Il 9 agosto, in località "Colonia", al tempo dell'imperatore Decio, sotto le direttive del prefetto Valeriano, fu sferrata una persecuzione violenta contro i Cristiani.

 

1.     SECONDIANO "TOGATO", UOMO ELOQUENTISSIMO.

 

In quel periodo viveva in Roma un illustre personaggio, togato, che ricopriva importanti incarichi al palazzo imperiale ed esercitava le veci del prefetto Valeriano: il suo nome era Secondiano. Possedeva un'abilità oratoria assai elevata, unita ad una vastissima competenza in tutti i campi della cultura profana (le sette arti liberali): conosceva la grammatica, la retorica, la dialettica, la musica, la filosofia, l'aritmetica e l'astronomia. Tutte le personalità più importanti di Roma lo stimavano, e non s'era mai udita, in Roma, alcuna critica nei suoi riguardi.

In quel periodo, dunque, Secondiano era interamente assorbito dall'at­tività di collaboratore del prefetto Valeriano, al quale forniva validi consigli, per scovare ed eliminare i Cristiani.

Nei momenti di pausa, però, Secondiano incominciava a riflettere: aveva l'animo turbato; nel suo intimo era continuamente assillato da una domanda ricorrente: "Da dove potrà scaturire mai una tale ambizione, che rende i Cristiani felici di morire per il nome di Cristo, invece di desiderare la vita?" Bisognava trovare una risposta soddisfacente.

Un giorno prese la decisione di analizzare a fondo questo problema; voleva ad ogni costo cercare di comprendere le motivazioni, che spingevano i Cristiani alla morte; desiderava indagare attentamente la vera essenza del loro modo di vita.

 

2.     L'INCONTRO CON MARCELLIANO, UOMO SAPIENTISSIMO.

 

In quello stesso periodo, Secondiano seppe che viveva in Roma un altro accanito persecutore dei Cristiani, di nome Marcelliano; costui era considerato un uomo assai istruito e la sua fama andava ormai diffondendosi per tutta la Città.

Al primo incontro, Secondiano lo invitò subito a casa sua. Non appena ebbero modo di conoscersi, compresero di avere la stessa identità di vedute: contemporaneamente ambedue provarono una straordinaria gioia interiore.

In questa intesa, cominciarono a vedersi spesso ed a dialogare, appro­fondendo diversi argomenti. Dopo averne trattato alcuni di carattere filosofico, la loro attenzione si incentrò sulla interpretazione di alcuni versi scritti dal poeta Virgilio:

"...Ormai dall'alto del cielo viene fatta scendere una nuova progenie; ecco, an­che la Vergine torna, tornano i regni di Saturno..."

 

 Con questi versi viene lodata la nascita di Cristo; e la loro discussione si fece piuttosto accesa, nel tentativo di sviscerare a fondo il significato di quelle parole e di comprendere, quindi il vero pensiero di Virgilio.

Ad un certo punto, Secondiano cominciò a considerare l'evidente difficoltà di interpretazione di quei versi e concluse: "Invece di soffermarci sull'approfondimento di profezie indirette, passiamo ad esaminare l'insegnamento diretto del semplice messaggio cristiano. "

         "In che cosa consiste - ribatté Marcelliano - tale semplice messaggio di dottrina?"

"Ce lo insegnano i Cristiani - rispose Secondiano - i quali anelano la morte per il nome di Cristo, con ardente desiderio, e preferiscono essere trucidati piuttosto che continuare a vivere,"

"Certamente - continuò Marcelliano - tu hai la possibilità di osservare tale comportamento, perché hai esaminato le loro risposte in tribunale, attraverso i verbali degli interrogatori; puoi comprendere la spinta intèriore che fa desiderare loro la morte in nome di Cristo: puoi conoscere, insomma, in che cosa consista il messaggio della loro speranza, la fiducia nel nome di Cristo."

"Ed è proprio per questa speranza che desiderano la morte! - rispose Secondiano - La spinta interiore, che essi ricevono, scaturisce dalla certezza di un giudizio, dopo la morte, e di una resurrezione finale. Inoltre, lo stesso Cristo, loro capo, rifiuta gli idoli e le immagini, che noi adoriamo, "

Allora Marcelliano domandò: "Che cosa è il Cristo?"

"Per quanto riguarda il significato etimologico, Cristo vuoI dire Unto."

Replicò ancora Marcelliano: "Se Cristo è unto da Dio, si può riconoscere che è anche Dio?"

"lo ammiro profondamente la tua sapienza, - rispose Secondiano – dal momento che hai letto i libri di Dio, Quando ci trovavamo ambedue immersi nello studio, eravamo presi. interamente dal desiderio di comprendere diverse verità nascoste e di svelare il futuro. Tu sei riuscito ad approfondire tali studi abbastanza bene; io sono arrivato a studiare i libri di Dio e mi sono ben impresso nella mente tutti gli avvenimenti narrati dai discepoli di Cristo. Ti voglio riferire ciò che hanno scritto i suoi storiografi, Luca e Matteo; Cristo ha dato la vita ai ciechi ha mondato i lebbrosi, ha resuscitato i morti; una voce proveniente dal cielo è stata ascoltata, anzi, gli stessi demoni hanno dovuto proclamare; “il Cristo stesso è figlio di Dio! Per questo i Cristiani, in un impeto di ambizione, desiderano morire piuttosto che vivere senza di lui”, Inoltre, lo sono in grado di affermare talune verità, mediante la prova della loro testimonianza personale (=il martirio); o il Cristo è Dio, come appunto i Cristiani lo qualificano o, quanto meno, il Cristo è il figlio di Dio, con il quale sta in comunicazione continua. Essi annunziano che il Cristo è colui che venne ucciso da Ponzio Pilato, fu crocifisso, trapassato da una lancia, morì e fu sepolto; il terzo giorno molti lo videro anche mangiare; è provato con certezza che, dopo alcuni giorni, salì al cielo, mentre lo guardavano con i propri occhi anche coloro che 1'avevano crocifisso! Dal momento che noi riconosciamo per vero queste  cose e molte altre verità che ricordiamo di aver letto, perché mai continuiamo ad adorare le nostre divinità, delle quali conosciamo il tipo di vita dissoluta e volgare che hanno sempre condotto!"

 

 "Ora veramente sono cosciente di essere detentore della verità, - replicò Marcelliano ­appresa attraverso tutto ciò che io ho letto su questo argomento."

Allora Secondiano concluse: "E così, dunque, noi ora possiamo essere in grado di conoscere perché è giusto l'amore dei Cristiani, che desiderano morire in nome di Cristo!”

 

3.     VERIANO, LORO AMICO, PRENDE PARTE ALLE CONVERSAZIONI.

 

Da diversi giorni, ormai discutevano su tali argomenti, quando venne a trovarli un loro comune amico, di nome Veriano. Dopo essersi scambiati vicendevolmente i saluti, il nuovo arrivato prese ad intavolare discorsi su argomenti di carattere culturale e cominciò a chiedere spiegazioni su alcuni problemi.

Secondiano, però, ad un certo punto della discussione, usci in questi lamenti:

"Oh! me infelice! Oh! io che ho sempre adorato idoli falsi e muti! Che cosa potrò fare ora, dopo che, per la gloria del prefetto Valeriano e per mia grandissima vergogna, ho torturato tanti Cristiani?"

Veriano, che si era già reso conto dell'atmosfera che regnava, intervenne dicendo: "Sono frastornato e disorientato. Qui io sto ora imparando a conoscere un nuovo insegnamento, o maestri ed amici di principi; però state attenti a giudicare, perché voi siete nel numero di quei colpevoli <che hanno perseguitato coloro>, che professano tale dottrina. "

Allora Secondiano parlò così: "Ascoltatemi! Crediamo che Cristo è Signore e Dio! Crediamo in virtù dell'esempio stesso che ci offrono i Cristiani, i quali desiderano perdere la vita terrena in modo da poter acquistare subito quella eterna!”

"Se esiste una vita eterna - argomentò Veriano - mi pare giusto cercare di

conseguirla!"

"lo purtroppo - concluse Secondiano - ho compreso questo, perché ho sparso il

sangue di tanti Cristiani!"

 

 

4.     LA CONVERSIONE: SONO BATTEZZATI DAL PRESBITERO TIMOTEO.

 

Subito dopo, tutti e tre d'accordo decisero di mandare a chiamare Timoteo, presbitero del titolo del Pastore.

Timoteo arrivò a casa di Secondiano. Appena varcata la soglia, lo salutò dicendo: "La pace sia con te". Ormai il beato presbitero Timoteo (cosciente di trovarsi di fronte ad un persecutore di Cristiani) era convinto di dover affrontare il martirio.

Mentre Secondiano lo guardava, Timoteo non dimostrò alcuna paura; ma Secondiano gli si gettò immediatamente ai piedi e gli fece conoscere il motivo dell'invito: "Ti prego, - gli disse - per il Cristo, che tu predichi non indugiare a battezzarmi nel nome del Signore Gesù Cristo."

Anche Marcelliano e Veriano si erano inginocchiati e pregavano con gli stessi accenti il beato presbitero Timoteo. Questi prima li catechizzò, poi li battezzò con la formula della professione di fede: "Credi in Dio Padre Onnipotente ?"

"Credo!" - rispose Secondiano.

"Credi - riprese il beato presbitero Timoteo - in Cristo Gesù, suo unico figlio, Signore nostro?

"Credo!" - rispose Secondiano.

"Il quale - continuò il presbitero - è nato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine?"

"Credo!" - rispose Secondiano.

Allora il presbitero Timoteo pronunciò la formula: "lo ti battezzo nel nome del Padre, e del Figlio, e dello Spirito Santo, affinché tu creda nella remissione dei peccati”

Tra le lacrime Secondiano rispose: "Credo!"

Allo stesso modo furono battezzati Veriano e Marcelliano.

 

5.     CRESIMA CONFERITA DAL PAPA SISTO II.

 

Successivamente venne fatto chiamare il beato Sisto, vescovo (di Roma). Questi

li munì del sacramento della Cresima, confermandoli con il segno della croce.

Da quel giorno, i tre incominciarono a distribuire tutte le loro ricchezze ai poveri.