● – FORNO A LEGNA E LAVATOIO, IN UNA POESIA DI GANASSA - Succede a Tuscania - Toscanella

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● – FORNO A LEGNA E LAVATOIO, IN UNA POESIA DI GANASSA

Pubblicato da in Ganassa ·
FORNO E LAVATOIO
 
Quanno che ‘l pane se coceva a legna,
c’erano nel paese otto forne
e, se pò dì tutte quante le giorne,
doppo cotto veniva la consegna
de tutta quanta la tavolellata
su la testa con pezza ‘ntorcinata.
 
Ma quello che de certo nun sapete
che ‘gni cliente ce l’eva ‘l diritto
de lavà panne con un bon profitto,
dato che in casa nun c’era la rete,
de risparmià, che ‘l sordo nun girava,
propio per questo ‘gni donna ci annava
 
giù nel forno a lavà ch’era dotato
de ‘na funtana con du’ grosse vasche:
la saponosa d’acqua de ricasche  
e l’altra chiara per il risciacquato;
po’ nella conca le panne strizzate,
portate a casa, adèrono sciugate
 
dopo stese su canne o ne le file.
Là pe’ le vicolette se vedeva
la pannina che tutta riluceva,
perfino pure dentro a le cortile,
impegnanno la donna pe’ gran tempo,
che nun c’erano un dì le perditempo.
 
E mo ve dirrò ‘ndó le trovavate
scritto in prosa perché sarebbe lungo,
ed è per questo ch’io non me dilungo,
forne e funtane che furono usate:
bona lettura, e chiudo e chiedo scusa,
si v’ho annoiato come più nun s’usa.
 
Tuscania 04.05.2021
 
Luciano Laici
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Quando non c’erano i vapoforni che cuociono il pane con energia elettrica o con gasolio ecc, il pane si cuoceva con la legna. Dopo la cottura, il tavolello con le pagnotte veniva recapitato a casa dalla fornara, che lo portava sulla testa con una coròia intorcinata.
 
Non c’era a quei tempi la rete idrica nelle case, per cui per risparmiare si lavavano i panni nei forni, che erano tutti dotati di due vasche, una di acqua saponosa, recuperata dal ricasco dell’acqua chiara, in cui dopo venivano rischiarati.
 
Ora elenco i forni di seguito, aggiungendo che essi erano situati quasi tutti al coperto, al riparo dalle intemperie:
 
  1. Il primo forno era in largo Bixio, angolo via XII Settembre, con la fontana posta un poco a “sguicio” e quasi dirimpetto al forno, nel locale ove c’è ora la sala ricreativa della chiesa di san Marco. Esso era gestito dal “Burino”, al secolo fu Giulio Ceccaroni e la moglie.
  2. Un altro era ubicato in via XII Settembre, quasi ad angolo con via del Pellegrino, con la fontana sempre nella stessa via un paio di numeri civici più avanti, gestito dalla “Civerga”, ovvero Ida Tosi.
  3. Il terzo in via delle Sambucare, quasi dirimpetto al campanile della chiesa di san Silvestro, un dieci metri più avanti andando in discesa, con la fontana attigua, ed era gestito da Colomba Bertocci.
  4. Il quarto si trovava a mezza via Sambucare con la fontana in un giardino/area ancora visibile, dove ora c’è un privato parcheggio, gestito dalla “Sciamanna”.
  5. Il quinto era in fondo a via delle Sambucare, angolo via delle Clarisse, con la fontana ubicata, dato che la Sciamanna e la Subbia erano parenti, nel sito del precedente. Era gestito dalla “Subbia” con il marito Cecco, cioè fu Francesco Pompei. È da notare che la Subbia aveva undici figli viventi fino apoco tempo fa, dunque aveva il suo bel daffare. Si diceva che metteva dentro al forno una pagnotta e tirava giù dal suo ventre un figlio.
  6. Il sesto forno era in via del Forno, angolo via Oberdan, che poi va a sbucare in via Garibaldi, con la fontana sulla via a destra davanti al forno, gestito da “Baffino”, al secolo fu Venanzio Marchionni con la moglie.
  7. Il settimo si trovava in via del Gallo angolo via della Riforma, gestito dalla “Peparina”, al secolo fu Maria Moriconi, privo di fontana.
  8. L’ottavo era in via Campanari, angolo via Lunga, gestito da “Sacchettino”, fu Carlo Raghetti e la moglie, la fontana era su per le scalette che dalla chiesa di San Giuseppe conducono in via del Pellegrino al numero civico dodici.



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