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...a ruzzolone giù pe’ la Piaggia
Ci si indigna se, un monumento celebre, crolla o viene danneggiato. Ci si indigna se si abbattono alberi, se si violentano le amene bellezze della natura. Ci si indigna se lo squilibrato di turno martella una nota scultura o sfregia un quadro… Ma se cancelliamo il nome di una strada, una piazza un palazzo… tutti tacciono.
Perdinci! (scusatemi l’espressione colorita) ma vi andrebbe se vi cambiassero nome e cognome a vostra insaputa o - meglio - all’insaputa di chi si deve appellare a voi?
Un po’ di storia. La toponomastica ufficiale (vie e numeri civici) fu introdotta nello Stato Pontificio - se non erro - nell’Ottocento. Allora si cercò di adattare la “nomenclatura” popolare ad una toponomastica ufficiale, trasferendovi i nomi generati dalla consuetudine. Ora è bene riflettere sulla natura di questi primi nomi; anzi nomi e cognomi! E sì, perché la toponomastica storica ha sintetizzato, in un paio di vocaboli, la descrizione della struttura urbana e la sua localizzazione. Insomma studiando i nomi di strade e piazze si rilegge l’uso, la forma e la relazione che ogni parte di città aveva con il contesto.
Nella toponomastica storica si parla di poggio, valle, costa, monte, fosso, salita etc. a seconda della conformazione del sito, ma anche di molino, vescovado, pieve, castello, rocca, palazzo nuovo etc. laddove qualche importante elemento funzionale caratterizzava la zona. In genere, la localizzazione all’interno della città si aveva per contrada: pochi elementi urbani meritavano di essere definiti in maniera univoca. Per contrada si intendeva una porzione di abitato che gravitava attorno ad un elemento urbanisticamente forte: strada, piazza o monumento. Alcuni spazi urbani, per il loro notevole rilievo, avevano un nome proprio; ad altri venne assegnato dalla popolazione.
A Tuscania solo due vie avevano “diritto” ad un nome: la Strada Corso (vie Rivellino-Cavour-Marconi) e la Via Maggiore (vie Tor di Lavello-Roma). Una era strada, in quanto tratto urbano di un percorso territoriale; l’altra era via, perché struttura urbana appositamente creata per regolare un nuovo terziere, quello di Poggio Fiorentino. La prima era Corso perché correva - come ci ricorda il Giannotti - tra due porte urbane o - come dicono altri - perché vi si disputava la corsa per il Palio; la seconda era Maggiore perché era una semplice via urbana, ma aveva un compito di rappresentanza per l’intera cittadina.
Quando i documenti parlano poi di Piazza del Comune non intendono l’odierna Piazza Basile, ma il lato opposto al palazzo del Comune, verso San Pietro. Quella aveva diritto ad un nome perché vi si affacciano i palazzi dell’amministrazione. Le altre piazze non avevano un nome proprio, ma erano identificate occasionalmente solo in relazione ad un qualche edificio religioso: così, sempre il Giannotti, ci parla delle Piazze di San Giacomo, chiamandole la grande e la piccola; analogamente si citano, nei documenti, le piazze di San Matteo (scomparsa), San Biagio, San Marco, San Silvestro, della Rosa, Santa Maria Nuova (ora San Giovanni).
Quando venne l’Unità d’Italia si sentì il bisogno di celebrare i patrioti e i nuovi re savoiardi dedicandogli le vie a cui si erano adattati i nomi popolari delle strade. Alla caduta della monarchia, il servilismo politico rese necessaria la cancellazione dei nomi dei regnanti decaduti a favore di altri onomastici rimediati all’ultimo minuto: una doppia cancellazione di storia e memoria.
Non altrettanto servile è stata però la memoria popolare: ancora si parla della Piaggia per indicare la Via Garibaldi ed effettivamente tale vocabolo indica un terreno scosceso, se assai ripida è l’attuale salita di Via Garibaldi, assai di più lo era prima del Settecento quando - probabilmente - era sistemata a cordonata; si parla comunemente di Strada Maestra ad indicare la salita che conduce da Piazza Matteotti a Largo Cavour memore del tracciato della via principale della città; e se qualche anziano chiama l’attuale Piazza Basile semplicemente Piazza o Piazza Nuova è per rammentare che prima quella piazza non c’era e che, oltre alla Piazza del Duomo era l’unica vera e propria piazza del paese.
Purtroppo la memoria è labile, presto dimenticheremo La Cava e Valle dell’Oro che pure erano le strade popolari della Tuscania di qualche decennio fa, ora rese anonime da nomi di circostanza (via Campanari, vie Dell’Anessione-Degli Archi).
Prima di Via delle Scale Lunghe esistevano semplicemente Le Scale Lunghe, non Via del Ponte ma Il Ponte (ed un ponte era!), Il Belvedere, La Tor di Lavello e Le Sette Cannelle non erano piazze e, urbanisticamente, non lo sono ancora: erano solo luoghi notevoli della struttura urbana e, come tali, davano il nome allo spazio circostante.
Se la crescita smoderata dei centri abitati, nel corso degli ultimi 60 anni, ha reso necessario inventarsi strade e relativi nomi, questo non giustifica l’approssimazione con cui si cancellano i nomi storici della città antica. Anzi, finchè la memoria ed i documenti ce lo permettono, sarebbe bello ritrovare i nomi delle nostre strade e piazze, magari riproponendoli, non già ripristinarli, ma ricordarli…
Stefano Brachetti

P.S.: Per chi volesse scrivermi può indirizzare in Casa di Mecotorso a Porta di Poggio in Toscanella.