
Tuscania anni 1950-1955.
Una storiella vera, tutta paesana. Azienda agricola sita in San Giuliano, proprietà degli ex conti Filippi -Balestra, anzi no, solo signori Filippi - Balestra, poiché i titoli nobiliari sono stati aboliti con la proclamazione della Repubblica Italiana nel 1948. Eh già, è storia, come nella nostra piazza Sant’Agostino a Tuscania non c’è più scritto “Piazza Conte Enrico Pocci” ma semplicemente “Piazza E. Pocci” .
Tornando alla storiella che voglio ricordare, se fosse veritiera sarebbe a dir poco curiosa, forse anche toccante (almeno per me che non credo quasi a niente, se non vedo …).
Quando l’Azienda agricola, di cui sopra, disponeva di portare al macello le giovenche ed i vitelli, al mattatoio di Tuscania sito allora negli spazi della chiesa di San Francesco, gli animali erano accompagnati da un bue o da una vacca, non ricordo bene ora il perché.
Una volta si decise di macellare il mitico bue, perché era giunta ormai l’ora anche per lui di passare a miglior vita (nonché sulla tavola dei tuscanesi) dopo una lunga carriera di fedele accompagnatore dei propri simili … . Fu allora che accadde il curioso evento. Dopo aver percorso il consueto tragitto obbligatorio per il bestiame da macello, fu forzato l’ingresso anche dell’animale accompagnatore che, incredibilmente, si arrestò e recalcitrò dinanzi ad ogni tentativo di forzare il suo ingresso al mattatoio. Se non ricordo male, non ci fu proprio verso di farlo passare.
Che la povera bestia avesse intùito? Che avesse intuìto il senso del suo ruolo? È il caso di dire, in avvenimenti incredibili come questi, che agli animali manchi la parola?

Perché ricordare questa storia che ho definito storiella?
Mi domando anch’io perché si sia annidata nella mia memoria … forse perché mi piace trovare un senso alle cose, anche assurde, che ci circondano ed immaginare un legame impercettibile ed impossibile tra un vecchio bue che svolge le sue mansioni per l’uomo e quest’ultimo che è grato per il servizio reso dall’animale e che concede il privilegio della vecchiaia, così, in libertà, come una pensione meritata.
Ricordo l’episodio anche perché appartiene alla mia infanzia, indissolubilmente legata a questa azienda agricola, dove ho trascorso la mia gioventù un po’ bruciata, mai vissuta serenamente e spesso attraversata da esperienze negative.
Pietro Borgi