Tomassini, lo uccise con un colpo di fucile. I Toscanesi ricorsero al pontefice Pio IV, il quale con breve del 23 dicembre 1561 spedì in Toscanella un giudice commissario (Francesco Ercolano di Monte Monaco nelle Marche), con ordine d’istruire il processo e castigare il reo di quel delitto. Non fu questo, però, il solo incarico del Giudice Commissario, ma quello altresì, di verificare i danni causati all’agricoltura di Toscanella dall’anzidetta liberazione ed all’effetto di porvi rimedio per l’avvenire, di prendere tutte le informazioni che avesse creduto opportune, non omessa la perizia legale di quel che valevano le terre della Duchessa prima e dopo l’affrancazione del pascolo. Il Giudice Commissario aprì in Toscanella e poscia in Valentano il suo tribunale. Furono citate la Duchessa e la Comunità a dedurre le rispettive ragioni.
La nostra Comunità esibì ventitré articoli coi quali provò che, da tempo immemorabile, il popolo di Toscanella era in pacifico possesso di pascer l’erbe naturali dei campi esistenti dentro al confine delle bandite comunali, che i proprietari del jus serendi (diritto di semina) non avevano preteso giammai alcun diritto a quell’erbe, né pagamento di corrisposta da chi le pasceva, che un tempo il popolo aveva goduto quell’erbe gratuitamente: poscia il Comune, per pagare i sussidi apostolici, aveva imposto una tassa sui pascoli, che l’affrancazione del pascolo al popolo appartenente nelle terre della Duchessa produceva danni incalcolabili all’agricoltura del paese e che, perciò, doveva revocarsi. Furono uditi i testimoni in numero di diciotto nativi di luoghi diversi, furono ripetuti, ad istanza della Duchessa, ed esaminati sopra gli articoli che anche essa produsse: tutti confermarono, sotto il vincolo del giuramento, gli articoli della Comunità esibiti. Si venne poi alla perizia giudiziaria del valore che le terre della Duchessa avevano prima dell’affrancazione e dopo di questa, si scelsero i periti fra i vassalli della Duchessa ed essi concordemente giudicarono che le terre affrancate, per il solo fatto della liberazione, valevano il doppio di prima. Fatta relazione di tutto al Sovrano, questi, con altro suo breve, abrogò la concessa liberazione de’ campi farnesiani. Piacque con tutto ciò al Sommo Pontefice che le parti si componessero, il che si effettuò col mezzo del Cardinal ( Federico) Cesi (di Roma).

La Comunità di Toscanella il 10 agosto 1562 comprò a pronti contanti i beni della Duchessa per quel che valevano , scudi 2.400, non liberi dal pascolo e quindi li assoggettò nuovamente a questa servitù a beneficio dell’agricoltura, come poi si ritennero. ” Il 13 agosto 1562 fu redatto l’istrumento di quietanza della Duchessa di Parma sulle terre e le case dell’Arrone dal notaio pubblico Antonio Ugolini castellano di Montone: Don Paolo Ambrosii procuratore di Castro per l’Illustrissima Signora Gerolama Orsini, duchessa di Parma, Piacenza e Castro, nella Rocca di Valentano dichiarò che la magnifica Comunità degli uomini di Toscanella, per le mani di Federico Monti di Toscanella, il giorno 11 agosto trascorso avevano sborsato scudi 2.400 di moneta per il prezzo di alcune possessioni di terre e di vigne con case e grotte e 200 rubbi di terra della Duchessa posti nel territorio di Toscanella, che furono consegnati a Vincenzo Romani di Camerino, procuratore della Duchessa, il cui istrumento di compravendita era stato rogato il 7 luglio dal notaio romano Curzio Saccoccio.
La Duchessa donò e destinò questi scudi a favore e per la comodità del monacale venerabile Monastero viterbese della Visitazione di Santa Maria Vergine dell’ordine cistercense di San Bernardo. Questo fu unito all’antica chiesa di San Bartolomeo e ad alcune abitazioni contigue. Il 10 agosto 1567 il Comune vendette i detti terreni a Sforza Ciotti di Marta per il prezzo di scudi 2.000 con i patti speciali che permisero nuovamente ai cittadini agricoltori ed allevatori di Toscanella il diritto di pascolo sulle terre. L’atto relativo alle possessioni, terre, vigne con case fu rogato da Andrea Martino notaio di Corneto. A Tuscania possiamo ammirare il secondo palazzo della famiglia Farnese, della prima metà del 1500 in via Torre di Lavello di fronte al palazzo della Reverenda Camera Apostolica, poi della famiglia Quaglia. In esso si trova ancora una grande chiave d’arco con un bel giglio farnesiano scolpito.