5. Bernardo di Cucuiaco - Toscanella - Storia di Tuscania

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5. Bernardo di Cucuiaco

La sottomissione al Campidoglio

5. BERNARDO DI CUCUIACO: UN "VICARIO" PAPALE ARRIVISTA E... GHIBELLINO (1312-1317).

È evidente che questi erano episodi di cronaca locale, di poco conto rispetto a quelli di più ampia portata che sconvolgevano il Patrimonio.

Erano momenti difficili; non regnava certo l’ordine: Manfredi di Vico (figlio di Pietro) era in lotta con Orvieto; anche Guittuccio aveva delle grane con Orvieto, per via del suo castello di Bisenzo, dipendente da quella Città; il ghibellinismo aveva ripreso nuovo spirito alla notizia che Arrigo VII di Lussemburgo stava per giungere a Roma (era a Pisa il 6 marzo 1312), per ricevere la corona imperiale; nella Curia del Patrimonio, a Montefiascone, si stava in attesa per l’arrivo del nuovo rettore, un francese, che però non poté venire in Italia ad assumere l’icarico, per cui, al posto suo, mandò un suo "vicario": Bernardo de Coucy, canonico. di Nevers.

Costui, meglio conosciuto come Bernardo di Cucuiaco, arrivò a Montefiascone il 31 marzo 1312. Dopo aver pensato all’arredamento della sua dimora, il primo problema, che volle affrontare, fu proprio quello relativo a Tuscania.

Alla fine di aprile il Cucuiaco già mandava ambasciatori al senatore del Campidoglio (Ludovico di Savoia), chiedendo lo sgombero immediato delle terre soggette alla Chiesa. Senza nemmeno attendere il ritorno degli ambasciatori, incominciò a comperare armi e munizioni e a far la spola tra Orvieto e Viterbo, per chiedere aiuti militari, in caso di attacco da parte delle truppe capitoline.

Nell’andirivieni degli incontri fra le due città, però il Cucuiaco non s’era accorto che i Romani usavano la stessa sua tattica e ottenevano promesse di neutralità sia dai Viterbesi che dagli Orvietani.

Se ne accorse in seguito, soprattutto quando vide che un esercito romano stava costantemente accampato presso Tuscania e nessuno gli si muoveva contro. Allora lasciò perdere e cercò un’altra strada.

Ogni anno, in autunno, i pastori dell’Appennino centrale scendevano a Tuscania con le greggi transumanti, alla ricerca dei pascoli invernali.
Il Cucuiaco scrisse precipitosamente (il 13 ottobre) ai Comuni di Orvieto, Città della Pieve, Chiusi, Perugia, Gubbio, Assisi e ad altre città umbro-marchigiane, chiedendo loro di bloccare l’afflusso dei pastori e delle loro greggi nel distretto di Tuscania, sperando di toglierle una fonte di guadagno. Ciò non bastando, il 19 convocò, a Montefiascone, un Parlamento provinciale dei Comuni del Patrimonio.

In assemblea, scagliò tutta la sua ira contro i Romani, Tuscania e Vetralla (che da poco s’era sottomessa al Campidoglio) e finì per condannare aspramente le due città.
Contro Tuscania, non potendo fare altro, dichiarò nullo il lodo arbitrale emanato da Guittuccio tre anni prima, invitando i Caninesi a ribellarsi al giogo tuscanese e a tornare alla Chiesa.

A questo punto Tuscania si risentì: il 26 si riunì il Consiglio generale e speciale e fu consegnato al primicerio della Cattedrale, Andrea, l’appello da recapitare al Papa Clemente V, in Avignone, contro le decisioni del "sedicente" vicario del Patrimonio: "sedicente" perché i Tuscanesi non lo ritenevano vicario, in quanto la sua nomina non era stata fatta dal Papa, ma dal rettore che non aveva preso servizio.
Inoltre, anche se la sua nomina fosse valida, essi non cadevano sotto la giurisdizione del rettore, si affermava, perché esenti, in base ai privilegi di Bonifacio VIII, Benedetto XI e dello stesso Clemente V.

Tutto finì qui. Il Papa rispose, tre mesi dopo, inviando una lettera ai Romani, con cui intimava loro di lasciar libere le terre della Chiesa, tra cui Tuscania, ma senza alcun risultato. Il Cucuiaco continuò a lamentarsi, senza che succedessero altri episodi degni di nota. Egli avrebbe fatto meglio a pensare al consolidamento della sua precaria posizione, invece di invischiarsi in operazioni a lui controproducenti.

Dopo la venuta (e la morte) di Arrigo VII in Italia, il ghibellinismo aveva ripreso vigore nella lotta contro i guelfi. Il punto di maggior attrito si verificò in Orvieto, dove la fazione ghibellina dei Filippeschi (aiutata da Manfredi di Vico e da Guittuccio da Bisenzo) cercò di sopraffare quella guelfa dei Monaldeschi (aiutata da Pietro di Campiglia, Nicola di Cellere, i Tuscanesi e i figli del defunto Galasso di Bisenzo, cioè Vanni e Cataluccio, signori di Piansano e di Capodimonte).

Il Cucuiaco non trovò di meglio che mettersi con ... i ghibellini, per il solo fatto che li riteneva più forti e ne poteva ricavare vantaggi maggiori. Invece il 20 agosto 1313 i ghibellini furono sonoramente sconfitti (anche per l’apporto di milizie guelfe mandate da Perugia) e i Filippeschi dovettero abbandonare Orvieto, per sempre.
I Monaldeschi orvietani allora cercarono il momento buono per vendicarsi del Cucuiaco. Prepararono un colpo di mano, da mandare ad effetto il 24 novembre 1315.

Oltre ai Tuscanesi, stavano con gli Orvietani tutti i guelfi del Patrimonio. Poncello Orsini guidava l’esercito che assediò il Cucuiaco in Montefiascone. Ma i ghibellini (soprattutto Viterbesi) riuscirono ad avere la meglio e il loro esercito, guidato da Manfredi di Vico, liberò il Cucuiaco. Anche Tuscania fu conquistata e i ghibellini ripresero il potere, cacciando la parte guelfa.

L’ira del Cucuiaco non ebbe più ritegno: le condanne fioccarono da ogni parte contro i guelfì collegati. Il Comune di Tuscania fu multato in 25.000 marche d’argento, oltre a 500 marche a carico di ogni cittadino (guelfo) che aveva partecipato alla sommossa. Ma nessuno pagò, dato che la "guerriglia" riprese di lì a poco.

A Tuscania la situazione era divenuta alquanto confusa; pur essendo la Città contro il Cucuiaco, ora, i ghibellini tuscanesi al potere davano aiuto a Guittuccio, ricercato dai guelfi orvietani di Poncello Orsini: significava distruggere la vecchia amicizia con Orvieto. Infatti Poncello si aggirava spesso nel distretto tuscanese con la speranza di catturare Guittuccio.

Non potendo ottenere risultati consistenti, egli si limitava a danneggiare le campagne (si era nel febbraio 1316) e a razziare il bestiame dei Tuscanesi. Alla fine la ghibellina Viterbo e la guelfa Orvieto fecero la pace (11 ottobre).

Solo il Cucuiaco non si piegava, anzi si serviva di Guittuccio per compiere scorrerie contro gli Orvietani, che arrivarono perfino ad uccidere e a tagliare a pezzi i figli di Guittuccio.

Poncello Orsini con la cavalleria orvietana iniziò la caccia all’uomo: tra il febbraio e il marzo 1317 nuove razzie e nuove uccisioni si registrarono nelle campagne tuscanesi. Complessivamente gli Orvietani ammazzarono circa cento persone; oltre un migliaio furono ridotte sul lastrico, tanto da abbandonare per sempre la zona. Numerosi furono i prigionieri tuscanesi gettati nelle carceri orvietane.

Quei poveretti, per odio contro Guittuccio, vennero torturati crudelmente e furono lasciati senza mangiare e senza bere. A diversi prigionieri furono strappati i denti, altri furono venduti, "come se fossero stati schiavi".

Si può affermare che in quel periodo Tuscania perse, forse, un quarto dei suoi abitanti! Per non parlare dei danni economici, ammontanti a circa 10.000 libbre di denari paparini.

Finalmente il Cucuiaco si decise a stipulare la pace con gli Orvietani (21 giugno 1317), non tanto perché inorridito dai lutti e dal disordine, quanto perché aveva capito che il suo modo di agire era scarsamente vantaggioso per i suoi stessi interessi. Ma era troppo tardi.

Il nuovo Papa, Giovanni XXII, accolse le numerose lamentele, che piovevano da ogni parte, e lo sostituì con il suo cappellano pontificio: Guglielmo Costa, che arrivò a Montefiascone il 30 ottobre.

Il rettore iniziò una lotta senza quartiere contro i ghibellini di Manfredi di Vico e, nei due anni di governo, riuscì a riportare una parvenza d’ordine nel travagliato Patrimonio.

 
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