Caro Giuseppe, giorni fa, m'è giunta notizia, sinceramente inaspettata, della scomparsa di Gualberto. Sono questi i momenti che in pochi attimi ti fanno ripercorrere la vita condivisa, un film del passato che era nascosto ma non dimenticato.
Nel mio caso la storia inizia quando siamo nati e finisce ad agosto 1972, quando ho lasciato Tuscania e sono andato a Latina. Gli anni più belli, spensierati, vissuti intensamente, che ci hanno visti protagonisti assoluti ed indiscussi del calcio, lo sport che amavamo sopra ogni cosa.
Palla a Gualberto che la passa a Dudi, lui a me io a lui, poi per gli attaccanti di turno era un gioco da ragazzi metterla dentro. Di poche parole ma sincero e buono, tra noi mai uno screzio o una parola di troppo.
Diversi come persone, in campo ci completavamo perché, calcisticamente avevamo una intelligenza tattica che mettevamo a disposizione della squadra, e poi tecnicamente eravamo molto avanti rispetto agli altri, non solo dei nostri compagni.
Ogni volta che tornavo a Tuscania e parlavo con Gualbe, avevo la sensazione che qualcosa non andasse più nel rapporto con il Tuscania, in particolare con il Presidente Oberdan. Quando lo mandarono a Torre del Greco giocammo contro a Caserta. Dopo la partita parlammo un po' e capii che quella era la squadra, il contesto, dove mai avrebbero dovuto destinarlo per consentirgli di crescere calcisticamente e soprattutto come persona.
Caro Giuseppe, del dopo non ne parlo perché Gualbe meritava una esistenza diversa e dignitosa, all'altezza della persona che ho conosciuto ed apprezzato. Arrivederci caro ragazzo, quando ci ritroveremo le maglie 8 e 10 ritorneranno sulle nostre spalle e, come al solito, palla a te, a me, di nuovo a te, così sempre all'infinito.
Caro Peppe, a voi tutti, in particolare alla mamma, le condoglianze di tutta la mia famiglia.
Ferruccio Moretti