Verso la pace: si chiudono le ostilità tra i conti Orsini e la Signoria di Siena - Tartaglia-new

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Verso la pace: si chiudono le ostilità tra i conti Orsini e la Signoria di Siena

Contratto di condotta
Ci sarebbero diversi avvenimenti da raccontare sulla fine della guerra tra Siena ed i conti Orsini di Pitigliano, ma dato che non riguardano direttamente il capitano Tartaglia, li sintetizziamo brevemente dicendo che la guerra terminò per l'inerzia di entrambe le parti.
A volere la pace, per primo fu il conte Guido Orsini: fece conoscere le sue intenzioni al capitano generale Ranuccio Farnese che inviò in proposito a Siena una lunga relazione il 14 agosto. Nel Concistoro di Siena, convocato il 20 agosto, i consiglieri rimisero all'unanimità ogni decisione ai Priori della Signoria. Il 22 agosto, i capitoli di pace con il conte Guido vennero regolarmente redatti[77].

Saputo però che il Tartaglia era tornato a Tuscania, i Senesi vollero sentire il suo parere circa le trattative di pace. Pertanto, il 27 agosto, i Priori della Signoria scrissero una lettera ai commissari della guerra che stavano a Sorano, Nicolaccio di Treoccio e Giacomo Massaini; leggiamo soltanto l’inizio: "Egregii et dilectissimi cittadini nostri. Noi abbiamo sentito ch’el magnifico capitano Tartaglia è arrivato da Roma et che si trova essere a Toscanella. Et per questa cagione ci pare necessario, avendo con lui conferito et praticato il principio, el mezo di cotesta nostra guerra, conferire anchora le pratiche et ragionamenti che si tengono del fine. Et se fussimo stati certi del termine delle cose, di qua gli avremmo scripto per non dare a niuno di voi fadiga o disagio...vogliamo che uno di voi si conferisca ala presentia sua, et lui primamente per nostra parte saluti et conforti. Appresso gli narri i ragionamenti tenuti dopo che la magnificentia sua si partì dal Paese et andò a Roma, et tutto el modo et la forma di quegli, dicendoli che gl’intrighi che noi vedevamo nel Paese, l’absentia di lui et della sua compagnia, el vedere qua cominciare alchuna poca de morìa, so’ state cagioni" che ci hanno condotto a fare la pace. La lettera prosegue, raccomandando ai due di far comprendere al Tartaglia che ormai il contratto di condotta era sciolto, ma che si tenesse pronto per ad ogni evenienza futura[78].

Il Tartaglia non poté recarsi ad assistere al trattato di pace, che venne siglato il 31 agosto a Sorano, sul prato della chiesa di S. Angelo dal conte Guido ed i rappresentanti di Siena[79]; ma si fece sentire per lettera (che non ho trovato in Archivio), raccontando ai Senesi le sue ultime vicende (si veda l'Introduzione §§ 35-37) e di non essere d'accordo a stipulare la pace con gli Orsini (i trattati sono pezzi di carta!); anzi proponeva loro di rinnovargli la condotta. I Priori della Signoria gli risposero il 1° settembre 1417, dicendosi dispiaciuti del fallimento dell’impresa romana compiuta insieme a Braccio: non andata a buon fine soprattutto a causa della "incostantia de’ Romani"; ma si rallegrarono "che la partita vostra (da Roma) sia passata senza alcuno danno et che siate ritornato nele parti di qua". E il fatto di saperlo vicino "non ci pare dovere temere d’alcuna cosa"; lo ringraziarono per l’offerta che faceva per ottenere il rinnovo della condotta, ma, anche se non glielo dissero a chiare note, le casse comunali dei Senesi erano vuote, pertanto si limitarono a rispondergli così: "... Delle vostre gratiose proferte vi ringratiamo, disposti con fiducia richiedere la magnificentia vostra (per una condotta), sicondo che n’occorresse el bisogno". Quanto alla consistenza del trattato con i figli del conte Bertoldo, "voi dite che sono state sole parole” nemmeno noi in effetti abbiamo molta speranza"; sarà quel che sarà - risposero i Senesi - se la pace sarà rotta, noi per mezzo della vostra capacità militare sapremo "di certo vìnciare, infine, la loro pertinacia"[80].

Per completare l’argomento, dirò che il 7 settembre la pace fu firmata dai Senesi anche con il conte Nicola, a Pitigliano, davanti alla chiesa di S. Giovanni[81].

Il 20 settembre i due campi d’assedio vennero smantellati e Ranuccio Farnese, insieme agli altri capitani, "con grande honore tornò trionfando (a Siena), con le trombe e pìffare et suon di campane; et così fu rimessa la bandiera in palazzo della Signoria"[82].
 
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