Superstizioni - Toscanella - Tradizioni popolari

Vai ai contenuti

Menu principale:

Superstizioni

SUPERSTIZIONI POPOLARI
Superstizione e medicina popolare. La vita del bimbo che cresce è tutta imperniata, almeno fin quando la scuola non l’accoglie, sul gioco da una parte, sulle cure attente ed esperte dei genitori dall’altra. Specialmente nei primissimi anni le attenzioni della madre prevalgono, anche perché il bimbo non ha ancora acquisito quell’autonomia psichica e soprattutto fisiologica che gli permetterà, cresciuto, di uscire più spesso dalla cerchia famigliare in cerca dei propri svaghi e della soddisfazione dei propri particolari interessi mentali.

Naturalmente ogni madre ricorre alle cure specifiche prescritte da pediatri; ma qualche traccia si conserva anche a Tuscania della superstizione popolare, che vede nei bimbi essermi sempre esposti, per la loro insita debolezza e per la loro inesperienza ed impossibilità di difesa, alle forze maligne che ovunque e sempre sono all’agguato.
Basta un attimo di disattenzione perché il bambino sia preda del malocchio, detto anche «occhiaticcio».

Un bimbo pallido e magrolino, delicato e facilmente soggetto alle malattie, è certamente vittima del malocchio. E’ bastato un complimento: «Quanto stai bene! », o l’avere incontrato lo sguardo di un estraneo durante il pasto quotidiano.

La ragione precipua di un tale influsso dannoso attribuito all’occhio, va cercata nella credenza antichissima che esso fosse la sede dell’anima e che di questa riflettesse le passioni, per cui dall’occhio può essere emanato un ‘fluido’ capace di agire a distanza. Sotto l’influsso di malvagi sentimenti il fluido, carico di perniciose proprietà, diventa un mezzo potentissimo per nuocere a qualsiasi persona, animale o cosa su cui si ferma lo sguardo».

Poiché sarebbe difficile controllare il bimbo in ogni momento della giornata, qualora egli sia stato colpitodall’occhiaticcio si ricorre a pratiche di scongiuro. Anzitutto ogni conoscente eviterà altro complimento che non sia «San Martino»! (v. Battesimo), in quanto l’invocazione del santo terrà lontano ogni influenza malefica. Questa la profilassi.

Quando invece, purtroppo, l’influsso malefico si è già impadronito del piccolo, non resta che lo scongiuro, accompagnato da un cerimoniale particolare.
Si attende che il sole abbia superato lo zenith e che ancora non sia tramontato. In un bicchiere colmo d’acqua si mettono quattro chicchi di grano ~, e, col pollice bagnato di quell’acqua, si tracciano tre segni di croce sulla fronte del bambino, recitando lo scongiuro seguente:


«Du’ occhi me guardarono
quattr’occhi s’incontrarono
e voi, santa Nastasia (protettrice del malocchio)
quest’occhiaticcio mannate via».

oppure:

«Du’ occhie te guardarono,
due te invidiarono;
per ordine della Vergine Maria
quest’occhiaccio vada via».

Recitata la formula, si guarda nel bicchiere: se i chicchi saranno lontani l’uno dall’altro, il malocchio non esisteva, e perciò non si procede.

Qualora viceversa i chicchi si siano disposti in modo da formare approssimativamente l’aspetto di un occhio, l’occhiaticcio è presente e vitale. Per allontanarlo, allora, basterà ripetere l’operazione tre sere consecutive, sempre alla stessa ora.

Lo scongiuro avrà efficacia anche se si adoprerà, invece del grano e del bicchiere, un piatto colino d’acqua, in cui si versi una goccia d’olio. Se l’olio affonderà (il che mi sembra improbabile), allora si può essere sicuri dell’inesistenza del malocchio; se invece la bolla rimane a galla, si dovrà ricorrere allo scongiuro, ripetendola tre sere consecutive, esattamente come per il grano.

Un’altra formula di complimento che tiene lontana l’invidia, e perciò l’influenza malefica delle forze diaboliche, è quella che io stessa ho sentito ripeter moltissime volte: «La mal’erba cresce».
Infinite sono comunque le attenzioni cui ricorrono parenti e conoscenti per evitare ‘disagi e cattivi influssi ai bimbi.

Le unghie non vanno tagliate con le forbicette, altrimenti il bambino diventerà ladro: perciò la madre deve accorciargliele con i denti.

I denti da latte, man mano che cadono, debbono essere accuratamente nascosti; se infatti li ingoiasse un cane, i nuovi che cresceranno sarebbero canini; se invece li mangiasse una gallina, al bimbo crescerebbe il becco.

Di solito il bimbo stesso provvede a nascondere i propri dentini caduti, in un buco fatto nel muro; e mentre li cela, deve recitare:

«Muro, muro vecchio,
damme un dente novo
che te ne do uno vecchio».

«Quest’usanza si può mettere in relazione con il culto per la pietra. Ogni pratica che vi si applica in relazione alla pietra bruta è rafforzata anche dal preconcetto animistico, che considera la terra divinità ctonia, dal punto di vista del suo potere sotterraneo, della forza che emana dalle sue viscere, che si assorbe per innati legami totemici e si trasmette come da un centro occulto di energia a tutto ciò che è posto a contatto con essa»

Altre superstizioni riguardano per lo più presagi sul futuro del bambino, tratti da segni evidenti sul suo corpo.

Se ad esempio egli avrà denti radi, sarà certamente un favorito dalla fortuna.
Le pipite delle unghie, dette a Tuscania «pellette», denunciano le bugie; mentre dalle macchioline bianche che si formano sulle unghie si trae una sorta di oroscopo. Nel pollice, infatti, esse indicano amore; dolore nell’indice, denaro nel medio, nell’anulare regalo, e viaggio imminente nel mignolo.

Tutto ciò si dovrà attendere per il bambino (ma questa superstizione è valida anche per gli adulti), finché col crescere dell’unghia le macchie non saranno scomparse.
Dove maggiormente, a tutt’oggi, regna la superstizione e l’antico uso di pratiche tramandate oralmente nei secoli, è nella medicina popolare, o nell’impiego di «rimedi simpatichi», come li chiama Gioacchino Belli.

Ai bambini deboli si fanno bagni di semola e aceto.
Se la dentizione è dolorosa per il bambino, lo si porta dal sacerdote quando questi ha appena terminato di dir Messa: basterà ch’egli glieli tocchi perché i dentini crescano bene e senza che il bimbo debba soffrir troppo.

Medicina e superstizione si danno la mano nella cura delle malattie proprie dell’infanzia.


Vermi: I cosiddetti «vermi» (elmintiasi) si curano mettendo una collana di agli intorno al collo del bimbo; ovvero s’«incantano», tracciando sul ventre del piccolo un segno di croce e recitando una formula che termina con le parole:
Col bianco, col rosso e col turchino, come fece Mosè nel fiume Giordano.
Ovvero si compera dai frati di Cantiano il loro speciale Balsamo, composto d’estratti d’erba e se ne danno due gocce a bere al bimbo.
Il rimedio certamente più disgustoso, e non saprei quanto efficace, è infine quello di somministrare al piccoloun cucchiaio di petrolio.

Congiuntivite dei neonati: Si deve loro spruzzare negli occhi il latte materno.

Polmonite: Per guarirla si acquistano dall’apposito venditore alcune mignatte, che si applicano poi sulla schiena dell’ammalato.

Difterite: E’ la malattia che forse ha sempre molto seriamente preoccupato i genitori. E’ chiamata anche «bolla» ~, per essa non si hanno rimedi curativi, ma solamente preventivi: un decotto di malva, o di fichi, o di «mosciarelle» (castagne secche).

Scarlattina: Occorre tenere il bimbo al caldo per tre giorni, e soprattutto tenerlo nell’oscurità più completa, per evitare che diventi cieco; e anche dopo i tre giorni è opportuno ungergli continuamente gli occhi con lo «Sciroppo dello Spino», che si acquista dai frati.

Pertosse: La tosse asinina o pertosse, si cura inghiottendo e mantenendo il più possibile nella cavità orale delle palline di catrame fatte bruciare alla fiamma. Per guarirla si portano i bimbi anche a «cambiare aria», cioè in un’altra località.

Orecchioni: (parotite). La «chiarata», un impiastro di chiara d’uovo di cui si imbeve un fiocco di cotone idrofilo o di ovatta, applicata dietro l’orecchio con una fasciatura ben stretta, è rimedio ottimo per gli «orecchioni».

Enterite: Si cura con una dieta di latte e succo di limone non allungato con acqua, integrata da ingestione di patate crude grattugiate.

Ulcerette:
del palato. Le piccole ulcere del palato e della mucosa orale scompariranno se strofinate energicamente e ripetutamente con impiastro di sale e miele.

Fantiole: (convulsioni). Una chiave lunga e sottile, stretta nella mano del bimbo, è rimedio sovrano contro le «fantiole».

Itterizia: Cinque pidocchi, messi nel latte del malato senza ch’egli se ne accorga, e deglutiti, guariscono l’itterizia (chiamata a Tuscania, per idiotismo: «le terizie». A questo proposito è da citare uno stornello da me raccolto)

"Gialla che schizze,
fatte la medicina de pidocchie,
se no la malattia ‘n te se guarisce".

Bruciori di stomaco: I continui bruciori di stomaco saranno eliminati mangiando i cantucci di pane avanzati al cenone di Natale.

Orzaiolo: L’orzaiolo, detto anche «orzo», che, si ritiene a Tuscania è malattia propria degli avari, guarisce «cucendolo»: si infila cotone in un ago e recitando il Credo si compiono i movimenti come se si volesse veramente cucire l’occhio.

Anemia: Si cura nei bimbi facendo loro bere ogni tanto acqua ferrata.

I porri:
Per eliminarli esistono tre rimedi: si contano le stelle in una sera di luna piena e, terminato il computo, ci si tocca il porro, che cadrà la mattina seguente; se ne lega la radice con filo di seta nero vi si fa passare sopra un lumacone.

Ferite: Per disinfettare le ferite e farle rimarginare celermente vi si applica sopra tela di ragno, o saliva, ovvero la raschiatura di una padella. Ma ottimo disinfettante sarà una foglia di ortica battuta tra due pietre vive, tali che non ne assorbano il succo.

Mal di gola: Il mal di gola generico si guarisce con gargarismi d’acqua e aceto, ovvero acqua e succo di limone; mentre per la tonsillite occorreranno ripetute applicazioni di cenere calda sulla gola oppure olio ferrato.

Distorsioni: Le distorsioni si curano con impiastri di albume, farina e aceto mescolati insieme.

Scottature. Sulle scottature si deve spalmare una patata grattugiata o un impiastro d’olio e farina; poi, per far scomparire le vesciche, si deve cuocere su carboni roventi, finché si sia fatta bianca, la rotula di una vaccina: la si pesta sul marmo, e si applica la polvere così ottenuta sulla parte da curare.


Per far cessare il singhiozzo: Si dovranno ingurgitare sette sorsi d’acqua senza riprender fiato; oppure fissare intensamente per un congruo lasso di tempo un determinato punto dello spazio intorno. Si recita anche, per tre volte, la seguente strofetta:

"Singhiozzo in pozzo
acqua in fontana
vada nel cuore di chi mi ama;
se mi ama
che se lo tenga,
se non mi ama che mi rivenga."

Contro il turbamento e l’agitazione prodotta da un improvviso spavento:occorre bere un bicchiere di vino nel quale sia stata spenta una brace.
Si è parlato sin qui di medicina popolare applicata alle malattie dell’infanzia; e penso sia luogo di concludere con alcuni accenni ai rimedi «simpatichi» riguardanti le affezioni degli adulti; premettendo che non così numerosi ne saranno gli esempi, sia perché ho già citato malattie che, pur essendo peculiarmente infantili, si riscontrano anche negli adulti; sia perché, per il rapido evolversi della mentalità popolare in questi ultimi decenni, si è perduta traccia di usi magici o anche solo demoiatrici, dato il più frequente e oculato ricorrere dei soggetti alla terapia medica riconosciuta.

Per i paesani, si sa, un buon bicchiere di vino, e anche più bicchieri, costituiscono passatempo serale e sollievo dalle fatiche. Spesso però si abusa, soprattutto nelle campagne, di questo sollievo: il che provoca, col passare degli anni, disfunzioni epatiche e circolatorie notevoli, prime fra tutte la volgarmente detta «pressione alta», o ipertensione arteriosa, e la cirrosi epatica più o meno grave. Per ovviare alla prima, si fanno bollire i cosiddetti «capelli» di granturco con alcuni cespi di gramigna in una pentola colma d’acqua; quando si sarà ottenuta una notevole concentrazione facendo bollire lungamente il contenuto, si lascerà freddare e il paziente dovrà bere ripetutamente e per parecchi giorni quel decotto opportunamente filtrato.


Per il mal di fegato:
invece, il decotto sarà di bucce d’arancia lasciate tre giorni a macerare in acqua corrente, poi bollite, infine stemperate in acqua e zucchero.


Per maturare ascessi e far uscire il pus
, si applicano sulla parte foglie di rovo.


Tosse e raffreddori:
Si curano con brulè (vino bollito con pepe e zucchero).


Contro il calore intestinale: Si somministrano decotti o impiastri di malva, camomilla, e seme di lino.


Per irrobustire i capelli:
Bagnare i capelli con acqua di ortica, o petrolio.


Ma rimedio universale, e infallibile, contro qualunque male o disgrazia, è una certa qual filosofia popolana, sinteticamente espressa nel vecchio detto, tuttora ripetuto a Tuscania:

Pazienza, vita mia, se pati pene:
sarà pe’ quann’hai fatto vita bona;
se vita bona nu’ l’hai fatta mai,
pazienza, vita mia, se patirai.



 
Copyright 2016. All rights reserved.
Torna ai contenuti | Torna al menu