Il Settecento
tuscanese e i reliquari del Bonsignori
Nonostante
la pretesa oggettività della coscienza storica dell’uomo
contemporaneo, ci riesce ancora difficile apprezzare in maniera
imparziale gli eventi culturali dei secoli passati. La visione
romantica del Medioevo e l’evidente eccezionalità del Rinascimento
italiano tendono a far trascurare i fenomeni culturali dei secoli
successivi. Anche un’età geniale e florida, nella produzione
artistica, come quella Barocca, fatica - nella coscienza comune - ad
avere un riconoscimento di qualità.
Se poi trattiamo del passato della nostra città, alle distorsioni
comuni si aggiungono le peculiarità proprie della nostra storia.
Tuscania fu un importante centro in età medievale, con una
produzione artistica di notevole interesse; non possiamo dire
altrettanto dei secoli successivi: nel Rinascimento la crisi
economica e politica si rispecchia in una produzione artistica di
stampo provinciale anche se, in alcuni casi, di notevole qualità. Le
epoche seguenti vengono ritenute, dai più, meritevoli dell’oblio ma
non è così. il Settecento vide, in Tuscania, un certo numero di
fenomeni culturali di discreto interesse. Certo la loro lettura deve
essere confrontata con quella di uno Stato, quello Pontificio, che
non aveva al tempo dei Borgia, dei Della Rovere e dei Farnese, né il
molo culturale che continuò ad avere un secolo dopo con i Barbeiini,
i Pamphili e i Chigi. il Settecento fu un secolo di crisi nello
Stato della Chiesa, che si aprì con gli eventi sismici che
danneggiarono
“fisicamente” larga parte delle città dell’Italia centromeridionale
e che si concluse con l’astro napoleonico innescante una crisi
politica che vedrà la fine solo con la conclusione dei moti
risorgimentali. A quel secolo così negletto ci si è iniziati ad
interessare negli ultimi anni. il professor Giuseppe Giontella ha
inaugurato gli studi sul Settecento tuscanese interessandosi alle
Accademie letterarie’ e poi alla vita economica e politica della
città negli ultimi anni del secolo2 seguono gli studi di Federica
Lentini3 e Claudia Leonardi’ sulla Cappella di Santi Martiri in
Duomo, quello di NataliaFalaschi sugli arredi settecenteschi della
stessa5, quelli del sottoscritto sulla Cattedrale ed altre
architetture settecentesche’, quelli sui rapporti tra Ttiscania e
Governo centrale di Claudia Piergiovanni’ e tra i Capitoli delle
Diocesi di Thscania e Viterbo di Claudia Leonardi. Tra tanti studi
necessiterebbe di essere approfondita la figura del canonico
Bartolomeo Bonsignori’.
Questo nome - che appare in margine di molti studi di storia locale
- resta legato ad una collezione di reliquiari conservata presso il
Duomo.
Prima di trasferirsi definitivamente a Todi, il prelato fu canonico
della Cattedrale e, in seguito, priore della Collegiata di Santa
Maria Maggiore. In questa veste fu, in qualche modo, responsabile
delle numerose reliquie che erano conservate nelle due chiese e che,
nel 1706, fece orgogliosamente elencare in una lapide marmorea che
tutt’oggi si conserva in Duomo .
Nell’iscrizione si rammentano più di novanta reliquie tra quelle
conservate in Cattedrale e quelle in possesso della Collegiata di
Santa Maria Maggiore, da aggiungere a quelle dei Santi Martiri
Protettori, conservate in San Lorenzo, e a quelle legate alla vita
di Cristo (frammenti del Presepe, del Sepolcro e della tavola
dell’ultima Cena, due spine della corona e, maggiore tra tutte, un
frammento della Vera Croce).
il Bonsignori era molto legato al culto delle reliquie e per
devozione o necessità, si prodigò in diverse donazioni a favore
della cattedrale.
Dalla sua munificenza provennero due reliquie e relativi reliquiari
di San Francesco di Sales, il reliquiario ornato d’osso, avorio e
madreperla di Santa Maria Maddalena, il reliquiario di San Luca
Evangelista (...un vaso mobilissimo indiano intagliato e guarnito
d’argento...).
Successivamente, egli fece dono di un reliquiario per contenere le
reliquie di San Giusto e di un altro per quelle di San Biagio.
Le donazioni del Bonsignori, ricordate nella Relazione del Barbacci
(1706) proseguirono negli anni successivi, allorché donò il
reliquiario d’argento per la conservazione dei frammenti della Vera
Croce «Fg. 2), realizzato dall’argentiere romano Angelo Cervosi
(1719).
I reliquiari del Bonsignori costituiscono, assieme a degli altri
contemporanei, nella loro eterogeneità di modelli e materiali, un
insieme particolarmente interessante in quanto, pur essendo la
maggior parte di materiali non particolarmente preziosi né di
qualità artistica notevole, riescono a rappresentare un vasto
repertorio di artigianato di gusto popolare.
STEFANO BRACHETTI
1 G. Giontella, Le
Accademie letterarie a Tuscania nel Settecento, in
"Biblioteca e Società", anno XI (1992), nn. 1-2, pp. 3-9.
2 G. Giontella, Vita economica, sociale e politica a Tuscania negli
ultimi
anni del Settecento, in "Rivista Storica del Lazio", anno VI (1998),
n. 8,
pp. 103-121.
3 F. Lentini, La Cappella dei santi Martiri Protettori nel Duomo di
Tuscania, Tesi di Laurea, Viterbo 1998.
4 C. Leonardi, Nicola Bonvicini: pittore in Roma ed opere tuscanesi,
Tuscania 1997 - 1998.
5 N. Falaschi, Le suppellettili ecclesiastiche del Duomo di Tuscania
nel
XVIII secolo: l'arredo d'altare, Viterbo 1997.
6 S. Brachetti, La chiesa di San Giacomo Apostolo: ultima Cattedrale
di
Tuscania, Roma 2003; S. Brachetti, Architetti viterbesi poco noti
del
XVIII secolo, in "Rivista Storica del Lazio", in corso di
pubblicazione.
7 C. Piergiovanni, La Comunità di Toscanella attraverso la "visita"
del
1761 e i rapporti con la Congregazione del Buon Governo nel XVII e
XVIII secolo, Viterbo 2003.
8 C Leonardi, Il Capitolo della Cattedrale di Tuscania negli anni
del
governo Pastrovich: i conflitti con il vescovo e con la diocesi
unita di
Viterbo, Viterbo 2005.
9 Cfr. G. Giontella (a cura di), Le pergamene dell'Archivio
Capitolare di
Tuscania¸ Vecchierelli editore, Manziana, 1998, pp. 256-258.
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