11.     IL PROCESSO.

 

Dopo aver impartito tali istruzioni, il giorno successivo Promoto ordinò di allestire un tribunale nel foro di Centumcellae.

Assunta la presidenza del tribunale, Promoto ordinò di collocare davanti a se la statua del Dio Satumo, nel bel mezzo del foro, in modo che tutti, popolo e magistrati, potessero vederla; ai piedi della statua fece collocare un tripode ardente. Ordinò, poi, che venissero condotti lì Secondiano, Veriano e Marcelliano. Poco dopo essi comparvero; sembravano quasi degli atleti, che si apprestavano a gareggiare: erano i campioni di Cristo.

Giunti sul limitare del tribunale, squillarono le trombe ed il banditore ordinò: "Siano introdotti coloro che si sono rivelati arroganti verso gli Imperatori e ribelli agli dèi!"

Quando gli furono davanti, Promoto, consolare di Tuscia, rivolse loro queste parole: "Perché non avete rispettato gli ordini imperiali? Perché non vi inchinate davanti agli dèi?"

Secondiano rispose: "Perché noi abbiamo avuto la grazia di conoscere gli insegnamenti di Dio Onnipotente e non quelli del demonio infernale!”

Allora Promoto cercò ài ricorrere alla persuasione: "Ascoltate i miei consigli, o uomini prudentissimi ed amanti della saggezza: sacrificate agli dèi!”

Tutti e tre insieme gli replicarono: "Sì! Se ne saremo degni, ora noi sacrificheremo i nostri stessi corpi al vero Dio, non al Demonio, con il quale tutti voi ed i vostri Prìncipi andrete a stare dopo la morte, dannati in eterno, perché eseguite soltanto la volontà degli uomini, intenti unicamente alla ricerca del bene materiale!”

 

12.     LA TORTURA.

 

Allora, Promoto li fece spogliare immediatamente ed ordinò ai carnefici di flagellarli acerbamente, in modo da piegare la loro volontà.

Mentre li spogliavano, Promoto faceva gridare dal banditore: "Obbedite agli ordini dell'Imperatore!"

Dopo aver sottoposto i tre cristiani a dure percosse, comandò che venissero torturati con il fuoco: ma i tre gridavano: "Gloria a Te, o Signore, perché ci hai fatto meritare di entrare nella tua voce!”

Allora, Promoto ordinò 'di farli alzare da terra; poi si rivolse loro, cercando di convincerli: "Ecco, il sacrificio è pronto; offritelo agli dèi!"

Non potrai mai costringerli a farlo, o rozzo Promoto!

I tre, invece di sacrificare, sputarono verso la statua di Saturno, che, al contatto con la saliva, cadde immediatamente a terra, andando in frantumi.

Nel vedere tale portento, Promoto, consolare di Tuscia, cominciò ad andare in escandescenza. Pieno al livore, comandò ai carnefici di continuare la tortura, sospendendo i tre cristiani sull'aculeo, uno alla volta. Quindi, fece scorticare i fianchi con pettini di ferro e con unghie di capra, facendo gridare dal banditore: "Sacrificate! sacrificate agli dèi!"

Intanto i carnefici laceravano loro le carni, a causa della fede in Cristo.

I tre cristiani, da parte loro, elevavano gli occhi al cielo e pregavano senza interruzione: "Ti rendiamo grazie, o Signore Gesù Cristo?”

Ormai fuori di se dalla rabbia, Promoto consolare di Tuscia ordinò di avvicinare ai fianchi dei tre le fiaccole accese; e, mentre le carni dei tre martiri incominciarono a bruciare, uno dei carnefici all'improvviso cadde a terra e morì; un secondo venne invasato dal Demonio e, torcendosi, cominciò ad urlare: "Secondiano! Veriano! Marcelliano! Santi di Dio Onnipotente perché ci tormentate?”

Allora Promoto, giunto al colmo dell'ira, vedendo che ogni tentativo di tortura si dimostrava inutile, pronunciò immediatamente la sentenza, ordinando che i tre dovessero essere uccisi mediante decapitazione ed i loro cadaveri dispersi in mare: "Siano distaccate con la spada le loro teste dai corpi!" - gridava Promoto.

 

13.     LA PALMA DEL MARTIRIO.

 

I tre cristiani furono, allora, condotti in una località chiamata Colomacio, che è detta anche Colonia, a 62 miglia da Roma. Là vennero decapitati ed loro corpi gettati in mare. E così i corpi di Secondiano, Veriano e Marcelliano, uomini santi e pii, vennero scaraventati in mare.

 

14.     IL SERVO DI DIO DEODATO COMPONE I CORPI DEI TRE MARTIRI E LI SEPPELLISCE A COLOMACIO OVVERO COLONIA.

 

La notte seguente, un servo di Dio, di nome Deodato, si recò sul litorale e raccolse con cura e compose i corpi dei tre Martiri Secondiano, Veriano e Marcelliano, che il mare aveva riportato sulla spiaggia, insieme a due delle tre teste.

Sul far del giorno, Deodato trovò anche la terza testa e poté, così ricom­porre integralmente le salme di quei tre illustri e santi compagni, Secondiano, Veriano e Marcelliano, che provvide a seppellire presso il luogo ove erano stati decapitati il 9 agosto. Ora i fedeli li venerano con preghiere nella chiesa di San Pietro Apostolo posta nella città di Tuscania: qui giacciono i corpi di questi Santi uomini esposti alla venerazione di tutti, mentre regna in eterno il Signore nostro Gesù Cristo, a cui rendiamo sempre ogni onore e gloria, attraverso l'infinito scorrere dei secoli. Amen.

 

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Così termina la "Passio" dei Martiri Secondiano, Veriano e Marcelliano. Ciò che segue, è il racconto degli avvenimenti successivi alla sepoltura dei SS. Martiri, che la Tradizione ci ha tramandato attraverso l’Esemplare Mazziniano, ripreso dai seguenti autori: fra' Pacifico Pellegrini domenicano del Convento di S. Maria in Gradi di Viterbo (metà sec. XVI), Francesco Giannotti patrizio tuscanese (fine sec. XVI), P. B., don Muzio Polidori vicario generale della diocesi di Cometa (circa 1670J don Antonio Barbacci patrizia tuscanese, arciprete della cattedrale di Toscanella (1704), e Luigi Danielli segretario comunale di Toscanella nel 1786.

 

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15.     TRASLAZIONE DEI CORPI DEI SS. MARTIRI A CENTUMCELLAE (NELL'ANNO 322?).

 

Con l'espandersi del Cristianesimo, anche la città di Centumcellae si convertì. Così, i corpi dei Santi Martiri Secondiano, Veriano e Marcelliano furono prelevati dal luogo nascosto e non molto onorato, in cui Deodato li aveva sepolti (= Santa Marinella), e vennero trasferiti a Centumcellae. Secondo le usanze di quei tempi antichi, i tre corpi vennero collocati sotto l'altare maggiore della chiesa cattedrale. Tale traslazione avvenne nell'anno 322. Là i corpi dei Santi Martiri stettero diversi anni.

Successivamente, la città di Centumcellae venne distrutta: rimase in piedi soltanto la chiesa cattedrale. La popolazione fu costretta a rifugiarsi nel territorio circostante e i corpi dei Santi Martiri finirono nell'oblio più completo, e non furono più venerati da alcuno.