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Grazie dottoressa Moretti

"La scoperta di Guadocinto, con altre importantissime avvenute nel corso degli ultimi ventinticinque anni, costringe a riconsiderare la Tuscania del VI secolo e ad assegnarle un ruolo di primo piano nella Tuscia interna". Così la sovrintendente ai beni archeologici dell'Etruria meridionale, Anna Maria Moretti, al termine della relazione preliminare, redatta insieme alla direttrice del museo di Tuscania Laura Ricciardi, nel corso del convegno "Incontri di archeologia nella Tuscia" svoltosi il 2 marzo scorso  a Viterbo all'interno dell'aula magna di Santa Maria in Gradi.

Una scoperta che pone la parola fine su oltre un secolo di dibattiti tra i più insigni studiosi in materia, da sempre inclini, abbagliati dalla munificenza delle tombe dei centri limitrofi, Tarquinia e Vulci, ad assegnare al piccolo centro dell'entroterra il ruolo di specifico produttore di derrate agricole. E, soprattutto, una datazione troppo recente.

Invece, i tre tumuli, del diametro di almeno 20 metri, la ricchezza e la qualità di alcuni corredi funerari rinvenuti all'interno, e, soprattutto la datazione certa alla seconda metà del VI secolo fanno di Tuscania un centro influente già a partire da quella data.

Numerosi gli elementi elencati dalla Moretti che rappresentano una novità per Tuscania, tutti naturalmente importantissimi.

Oltre agli imponenti tumuli, nel corso dei lavori di scavo, diretti dalla dottoressa Sara Costantini, sono stati rinvenuti altresì i resti perimetrali di un edificio quadrangolare, forse un piccolo tempio, dei resti dicolonne ioniche, il tratto di una strada sepolcrale di collegamento con la necropoli dell'Olivo, per quella che la stessa sovrintendente non ha esitato a definire "necropoli monumentale".

La giornata di studi, che ha visto vari interventi tra cui quello di M. G. Scarpaticci su "Vetralla, un santuario etrusco a Macchia delle Valli", si è conclusa alle 18 a Tuscania con l'inaugurazione di alcune delle sale superiori del museo che esponevano tra l’altro anche i primi reperti provenienti da Guado Cinto restaurati da Franca Bellomarini e da Anna Giglio.

Giancarlo Guerra